La Stampa, 13 dicembre 2024
La storia di Mussolinia, città fantasma
Uno scatto impossibile. L’abitato di Caltagirone, in Sicilia, con il mare e il porto in primo piano. Un evidente fotomontaggio, una beffa perpetrata a danno di Benito Mussolini da un uomo furbo e arrivista. Un’intricata vicenda, un gesto di sfida politica che compie proprio in questi mesi cento anni e che riemerge dall’oblio della storia. Una fotografia, quell’immagine del mare a Caltagirone, rimasta a lungo nascosta, che arriva sulla scrivania del duce. Un gesto forte che provoca un vero terremoto e che avrà ripercussioni non indifferenti. Una storia paradossale, accuratamente nascosta e fatta sparire per un evidente imbarazzo, tanto che a fatica se ne sentirà parlare nei decenni. Una vicenda che viene però riportata a galla, nella sua interezza, e con importanti particolari, da Salvatore Venezia, storico di origine calatina che per anni ha studiato le fonti dell’epoca, consultato le carte originali negli archivi, intervistato testimoni diretti. Un lavoro certosino che ha portato recentemente, per il centenario dei fatti narrati, alla pubblicazione di Mussolinia. Il fallimento di un’idea (Navarra Editore).È il novembre 1923 quando l’avvocato Benedetto Fragapane, regio commissario di Caltagirone e fedelissima camicia nera, dà avvio alla lottizzazione delle terre boscose della frazione Santo Pietro. L’idea è quella di costruirvi un nuovo nucleo abitativo ideale, con il preciso intento di farne una «città giardino» da dedicare a Mussolini, così come avverrà negli anni ‘30 in Sardegna con l’attuale Arborea. Spuntano così progetti e immagini di un’architettura straordinaria e regolare. Il 12 maggio 1924 il capo del governo, un mese prima dell’omicidio Matteotti, partecipa alla pomposa cerimonia per la posa della prima pietra di Mussolinia. Fragapane, nel frattempo, grazie a questa mossa riesce a farsi eleggere deputato a Roma alle elezioni del 1924.Ma in Sicilia i progetti rimangono disegni su tavole di carta. I lavori iniziano, ma si bloccano subito. Si dimostrano per quello che sono: una semplice mossa elettorale e di immagine personale e spregiudicata. In un mondo certamente non connesso come quello di oggi, però, le notizie non sono così veloci a viaggiare. La farsa di Mussolinia, quindi, rimane per qualche mese un sogno che Mussolini stesso accarezza, sperando di poter tornare in quel lembo di Sicilia per inaugurare personalmente, e in pompa magna, la nuova fantastica città. Il castello di bugie montato da Fragapane, però, continua ad essere alimentato con mosse discutibili. Il neodeputato tenta, in tutti i modi, di distrarre il duce e il partito. Così comincia a inoltrare, all’attenzione della segreteria della presidenza del Consiglio, fotografie e immagini di una realtà distopica, che non esiste.Spaccia e descrive un mondo irreale cercando di allungare il più possibile la farsa. Un’istantanea riprende un gruppo di villette e di edifici in costruzione, un’altra immagine ritrae un gruppo di persone con un neonato in braccio, spacciata per «Il primo battesimo nella nuova chiesa di Mussolinia». E così, mentre a Santo Pietro continuano a imperversare i boschi, a Roma la segreteria del duce acquisisce immagini. Naturalmente a Caltagirone la farsa non regge. Divampano i contrasti interni ai notabili della città, aumentano le divergenze tra i gerarchi fascisti e le resistenze dei latifondisti scontenti. Fragapane diventa il nemico numero uno tra le fila dei camerati calatini. Saranno proprio loro a scompigliare le carte, a far cadere quel castello fragilmente costruito da Fragapane.Ed è a questo punto che si consuma la beffa. Il fotomontaggio è organizzato ad arte, servito su un piatto d’argento dai nemici del deputato. La rivolta dei notabili che non si arrendono, che non ci stanno e che vogliono riprendere il controllo della città. Tra questi emerge la figura di Michele Gravina, poi diventato podestà. Troppo palese per essere credibile, quello scatto incriminato. Viene mandato direttamente a Mussolini con una didascalia eloquente e beffarda: «Il mare a Caltagirone».Iniziano così i sospetti, che diventano sempre più forti. Viene nominato un commissario, Stanislao Caboni, inviato a Caltagirone con il compito di chiarire i dubbi causati da quella fotografia che è il preludio di una bufera politica. Quando la verità verrà finalmente a galla, la collera del Partito fascista verso la figura di Fragapane sarà totale. Verrà accusato di peculato e di falso in atto pubblico. Sarà espulso dal partito e cacciato dal parlamento. Soprattutto, sulla sua persona, calerà una damnatio memoriae esemplare. Tutto sarà insabbiato, la stessa Mussolinia non verrà più nominata, come se non esistesse. Ma anche il futuro di Caltagirone sarà colpito. Il duce in persona non vorrà più favorire l’importante centro siciliano. Che è dotato di molteplici servizi, di un tribunale, di un numero di abitanti tale da meritare il ruolo di capoluogo per una nuova provincia siciliana. Per questo motivo, nel 1927, Mussolini in persona preferisce un’altra città, Castrogiovanni, di importanza minore, per il ruolo di nuovo centro amministrativo dell’isola, cambiandone nome in Enna.Nel 1970 la storia di Mussolinia sarà scoperchiata per la prima volta dallo scrittore Leonardo Sciascia. Ne lascerà traccia in un racconto inserito nel suo libro di memorie La corda pazza (Einaudi). Ancora nel 2005 Mussolinia troverà spazio nel romanzo Privo di titolo di Andrea Camilleri (Sellerio), che prenderà spunto proprio dalle prime ricerche pubblicate da Venezia. Il quale, per questa pubblicazione, ha raccolto documenti, scavando in archivi, sfidando gli spurghi della damnatio memoriae di un secolo fa. Soprattutto trovando i progetti e le fotografie originali che hanno dato avvio al grottesco scandalo di Mussolinia. Sciascia, a conclusione del suo racconto del 1970, scrive: «Chissà se tra cent’anni un archeologo troverà tracce, nei boschi di Santo Pietro, dei resti di Mussolinia». Una provocazione per descrivere un fallimento. Salvatore Venezia ha raccolto la sua sfida.