Domenicale, 8 dicembre 2024
Contro le parole inutili
Frasi! Frasi! Davanti a un fatto che non si spiega, davanti a un male che ci consuma, trovare una parola che non dice nulla, e in cui ci si acquieta.
Così sentenzia uno dei Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello. Effettivamente la tendenza di parlare anche di fronte a eventi che esigerebbero piuttosto il silenzio è spesso spontanea. Forse siamo di fronte a una persona colpita da una tragedia e, senza accorgerci, ci lasciamo trascinare dalla deriva di vane e vacue parole di consolazione, mettendoci il cuore in pace perché abbiamo compiuto il nostro dovere. Talora l’impulso di aprir bocca è così forte da creare imbarazzo nell’altro e pentimento in un nostro successivo sussulto di coscienza. Era ancora lo scrittore siciliano in un altro suo testo teatrale, Ciascuno a suo modo, a far confessare al protagonista: «Lo sa quanto male ci facciamo per questo maledetto bisogno di parlare!».
Noi, però, vorremmo ora porre l’accento sull’espressione centrale della citazione: la «parola che non dice nulla». Si sono sempre usati nel linguaggio parlato vocaboli non necessari e senza senso in quel contesto: sono le cosiddette «parole nere», adottate come appoggio in un discorso zoppicante, in una grammatica orale scalcagnata, in un effluvio verbale immediato. Basta ascoltare un dialogo tra giovani col loro intercalare spesso affidato a termini volgari qui irriferibili, ma ben noti. Oppure, pensare all’accensione verbale di epiteti in ambito televisivo: essi perdono persino la loro carica offensiva e risultano solo indizio di istinto cavernicolo, di incapacità argomentativa, di illusoria voluttà stroncatoria. A questo punto, vale una frase – questa, sì, folgorante – di un antico autore latino, un liberto straniero, vissuto a Roma nel I sec. a.C., Publilio Siro: «La parola è specchio dell’anima. Tale l’uomo, tale la parola».