Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  dicembre 13 Venerdì calendario

In Siria continua la ricerca di padre Dall’Oglio

È libero il 29enne americano Travis Timmerman, ripreso in un video steso su un materasso e avvolto in una coperta, con uomini armati attorno che assicurano che sta bene e che presto potrà tornare a casa. Travis è tra i dispersi occidentali che sono spariti in Siria ed è certo uno dei personaggi più enigmatici. Un pellegrino di cui non si avevano più tracce già in Ungheria alla fine di agosto, dov’era stato visto in una chiesa. Originario di Urbana, nel Missouri, Travis era poi riuscito a entrare a piedi in Siria, per svanire infine nel nulla. Timmerman si è poi fatto intervistare da al-Arabiya, raccontando di essere passato in Siria dalla città libanese di Zahle sette mesi fa e di essere stato incarcerato. Ha riferito di aver sentito le urla di detenuti torturati. Ma che lui è stato trattato bene. Si era pensato inizialmente, ieri, che fosse non lui l’americano liberato, ma il giornalista Austin Tice, di cui non si sa nulla da 12 anni e che si pensa sia stato rapito a un check-point. Scriveva, fra l’altro, per il Washington Post.La madre porta avanti una campagna di sensibilizzazione internazionale e si dice convinta che il figlio sia vivo, convinzione che è stata ripresa di recente pure dal presidente Biden, che ha promesso di continuare le ricerche. Esce dall’invisibilità, infine, Usama Uthman, che è il vero nome di “Cesar”, il fotografo forense che documentò torture e uccisioni di civili nelle carceri di Assad, riuscendo a trafugare e a rendere pubbliche 28 mila fotografie, verificate da Human Rights Watch e utilizzate anche da Mazen Hamada, l’attivista che sarebbe stato ucciso solo negli ultimi giorni, dopo undici anni di prigionia, e di cui si sono celebrati ieri i funerali a Damasco. Per quell’operazione, “Cesar” era dovuto rimanere in incognito, in esilio, per undici anni. L’archivio che servì agli americani per promulgare il “Cesar Act”, con le sanzioni contro Assad e i suoi accoliti. Resta un mistero, anche se la rivoluzione fa riaprire quello che ormai sembrava un fascicolo senza speranza, il destino di padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita romano rapito il 29 luglio 2013 a Raqqa, la culla dell’Isis in Siria. La sorella, Francesca, non si è mai rassegnata e adesso dice di voler continuare a cercare la «verità attraverso persone che conosce e che sono sul posto». Secondo le ultime voci, Paolo «sarebbe stato spostato da un carcere di Homs nel 2019». Si cerca nelle prigioni di Damasco ma anche in altre, segrete, attorno alla capitale. La sorella di padre Dall’Oglio cita celle interrate per tre piani, un labirinto infernale.