La Lettura, 8 dicembre 2024
Apre a Mantova la casa di Virgilio
«O gloria di Latin», disse, «per cui/ mostrò ciò che potea la lingua nostra,/ o pregio etterno del loco ond’io fui,/ qual merito o qual grazia mi ti mostra?». Purgatorio, Canto VII, 16-19: Virgilio ha appena svelato la sua identità al trovatore Sordello da Goito che d’apprima si riempie di meraviglia, poi china lo sguardo, gli si avvicina umilmente e infine lo abbraccia abbassandosi, in omaggio alla sua superiorità. Sordello è tanto più onorato perché con Virgilio condivide le origini mantovane, quel «loco ond’io fui» al quale il grande autore latino ha dato «pregio etterno».
Mantova e Virgilio, un binomio antico che adesso si aggiorna con l’apertura nel cuore della città di uno spazio dedicato al poeta: Museo Virgilio, nel Palazzo del Podestà che riapre dopo il restauro. Reperti e multimedialità, volumi a stampa e App: il progetto, promosso dal Comune di Mantova, vuole ricostruire la figura del suo figlio più illustre con rigore e completezza, ma anche in un modo «accogliente», che parli il più possibile ai contemporanei. «Oggi i musei sono spazi di dialogo critico sul passato ma proiettati al futuro. Sono luoghi per la salvaguardia dei ricordi, per le generazioni future, ma anche il posto dove prendere atto delle sfide del presente», dice Veronica Ghizzi, direttrice dei Musei Civici di Mantova, dei quali il nuovo spazio virgiliano fa parte. Non a caso lo storytelling e il design sono stati affidati alla Scuola Holden di Torino, che da trent’anni lavora in modo innovativo sulla narrazione.
Ne è nato un percorso che sembra esso stesso un racconto, diviso in otto sale-capitoli dentro le quali sono disponibili anche strade alternative e tanti sottocapitoli fisici o digitali. Può capitare ad esempio di scoprire chi sono gli Enea di oggi: tra loro, Aragorn de Il Signore degli Anelli, Neo di Matrix o Jake Sully di Avatar, mentre a Harry Potter e Luke Skywalker di Guerre stellari sembrerebbe mancare qualcosa...
«Tutti i musei sono narrazioni, ma solo alcuni lo sanno. Questo di Mantova, dedicato a Virgilio, lo sa da quando è stato concepito – osserva Alessandro Baricco, preside della Scuola Holden —: chi l’ha immaginato voleva soprattutto raccontare una storia, perché non andasse perduta e potesse risuonare nel posto giusto e per molto tempo. È una storia preziosa, d’altronde, che molto può ancora insegnare. Per noi della Holden, lavorare a darle una casa è stato un privilegio e un grande piacere. Non possiamo che essere grati alla città di Mantova per avere avuto quella visione e per averla inseguita con noi».
Quale è, dunque, questa storia? «Si parte da alcune domande apparentemente semplici: chi era davvero Virgilio? Perché ha fatto quello che ha fatto? Perché la sua voce risuona ancora oggi? Quanto è rimasto di lui in noi? Questo è il campo da gioco in cui ci siamo mossi», ricostruisce Alessandro Mari, direttore creativo di Holden Studios, la costola produttiva della Scuola specializzata nel declinare la narrazione in ambiti diversi, dalla pubblicità ai podcast, alle antologie per gli studenti... «Il nome di Virgilio – prosegue Mari – è così famoso che spesso ci sembra di conoscerlo, ma questa apparente familiarità potrebbe indurci a non notare molti altri aspetti della sua composita figura. Fin dall’inizio della visita, l’invito è a liberarsi di quanto si crede di sapere». L’approccio, suggerisce già il primo pannello, è quello di un esploratore: «Potrai andare alla scoperta ascoltando, leggendo, interagendo, immergendoti in esperienze diverse. Ogni sala ti offrirà tracce, indizi, prove, testimonianze da non lasciarti sfuggire per risolvere il grande enigma chiamato Virgilio».
Dopo le stanze introduttive – il Foyer e l’Incipit – ecco quelle dedicate alle Bucoliche e alle Georgiche. Quindi, un Intermezzo, la sala dell’Eneide, un’altra sulla leggenda di Virgilio, fino all’ambiente chiamato Gran finale. Nell’itinerario, monete d’epoca, sculture e affreschi ispirati a Virgilio convivono con installazioni sonore, contenuti audio e video, postazioni touchscreen e Qr code per approfondire, dopo che già all’ingresso si viene invitati a scaricare l’App Museo Virgilio. Simbolico filo conduttore, un albero: «Si racconta – si legge nell’Incipit – che Virgilio sia venuto al mondo mentre la madre andava in campagna insieme al padre e proprio lì, in quel punto esatto, la famiglia abbia poi messo a dimora, sotto terra, un ramo di pioppo (...). E si racconta anche che, quasi miracolosamente, quel ramo sia diventato subito un albero vigoroso. L’albero di Virgilio».
Già nella prima delle tre sale dedicate alle opere, quella delle Bucoliche, s’incontrano alcune caratteristiche peculiari del nuovo museo. Ad esempio, quella di proporre non solo un’avventura della mente, ma anche un’esperienza immersiva e sensoriale. «Non si è neanche messo piede nella stanza – spiega Mari – che si è accolti dalle voci dei due pastori della settima egloga, Coridone e Tirsi, che cantano versi d’amore in latino. Pochi passi e si può sentire l’odore di un giardino epicureo creato da un profumiere». Al centro, così come sarà per leGeorgiche e l’Eneide, l’opera, il libro fisico in esemplari del XV e XVI secolo. Intorno, i vari pannelli, spesso interattivi, con i contenuti presentati in base a quattro categorie: Vivere, ovvero la spiegazione del contesto storico; Pensare, l’esplorazione delle idee e della filosofia dietro i testi; Scrivere, l’analisi dei modelli letterari e dello stile; Restare, la proiezione dell’opera nei secoli, che cosa ha generato e cosa genera ancora oggi.
Per le Bucoliche il Restare si concentra sull’immaginario dell’Arcadia, il paesaggio idealizzato dove esseri umani e natura vivono in perfetta armonia. «Tanti e tante – si legge —, dopo averlo scoperto nelle Bucoliche, hanno dimostrato di volerlo abitare e tenerlo vivo ambientando lì le loro storie, dipingendolo, raccontandolo in un film...». Ecco quindi un suggestivo peep show, lo strumento ottico che permette di vedere una serie di immagini attraverso un foro, svelarci nuove Arcadia in film come È stata la mano di Dio e Balla coi lupi o in quadri come Il campo di grano di John Constable o della serie Cottage di Vincent van Gogh.
Per l’Eneide, la sezione Restare esplora i nuovi Enea. Nei secoli, si spiega, l’eroe virgiliano «ha ispirato una dinastia di personaggi letterari e del folklore che si rifanno più o meno direttamente alle sue caratteristiche». Tre, quelle individuate, da cui dipende la maggiore o minore aderenza alla figura originaria: l’essere un fondatore, un prescelto e un guerriero (ecco quindi spiegato perché, non essendo fondatori, Harry Potter e Luke Skywalker siano «meno Enea» di altri).
Tappa successiva: la leggenda di Virgilio. Nella sala, una mappa di opere letterarie e artistiche posteriori alla morte del poeta suggerisce già a un primo colpo d’occhio la portata della sua eredità. Non solo come letterato ma come figura considerata nel tempo un profeta, un mago, una guida, un vate.
Quindi, il Gran finale. Un’installazione conclude un percorso interattivo – My Virgilio – che i visitatori possono avere intrapreso all’inizio o recuperare qui, in entrambi i casi attraverso l’App del museo. In sostanza, si chiede al visitatore quanta vicinanza senta ad alcuni tratti del poeta, fino a individuare quattro profili: il Virgilio nascosto, il maestro, l’epico e l’umano. A questo punto, l’immagine più affine si fonde in uno schermo con quella del visitatore. Infine, in questa stessa sala, il Virgilio Glocal: una mappa interattiva che suggerisce i luoghi legati al poeta in Italia e nel mondo. Tra i primi, l’antica Andes, in riva al Mincio, in cui Virgilio nacque nel 70 a. C. e che, secondo le ricostruzioni, dovrebbe corrispondere oggi a Pietole Vecchia, confluita nel comune di Borgo Virgilio. Fino a New York, dove il Memoriale e museo dell’11 settembre ospita sul suo muro principale (per quanto non senza avere suscitato polemiche) la frase No day shall erase you from the memory of time per tradurre il verso virgiliano «nulla dies umquam memori vos eximet aevo» («mai nessun giorno al ricordo vi toglierà dei futuri»).
Il volto del visitatore unito a quello di Virgilio non è il solo nel Gran finale. La stanza ospita anche un Busto del poeta della prima metà del XVI secolo, ritenuta una delle immagini più vicine alle possibili sembianze reali. Un reperto che, come gli altri nel museo, rappresenta di per sé una storia nella storia. Tanto più che, come si spiega, «malgrado le ricerche, i materiali e gli strumenti a disposizione, ancora oggi non siamo riusciti a trovare una risposta univoca a questa semplice – e vertiginosa – domanda: com’era il volto di Virgilio?».
Ma alla fine, più delle reali fattezze, contano talora i significati. Nella stanza delle Bucoliche c’è, ad esempio, l’altorilievo duecentesco di un uomo su un trono che nella memoria di Mantova è sempre stato Virgilio in cattedra. Tuttavia studi recenti suggeriscono che più probabilmente l’opera sia nata come rappresentazione del potere comunale, nella figura simbolica di un magistrato o un amministratore, e che solo più tardi sia stata identificata con Virgilio. La curiosità è che, dalla sua attuale posizione, questo Virgilio riesce quasi a dialogare con l’altro Virgilio in cattedra in piazza Broletto, la statua chiamata familiarmente dai mantovani la vecia (la vecchia). Un gioco di prospettiva, e un possibile ulteriore simbolo di tutti gli sguardi che nel tempo si sono posati sull’«anima cortese mantoana,/ di cui la fama ancor nel mondo dura,/ e durerà quanto ’l mondo lontana» (Inferno, II, 58-60).