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 2024  dicembre 14 Sabato calendario

Hotel di lusso in antichi palazzi

Icona, parola spesso abusata nell’accezione di qualcosa di memorabile perché sa farsi notare (e non sempre per il buon gusto), mentre dovrebbe indicare chi sa rimanere saldo nel tempo al di là delle mode, in quanto emblema di bellezza e di un valore indiscussi. Per un albergo è la sua storicità, e la capacità da parte di chi lo gestisce, di rispettarla e valorizzata. Oggi più che mai – sarà un altro lascito della pandemia? – chi si regala una vacanza vuole ritrovare sensazioni note, parte del proprio vissuto. Le nostre radici, oppure, per gli stranieri, un passato che non è il loro e ci invidiano. Ecco perché c’è un revival degli hotel ambientati in palazzi con una storia, le cui tracce attraggono un visitatore colto, curioso di conoscerle e, perché no, di raccontarle. In un circuito virtuoso dove i luoghi, assieme alle persone che li valorizzano e a chi li gode anche se per poco, diventano ambasciatori di bellezza.
«Quando sono subentrato a mio padre nel gestire l’hotel, ho voluto andare a leggere i commenti lasciati nel tempo dai nostri ospiti, e ho trovato una definizione che ricorreva: un luogo con un’anima. Per questo tutti gli interventi fatti da allora hanno lo scopo di preservarla»: così Guido Fiorentino, presidente e ad del Grand Hotel Excelsior Vittoria, a Sorrento , sintetizza il valore di un luogo che da quasi due secoli, e sei generazioni familiari, è accudito e conservato come un monumento. Dalla sua nascita e nei decenni successivi in cui furono aggiunti altri due edifici, niente è cambiato: né il décor, un trionfo di affreschi, stucchi, marmi, né gli arredi d’epoca di cui sono costellati gli ambienti. «Per me l’hotel è sempre stata casa. E come tale l’abbiamo considerata, arricchendola man mano di mobili e oggetti come si fa nella propria abitazione». Una chicca è l’arredo del giardino d’inverno, snodo tra i vari edifici e sbocco sulla terrazza: «Sono sedute originali dell’architetto Ernesto Basile», precisa Fiorentino. «Due esemplari si trovano a Parigi al Museo d’Orsay». Un hotel amato dagli attori italiani e stranieri più noti e da molti artisti, tra cui spiccano Enrico Caruso, da cui il nome della suite dove soggiornò, e Lucio Dalla che fu ospite per un periodo nella stessa suite, in cui scrisse la canzone omonima. «Le camere sono state solo ampliate, e restaurati i mobili. Dalle foto di fine ‘800 che si trovano ovunque, si vede come tutto sia identico. E questo piace, anche ai giovani». Perché sono loro i nuovi frequentatori degli hotel storici: utenti di Instagram, eppure a caccia di autenticità.
Succede così anche a Villa Igiea , affacciata sul golfo di Palermo , altro hotel icona nato nel 1900 nel palazzo liberty dell’influente famiglia Florio. Da luogo frequentato nella Belle Epoque dall’intellighenzia locale e dai regnanti, e un intermezzo come ospedale tra le due guerre, ritornò in auge dagli anni ’50 fino a tempi recenti con le frequentazioni di re e divi del cinema. Sebbene peccasse di manutenzione. «Sotto gli strati di polvere si intuiva il suo valore, infatti era sempre amatissimo», racconta Olga Polizzi, direttore design di Rocco Forte Hotels, marchio che l’ha acquisito e riportato al suo splendore. «La nostra responsabilità era mantenerne lo spirito, perché chi si sveglia qui deve sapere di essere a Palermo. Quindi abbiamo lavorato con delicatezza». Un restauro accurato per le zone comuni, tra cui spiccano due ambienti: la Sala Basile, decorata in stile Art Nouveau siciliano («Mi ha dato le linee guida per i colori delle camere: giallo melograno, verde salvia, blu ibisco e ambra») e il bar affacciato sulla terrazza: «Gli affreschi anni ’50 del pittore siciliano Gino Morici sono stati rinfrescati, panche e lampadari in ferro battuto sono originali, mentre il bancone bar è stato decorato con i fregi in ferro del pergolato che una volta era all’ingresso». Oggi questo luogo, merito dell’atmosfera avvolgente ma anche dei cocktail ai profumi siculi, è un fulcro per un pubblico locale.
Così come guarda ai romani il nuovo Palazzo Talìa, 27 camere a pochi passi dalla fontana di Trevi, nell’edificio 500esco che fu sede del prestigioso Collegio Nazareno. «Volevamo fosse un’oasi rivolta all’interno, staccata dai flussi di turisti. Accogliente, pur nel rigore degli spazi di una ex scuola: un heritage messo a confronto con la Roma di oggi», spiega Angelica Federici, responsabile artistica dell’hotel e parte della famiglia proprietaria. La statua di una Menade ad accogliere, l’ex aula magna oggi maestosa lounge (ma nei toni del rosa), un corridoio monumentale profilato da busti di marmo smitizzato da una passatoia a colori. Ovunque affreschi e arte stratificata nei secoli, ma anche foto e opere di creativi di oggi. Uniti da una mano scenografica, quella dello studio del regista Luca Guadagnino autore dell’interior delle parti comuni: «È sua l’idea del divano bifronte, lunghissimo, nella galleria che precede il bar. E dei tappeti dai colori morbidi che riscaldano la graniglia». L’affaccio è su un cortile piantumato stile riad marocchino, sbocco inaspettato del ristorante: «Vogliamo attrarre la città: chi viene a pranzo o dopo cena deve sentirsi accolto come una persona di casa», afferma Federici. Perché oltre alla storia, è il fattore umano a creare l’autenticità.