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 2024  dicembre 13 Venerdì calendario

Napoli grida «Viva il re!» ai reali di Spagna

Napoli – «Viva il re!» gli gridano davanti al teatro. Re Felipe VI a Napoli. «Finalmente un sovrano al San Carlo» esclama un signore in platea, come se fosse un attore in scena. Sono arrivati in mille per sentirlo parlare. Tutta la città che conta. Ma quello non è il presidente del Napoli? Davanti ad Aurelio De Laurentiis, che occupa il palchetto accanto all’ingresso, si è formata una piccola fila. «Grazie per quello che fa per noi», lo omaggia un concittadino. «Ci vuole pazienza, amico mio», gli risponde Adl.«E libertà!». «Perché sono venuto? Ma come perché? Questo re rappresenta le nostre radici». Nel palchetto accanto si è accomodato Antonio Bassolino: «Io da sindaco ricevetti i genitori di Felipe. Sì, è un bel momento per noi, in tanti vengono a visitarci, la cultura resta la nostra risorsa più preziosa, dobbiamo averne cura».Felipe fa un gran discorso europeista. «È importante unire le forze dei paesi moderni e saldi nei valori democratici come Italia e Spagna», ammonisce nella sua lectio magistralis.Un Borbone deve sentirsi a casa nel tempio che un altro Borbone, re Carlo III, fece edificare quando Napoli gareggiava con le principali capitali europee. Felipe naturalmente lo cita: «Il mio ascendente diretto, Carlos III». E anche adesso Napoli è tornata a essere una bella signora, in cima all’immaginario, e questa venuta di Felipe è come se chiudesse il cerchio. Ma senza nostalgie monarchie, né passatismi.Quel «viva il re» è nel segno della simpatia umana e del progresso civile. «L’università – ricorda il re – deve essere il luogo in cui impariamo a cercare la verità attraverso la ragione, il dialogo, il confronto tra opinioni contrapposte: uno spazio sicuro dove discutere liberamente e razionalmente temi che travagliano e preoccupano la società». Sergio Mattarella non a caso lo applaude dal palco reale. I due hanno pranzato insieme a Villa Rosebery. E poi sono venuti a teatro perché l’università Federico II, che festeggia i suoi 800 anni, ha insignito Felipe del dottorato honoris causa in scienze sociali e statistiche. La sintonia tra i due Capi di Stato è sincera. Al nostro presidente il re dedica le uniche parole in italiano, che parla benissimo: «La sua presenza è per noi motivo di particolare emozione». Quando si affacciano dal palco, Felipe con Letizia, Mattarella con la figlia Laura, l’intero teatro si volta per un lungo battimani. È una scena che sembra uscita da un film di Sorrentino. Come fa la canzone di Valerio Piccolo, colonna sonora di Parthenope ? «Chist’ammore arriva e te buca ‘o core».Non si capisce Napoli senza la Spagna. Villa Toledo si lascia alle spalle i Quartieri spagnoli, dove le guarnigioni militari si acquartieravano per sedare le rivolte popolari. La Spagna attira i nostri figli dieci volte più di quanto l’Italia richiami gli spagnoli, eppure ha il doppio dei nostri disoccupati. È come se cercassero lì un bandolo che porta alle origini. Ma quale? L’attrazione è reciproca, a sentire Felipe. Il rettore Matteo Lorito ricorda che Cervantes definiva «Napoli la città più bella d’Europa e del mondo». E il re cita Croce, ma anche Boccaccio, e i presidenti napoletani, De Nicola, Leone, Napolitano. Sono presenti il governatore De Luca, il sindaco Manfredi, il procuratore generale Policastro, il presidente degli industriali, Jannotti Pecci, il cardinale Battaglia, il mondo accademico al gran completo. Anche Felipe, emozionato, indossa la toga.Napoli al solito ti riempie di immagini eccessive. La città si stropiccia al sole nei caffè, e già quasi Natale, si sente l’odore di mandorle bruciate. E c’è davvero troppa Spagna. A cominciare dal dialetto, pieno di derivazioni spagnole: abbuffà, ampress.Felipe parla di «una parentela di cuori e di caratteri», citando Baltasar Gracian. Usa concetti cari al presidente Mattarella: coesione, pace, direzione. Letizia è rimasta sul palco reale, lo osserva da lì.«La laurea – spiega la coordinatrice del dottorato, Enrica Amaturo – nasce dalla sua determinazione nell’affrontare povertà ed esclusione sociale, dall’impegno culturale e dal suo interesse per volontariato, ambiente e università». «Lei entra a far parte della comunità dei federiciani illustri che include Tommaso D’Aquino, Giordano Bruno, Gian Battista Vico», gli ricorda il rettore. La gente sembra contenta quando esce dal teatro. E De Laurentiis è contento di Antonio Conte? «Certo che sì. L’avevo corteggiato per un anno!».