Avvenire, 8 dicembre 2024
Un film su Gioacchino da Fiore
È diventata un film la storia di Gioacchino da Fiore, l’abate calabrese citato settecento anni fa da Dante Alighieri nella Divina commedia e nei mesi passati da papa Francesco nel “Messaggio per la giornata mondiale di preghiera per la cura del creato”. Il Santo Padre lo ha indicato come colui che «in un tempo di lotte sanguinose, conflitti tra papato e impero, crociate, eresie e mondanizzazione della Chiesa, seppe indicare l’ideale di un nuovo spirito di convivenza tra gli uomini, improntata alla fraternità universale e alla pace cristiana, frutto di Vangelo vissuto». Dopo la prima a Cosenza, mercoledì 4 dicembre, dal giorno successivo è in tutte le sale d’Italia Il monaco che vinse l’Apocalisse. La pellicola, prodotta dalla Delta Star Pictures per la regia di Jordan River, è ispirata alle visioni dell’Apocalisse descritte dal monaco medievale «di spirito profetico dotato» per richiamare il Sommo Poeta fiorentino che lo inserisce nel XII canto del Paradiso. L’opera ha già ottenuto numerosi riconoscimenti e vinto la XX edizione del Terni Film festival. Le riprese si sono svolte in diverse regioni italiane, tra cui Lazio e Calabria. Ha ricevuto, tra gli altri, i patrocinii dell’Arcidiocesi di Cosenza e della postulazione della Causa di Beatificazione del Servo di Dio che ha collaborato con regia e produzione. Ottimo il parere della commissione nazionale di valutazione dei film della Conferenza episcopale italiana. «Il film, interpretato da Francesco Turbanti, Nikolay Moss, Elisabetta Pellini, Bill Hutchens e Giancarlo Martini, alterna una ricostruzione storico-scenica di finzione con momenti di approfondimento sul pensiero di Gioacchino da Fiore – scrive la commissione Cei – unendo dunque un impianto narrativo a momenti di respiro didascalico-culturale. Un racconto agile e coinvolgente giocato in novanta minuti ben bilanciati tra inserti di finzione, focus esplicativi e suggestioni visive, tra valorizzazione paesaggistica delle terre calabresi e un controllato utilizzo di effetti speciali (la ricostruzione del Drago a sette teste menzionato nel Libro dell’Apocalisse)». Viene poi richiamato il legame della produzione con la terra dell’abate, la Calabria, e il supporto del Centro internazionale di studi gioachimiti, grazie ai quali Jordan River «ha realizzato un film pensato per promuovere la conoscenza della figura, del pensiero e dell’eredità di Gioacchino da Fiore, rivolgendosi a un pubblico ampio e differenziato, accompagnando il processo di beatificazione del monaco e offrendo un titolo valido per fare esperienza del clima giubilare. L’opera è consigliabile, semplice, adatta per dibattiti», sottolineano gli specialisti della Conferenza episcopale italiana. Il film inizia con alcuni ricordi legati alla quarta crociata. Quindi si scivola al 30 marzo 1202, ultimo giorno di vita dell’abate-teologo che rilegge la sua esistenza, le numerose sfide fronteggiate per fondare l’Ordine florense e il monastero di Fiore sulla Sila, oggi San Giovanni in Fiore, che oltre all’abbazia florense accoglie il Centro di studi gioachimiti