la Repubblica, 12 dicembre 2024
Il fratello di una vittima arriva a Calenzano
Calenzano (Prato) – Nicola Cirelli arriva da Matera su una macchina scura, passa i controlli all’Eni, si ferma sul piazzale e accarezza la ghirlanda che è stata deposta qualche ora prima sul cancello. «Se non posso più avere mio fratello, voglio almeno vedere dove è morto», dice prima di entrare nello stabilimento sventrato dall’esplosione di tre giorni fa. Ci sono vetri ovunque, in lontananza si vedono le macerie nere, tutt’attorno c’è silenzio. Nicola Cirelli è il fratello maggiore di Franco, dipendente della Sergen, una delle cinque vittime della strage di Calenzano. Sono le 13.30 e qualche ora prima è stato sottoposto al prelievo del Dna, perché nessuno dei corpi recuperati all’Eni ha ancora un nome e un cognome certi. Il fuoco ha cancellato la loro identità, solo la comparazione genetica potrà restituirgliela.A questa certezza, che arriverà nei prossimi giorni, adesso i parenti chiedono di aggiungere la verità. Tra le lacrime l’ha invocata anche Maria Antonietta Pascale, moglie di Gerardo Pepe, anche lui manutentore della Sergen di Potenza: «Voglio soltanto giustizia e capire come è morto mio marito, non cerco colpevoli anche perché lui amava profondamente il suo lavoro». Oltre i due operai Sergen a perdere la vita sono stati anche i tre camionisti Vincenzo Martinelli, Carmelo Corso e Davide Baronti.Fuori dai cancelli del deposito della morte, adesso guardato a vista dagli uomini della sicurezza, c’è Andrea, 42 anni, sardo emigrato per lavoro. È autotrasportatore anche lui, dal 2022, per la ditta che confina con l’Eni. Quella mattina era già fuori per distribuire il carburante. «Non ci credevo a quello che mi dicevano – racconta – forse perché tutto questo fa così paura che volevo allontanare da me la realtà che lavoriamo ogni giorno con materiali pericolosi. A volte qualcuno mi chiede se anche io, nel nostro deposito, sento puzza di benzina. Le narici sono così abituate che gli odori lievi non li percepisco più. Per questo se un camionista dice che c’è una perdita di benzina deve essere subito creduto, perché significa che si tratta di una grossa quantità».Simone, cappellino di lana in testa per il freddo, arriva in strada dopo aver recuperato il suo tesserino all’Eni. Lo aveva consegnato ai controlli lunedì mattina. Poco dopo il collega Vincenzo Martinelli. «Un grande dolore perderlo così. Erano le 10.20 circa, ero appena arrivato – racconta Simone – Sono sceso dal camion e sono andato verso il casotto per prenotarmi. A quel punto ho sentito un boato tremendo, mi sono voltato e ho visto una nuvola di detriti nel cielo. D’istinto sono salito sul mezzo e sono scappato via. Sulla chat dei camionisti ho inviato il messaggio per avvertire tutti di non venire all’Eni». L’audio, pubblicato sul sito di Repubblica, è drammatico. «C’è stato un boato, viene giù tutto. Sono andato via, sto ancora tremando», ha urlato su Whatsapp Simone e da quel momento è stato il panico tra i camionisti toscani e umbri.Simone come Andrea, Luca, Riccardo e tanti altri, alle 14 sono in cammino per la manifestazione in piazza Vittorio Veneto, davanti al Comune. «Non lavoriamo da due giorni. È la nostra protesta, vogliamo sapere che cosa è successo lì dentro – dice Andrea – perché adesso abbiamo paura».