la Repubblica, 12 dicembre 2024
Intervista a Boeri sul memoriale del ponte Morandi
Genova – Sulla facciata che dà le spalle alla città, il nuovo viadotto sul Polcevera a restringere dall’alto l’inquadratura e il mare lontano sullo sfondo, gli operai dell’ultimo turno di cantiere hanno appena montato i caratteri neri della scritta che secondo Stefano Boeri «riassume tutto, ci impone di ricordare e insieme di non fermarsi a quel momento»: 14 agosto 2018, ore 11.36. Prende forma così, fissato anche ai pannelli di cemento il ricordo del minuto esatto del crollo «che tutto ha cambiato», il Memoriale della tragedia del ponte Morandi, che sei anni fa uccise 43 persone collassando a terra dopo anni di mancate manutenzioni.Un edificio industriale che l’architetto milanese del Bosco Verticale ha trasformato in luogo della memoria con piante, luci, musiche e silenzi, dopo «un lungo percorso partecipativo» che ha coinvolto i familiari delle vittime del crollo. E che oggi, alla vigilia dell’inaugurazione di domenica 15 dicembre, pare quasi una sorta di sua «ballata civile». Forse «la più politica» delle sue opere, di sicuro «quella che vorrei più accessibile e comprensibile a tutti».Questo spazio si inaugura a oltre sei anni dal disastro, con un processo in corso. Come può diventare opera “politica”, il memoriale di un crollo?«Nel crollo del Morandi c’è tutta la nostra storia. C’è nei nomi delle vittime, cittadini di famiglie lontanissime tra loro, morti su un pezzo di Europa che collegava una città e due paesi vicini. C’è nelle scelte personali e nel disinteresse di chi non ha fatto la sua parte per evitare succedesse quanto successo, e insieme nel crollo definitivo di un lontano orgoglio nazionale. E se la buona politica è consapevolezza, quella cattiva è rimozione. Ed è contro questa “cattiva politica”, che questo progetto vuole combattere».Il ponte rinato nel 2020, dopo la demolizione di quello che rimaneva del Morandi, è diventato uno spot per governi di vario colore e l’amministrazione genovese. Dal Memoriale, cosa si aspetta?«Il nuovo ponte sul Polcevera è stata una straordinaria opera di ricucitura, per cui dobbiamo ringraziare soprattutto il disegno geniale di Renzo Piano e il sindaco di Genova Marco Bucci. Però ho avuto l’impressione abbia contribuito a far sentire dimenticati i familiari delle vittime, a loro volta vittime di una sorta di amnesia generale su quanto successo. Questo spazio nasce come luogo di ricordo e di cura del dolore, ma in parte anche per ribellarsi a questa sorta di “normalizzazione”. L’architettura sa fare anche questo».Per chi l’ha pensato? Per le vittime, o per chi qui le ricorderà?«I familiari delle vittime sono stati i veri committenti del progetto, serviva loro un luogo fisico dove vivere il proprio dolore ma insieme poter dare l’idea di tutta la storia, e raccontarla a tutti quelli che passeranno. Nel percorso dello spazio ci saranno vari passaggi, si andrà dal racconto dell’epopea della costruzione del vecchio ponte al momento esatto del crollo, ma il cuore di tutto sarà lo spazio di documentazione e di denuncia, dove si ricostruiranno, si aggiorneranno e spiegheranno passo dopo passo le vicende processuali legate al crollo, con una cronologia in continua evoluzione. Dove mi auguro vadano ogni giorno le scuole, e si contribuisca a conquistare una verità, se non una giustizia».Ma servono, i memoriali, in questo Paese così poco abituato a coltivare la propria memoria?«Ne avremmo bisogno di più, di memoriali, per ricordarci chi siamo. Avessimo un grande memoriale per piazza Fontana, o la strage di Bologna, luoghi fisici dove trovare tutte le informazioni per dare conto dell’evolversi della storia, saremmo forse meno lacerati, di sicuro più consapevoli. La nostra ferita sarebbe meno dolorosa, vale anche per il disastro di ponte Morandi».Nel giorno dell’inaugurazione mancheranno le macerie del ponte, previste nel progetto ma ancora sotto sequestro. Anche questo dice di un Paese che fatica a dare risposte ai cittadini?«La prima volta che sono entrato nel capannone che custodiva i reperti della parte di ponte crollato, cinque anni fa, ho capito che il memoriale di quella tragedia c’era già, era lì. È per questo che ho chiesto di far nascere questo spazio proprio qui, sotto la pila del ponte crollata. E così ho voluto che i pezzi di questo gigantesco corpo, arto fantasma che questa valle sente ancora, venissero portati al centro del luogo più giusto dove coltivare lamemoria collettiva».Il 14 agosto 2018, ore 11.36. Lei dove era, quel giorno a quell’ora?«Ero in vacanza, e dopo pochi minuti dal crollo già davanti alla tv. Non ci credevo quasi, ma la storia del nostro Paese è passata anche da quel ponte. E sta anche a noi portarla avanti».