Corriere della Sera, 12 dicembre 2024
La montagna insegna il limite, anche in tv
Non avendo mai fatto una scalata in vita mia (nemmeno un’Opa), ho seguito con attenzione un programma su giovani alpinisti: Linee di Vetta – CAI Eagle Team: il richiamo dell’impossibile (Focus, canale 35). Poco più di due anni fa, il CAI – dopo una dura selezione – ha dato vita a un’accademia in cui formare 15 giovani alpinisti, tra ragazzi e ragazze.
È nato così l’Eagle Team, un reparto d’eccellenza che, sotto la guida dei più forti alpinisti italiani e internazionali, e con Matteo Della Bordella come tutor d’eccezione, segnerà nuove vie per compiere grandi imprese sulle montagne di tutto il mondo. In alcune interviste agli alpinisti «non ciabattoni» (cit.), veniva di continuo evocato il concetto di limite. Non c’è nulla come la montagna che ti ponga di fronte a un quesito così esistenziale: fino a dove possiamo spingerci? Se oltrepassiamo la misura (la coscienza delle nostre forze e della nostra volontà) in montagna si rischia la morte.
È proprio osservando quei giovani, e sentendo le parole di uno scalatore come Della Bordella, che è tornata alla mente una reminiscenza: presso i Greci antichi il Limite era venerato, considerato quasi una divinità. L’offesa più grave che l’uomo potesse rivolgere agli dèi era il peccato di dismisura, di tracotanza.
Oggi si confonde spesso l’idea di libertà con il desiderio di andare oltre ogni restrizione, ogni regola, tanto – a differenza della montagna – non si rischia nulla. L’incontro tra Simone Weil e alcuni testi della Grecia antica, innanzitutto l’Iliade, Platone, i pitagorici e i tragici, ha segnato uno dei picchi del secolo scorso.
Ne La rivelazione greca scrive: «L’Occidente l’ha perduta [l’idea della tracotanza] e non ha più, in nessuna delle sue lingue, una parola che la esprima; le idee di limite, di misura, di equilibrio, che dovrebbero determinare la condotta di vita, ormai hanno un impiego servile nella tecnica. Noi siamo geometrici soltanto davanti alla materia».
La cultura della montagna insegna non solo l’insensatezza di una sfida spavalda alla morte ma anche la rinuncia, cioè il rispetto, il timore, l’umiltà.