la Repubblica, 8 dicembre 2024
Parla Jean-Luc Melenchon
«Con l’Eliseo non tratto. Se i socialisti tradiscono i patti, la nostra alleanza è rotta».Jean-Luc Mélenchon parla per la prima volta dopo la sfiducia contro il governo Barnier, mozione della sinistra spalleggiata nel voto dall’estrema destra di Marine Le Pen. La Francia è precipitata nel caos ma il leader della France Insoumise continua nella sua strategia. Cinque mesi fa aveva detto aRepubblica di puntare a una elezione presidenziale anticipata. «Avevo previsto la crisi di regime, ora ci avviciniamo», osserva con un sorriso compiaciuto. Mentre ci riceve in giacca e con la consueta cravatta rossa, confida di essere «preoccupato ma anche eccitato» dalla fibrillazione politica di queste ore.La mossa dei socialisti che hanno aperto a negoziati su un governo di coalizione con centristi e destra è per lui uno strappo imperdonabile. «Voteremo la sfiducia a qualsiasi esecutivo che non rappresenti la nostra alleanza di sinistra», annuncia il Líder Máximo della gauche. Durante il dibattito sulla sfiducia, la destra l’ha definito “Che Guevara da carnevale”, accusando invece Le Pen di essersi “melenchonizzata”. «Agli insulti sono abituato. Non importa, contano solo i francesi che chiedono di sbarazzarsi di Macron e del suo disprezzo».Avete ottenuto la caduta del governo Barnier mischiando i voti a quelli dei deputati di Le Pen. Nessun imbarazzo?
«Sono cose che Macron dice nel tentativo di danneggiarci. Il testo della nostra mozione di sfiducia contiene passaggi molto duri contro l’estrema destra. Per avere una maggioranza devono esserci due blocchi che votano insieme».
“Estremisti irresponsabili” è stata la definizione di Macron a proposito di lei e Le Pen.
«La sfiducia è prevista dalla Costituzione. Non sono io che ho accumulato mille miliardi di debito pubblico, non sono io che ho creato il caos. Qualche settimana fa, Macron voleva ancora inviare truppe francesi in Ucraina. Intanto, la Francia è stata cacciata dall’Africa intera. Essere “responsabili” significa curare la causa del problema: Macron».
In Italia, quando la situazione parlamentare è bloccata, i partiti fanno compromessi con gli avversari politici.
«Questa propaganda secondo cui la sinistra deve scendere a patti con la destra è pericolosa. Il risultato lo conosciamo tutti: Meloni. Noi rifiutiamo di tradire i nostri elettori in cambio di poltrone. Senza la nostra opposizione al liberismo, il mio Paese potrebbe davvero far vincere l’estrema destra».
Se il Partito socialista va al governo, è la fine dell’unione a sinistra Nuovo Fronte Popolare?
«Sarà la fine della nostra alleanza con i socialisti, ma continueremo. Siamo stati messi davanti al fatto compiuto in modo brutale. Olivier Faure, il segretario del Partito socialista, è abituato a bluffare. Il suo partito ha ottenuto l’1,67% alle presidenziali ma pretende di essere il primo ministro della sinistra. Ha una sopravvalutazione di sé che va di pari passo con le frasi insultanti nei miei confronti. Da quarant’anni la “Grande Coalizione” è il sogno di molti socialisti francesi. E ora si illudono che possa essere realizzato con un centrista come François Bayrou a fare il primo ministro».
In questo caso, voterete comunque la sfiducia?
«Non sosterremo nessun governo che non sia quello del Nuovo Fronte Popolare. È certo che ci sarà un 49.3, una approvazione senza voto parlamentare, sulla legge di Bilancio. In quel momento presenteremo una sfiducia. E, come qualche giorno fa,non saremo i soli a votarla. Inevitabilmente Macron finirà per andarsene. Non può durare 30 mesi nominando un governo Barnier ogni 3 mesi».
Macron ha spiegato che non lascerà l’Eliseo prima del 2027.
«È normale che dica di voler restare.Ma dove troverà una maggioranza di 289 deputati per approvare la legge di Bilancio? Nella politica francese, l’elezione centrale è quella presidenziale. Il suffragio universale deve portare ordine politico. E questo oggi non può avvenire senza un cambio di Presidente dellaRepubblica. Anche de Gaulle lasciò per mancanza di sostegno popolare».
Senza i deputati socialisti, non avrete più voti sufficienti per far cadere il governo insieme a Le Pen.
«Vedremo. Per i liberisti, la priorità non è più il progetto democratico ma quello liberista. La Francia ha costruito la sua economia e il suo modo di vivere intorno allo Stato. Per noi, ogni crisi dello Stato diventa una crisi della società. I liberisti sono la vera minaccia estremista alla democrazia».
Trump è un alleato?
«È una minaccia. Sta preparando nuove barriere doganali contro l’industria europea, vuole sottometterci. E ci sta riuscendo, perché dei 35 Paesi a cui ha chiesto di aumentare la spesa militare al 2% del Pil, credo che 29 lo abbiano già fatto. È una sorta di tassa che l’America impone al resto del mondo attraverso un’economia di guerra».
Mentre si aggrava la crisi economica e sociale, non dovreste fare proposte più costruttive?
«Costruttivi lo siamo già: abbiamo approvato centinaia di emendamenti alla legge di Bilancio con misure per portare il deficit sotto al 3% del Pil. Siamo stati dentro al gioco parlamentare. Eppure, siamo noi ad essere accusati di aver creato il caos».
In caso di presidenziale anticipata, il candidato della France Insoumise sarà lei?
«Non abbiamo ancora deciso. È una procedura collettiva, anche se vogliono far credere che io faccia tutto da solo e che i miei compagni siano solo burattini. Per quanto mi riguarda, sono già il parafulmine. Su di me continuano a cadere gli strali dei nostri avversari, meglio così».
E se la leader del Rassemblement National non potesse candidarsi all’Eliseo a causa di una condanna giudiziaria?
«Non è accettabile che un’eventuale sentenza venga applicata prima ancora che Le Pen possa fare appello. Eppure, è quello che ha chiesto il pubblico ministero, che segue le indicazioni impartite dal governo. Le Pen può quindi pensare che ci sia la volontà di eliminarla».
È sempre affascinato dall’idea rivoluzionaria?
«Affascinato è la parola sbagliata. Sono un intellettuale che ha scritto ventidue libri, e sono capace di ragionare, non solo di essere affascinato. So che la Francia non è mai riuscita a riformare le sue istituzioni senza passare attraverso grandi sconvolgimenti. Quale altro Paese in Europa ha fatto cadere quattro re, due imperatori, e ha attraversato cinque repubbliche? Non c’è un solo esempio nella storia della Francia che mostri una transizione calma e controllata».
Da Presidente, sarebbe andato a Notre-Dame?
«Certo. Sono un ardente laico, ma ho pianto quando Notre-Dame è bruciata. È un’opera che non appartiene solo ai francesi, ma all’umanità intera».
Questa scommessa, almeno, Macron l’ha vinta.
«Ha dato il suo contributo ma è soprattutto un’opera collettiva che mostra il talento francese. C’erano operai, straordinari artigiani, tanti volontari e donatori. Non vedo l’ora di vedere la cattedrale rinnovata».