la Repubblica, 12 dicembre 2024
La serie su Macondo (ma Márquez si era opposto)
Mentre rapiti dal volto dell’attore, i cui lineamenti sembrano scolpiti nel legno, sentiamo la voce fuori campo che recita uno degli incipit più celebri della letteratura di tutti i tempi – «Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio» – ci chiediamo com’è possibile che abbiano aspettato così tanto a fare questa serie, disponibile ora su Netflix. Com’è possibile che Gabriel García Márquez pensasse che il suo libro non fosse adatto a essere trasposto per il cinema e si fosse rifiutato di concedere i diritti, quando è evidente che Cent’anni di solitudine non solo è un romanzo che sembra scritto per il cinema, ma è il cinema stesso. Con tutti quei fantasmi, i sogni, le allucinazioni, con tutta l’avventura, i lutti, gli amori, le colpe e i destini inesorabili.Così quando la madre mette in guardia la figlia Ursula Iguarán dallo sposare José Arcadio Buendía perché sono cugini e un accoppiamento tra consanguinei produce mostruosità, quando dice alla figlia «partorirai iguana», tutti pensiamo che sta semplicemente dando la definizione definitiva di quello che il cinema fa: partorire iguana. Ma Márquez allora non lo sapeva, perché come tutti i grandi scrittori inventava il futuro, profetizzava conquiste anche se parlava del passato, di un passato possibile. «Il mondo era così recente che certe cose non avevano un nome e per menzionarle bisognava indicarle col dito», dice la voce narrante, perché la sceneggiatura non tralascia le frasi più belle e citate del romanzo.Sono passati quasi sessant’anni da quando, nel 1967 lo scrittore colombiano, dopo 18 mesi di scrittura matta e disperatissima, consegnò il suo manoscritto. Non aveva più niente, la moglie aveva venduto tutto tranne il giradischi, per far fronte ai debiti. Lui aveva infatti abbandonato ogni altro lavoro per dedicarsi a quel libro che aveva sognato e si era chiuso in una stanzetta, da lui soprannominata il “covo della mafia”, a scrivere e fumare. Trentamila sigarette dice la leggenda per 1300 pagine che sarebbero poi diventate 490 nella stesura definitiva. Ma quando lui e la moglie andarono all’ufficio postale, si resero conto che erano comunque troppe e servivano più soldi di quanti ne avessero per spedirle all’editore. Così decisero di dividerle a metà ma, secondo la leggenda, si confusero, e spedirono la metà sbagliata, la seconda. Nonostante questo, Paco Porrúa, direttore editoriale di Sudamericana, all’epoca la più prestigiosa casa editrice latinoamericana, lo comprò immediatamente per 500 dollari.Dopo due settimane il libro aveva già venduto ottomila copie e nei quasi sessant’anni fino a oggi un numero incalcolabile, milioni e milioni, in tutto il mondo. Nel frattempo il cinema ha incontrato gli effetti speciali e imparato in questo modo come si fa a mostrare l’invisibile.Deve essere per questo che i figli dello scrittore, Rodrigo García e Gonzalo García Barcha, hanno accettato di cedere i diritti e addirittura produrre loro stessi una serie per Netflix in due stagioni (la prima è appena arrivata).Girata in Colombia, con attori colombiani – anche questo lo scrittore temeva, che una trasposizione sarebbe finita nelle mani e nei corpi dei ricchi statunitensi che l’avrebbero ammansita e deturpata – e la regia di Alex García Lopez e Laura Mora Ortega, la serie ha un aspetto sontuoso. Gli attori sono bravi e credibili, le luci sempre un po’ caravaggesche per via della fedeltà al luccichio delle candele, i paesaggi sconfinati come li ricordavamo e angosciosi e claustrofobici quando la giungla tiene lontano il mare. E Macondo? La città ideale, «dove nessuno deciderà per noineanche come dobbiamo morire», sognata da José Arcadio Buendía e da noi con lui, quando fin dalla prima lettura cademmo nella malia delle parole di Márquez? Venti case di paglia in riva al fiume, dove i bambini trotterellano nudi e gli uccellini cantano tutto il giorno nelle gabbie, i pescatori coi pesci e le donne con i cesti di frutta come nel presepe, somiglia un po’ a quelle foto dei “soggiorni esperienza” che si trovano su air b&b – le case sugli alberi, le chiatte sul fiume, le tende nella foresta vergine ma linde e ben equipaggiate. Ci andremmo tutti volentieri in vacanza, e anche questo segna la distanza dagli anni in cui Márquez scrisse il suo romanzo: quello che allora era utopia, adesso è piano B. E l’amore che fa diventare pazzi è diventato criminale. Che bel viaggio quindi questa nuova serie, in quello che siamo stati o avremmo voluto essere e in quello che non saremo mai, che è forse la stessa cosa. Per la rivoluzione, anche se il vento se la porterà via.