il Fatto Quotidiano, 11 dicembre 2024
I deputati ridotti a 400 mangiano di più che in 630
Con duecento bocche in meno da sfamare si pensava – ingenuamente – che il conto da pagare sarebbe stato se non più sottile di un grissino, quantomeno assai più leggero. E invece alla Camera le spese corrono, specie al ristorante dove le onorevoli forchette ci danno dentro che è un piacere e non c’è taglio di mandibole che tenga. Il salasso per i menu – pranzi, cene, banchetti e colazioni –, è degno di gole pantagrueliche: per apparecchiare in tavola o all’impiedi alla buvette, nel 2025 la spesa prevista a Montecitorio salirà a quota 3,4 milioni di euro, con un aumento rispetto alle previsioni del 2024 dell’11 per cento. Ma a colpire ancor di più è in realtà il paragone con il passato quando i deputati erano oltre 600 mica 400 come ora: nel bilancio triennale dell’ultima legislatura prima del taglio dei parlamentari, la previsione di spesa per il servizio di ristorazione era stata comunque una discreta cifretta ma pari pur sempre a 2,1 milioni.
La riforma insomma avrà pure tagliato gli eletti ma non gli appetiti. Che, stando ai freddi numeri, sembrano anzi cresciuti nel segno del verme solitario: già nel bilancio 2023-2025 (il primo della legislatura in corso) la spesa per ristorazione alla Camera era in crescita a 2,3 milioni e a quota 2,6 milioni nelle previsioni 2024-2026. Ora nel triennio fino al 2027 ecco servito l’ulteriore boccone con una spesa che sfiora i 3,4 milioni a evocare un nuovo odor di casta oltre che di cucina. Ma l’andamento dei conti mangerecci, a quanto pare, è robetta che non preoccupa nemmeno un poco. Altro che correre ai ripari come aveva fatto ai tempi belli Francesca Pascale per l’amor suo Silvio Berlusconi: grazie a lei, massaia per amore e per tigna, la real casa di Palazzo Grazioli era stata riorganizzata nel segno della spending review con tutte le conseguenze del caso. Ossia basta casse e casse di frutta da sfamare il Biafra, stop alle quintalate di pesce di cui peraltro B. non sopportava nemmeno l’odore, e soprattutto basta con la cresta da maramaldi che sola poteva spiegare l’inspiegabile dei fagiolini comprati a peso d’oro: 80 euro al chilo (più che cresta, una rapina). L’ex Calippa-mani-di-forbice resterà anche per questo per sempre nella storia, mentre l’austerità Palazzo sembra ormai demodé.
Dell’effimera stagione dei tagli alla Camera sembrano infatti rimaste sole le promesse che non mancano mai. Grandi risparmi, per dire, erano attesi grazie alla sperimentazione, a favore degli onorevoli palati, dei prodotti a chilometro zero di Coldiretti con cui un annetto fa erano stati ingolositi i deputati a suon di uova al tartufo, radicchio fritto e trionfo di porcini. “Si tratta di una misura che si inserisce in un percorso di razionalizzazione e ottimizzazione nella gestione delle risorse finanziarie che condurrà a consolidare anche risparmi di spesa” aveva evidenziato allora la Camera per la gioia del questore anziano Paolo Trancassini di Fratelli d’Italia (che è pure proprietario dello storico ristorante “La Campana”) orgoglioso del successo del menu tricolore e entusiasta della offerta a base di piatti regionali a rotazione, dalle orecchiette con le cime di rapa, alla coda alla vaccinara, dai pizzoccheri alla bagna cauda. Poi altri sicuri risparmi erano stati evocati al momento della vera svolta: la creazione della società in house con cui Montecitorio ha internalizzato una serie di servizi, grazie all’assunzione di più di 300 lavoratori prima appaltati a ditte esterne, a partire proprio dalla ristorazione in cui i costi invece che diminuire crescono.
Poco male, sentite qui: “L’incremento dello stanziamento per la ristorazione e la sostanziale invarianza di quello per le pulizie sono più che compensati dalla riduzione degli stanziamenti per il guardaroba, per la gestione del parcheggio, per il facchinaggio e, in misura ancora maggiore, per il supporto esecutivo” si legge nella relazione del collegio dei questori della Camera che accompagna il bilancio appena approvato dando prova di almeno qualche certezza: meno deputati meno macchine e meno cappotti. Anche se invece, rispetto ai pasti, resta il quesito degno di Alberto Sordi e consorte alla prova delle Vacanze intelligenti: “ma che c. ve sete magnati? Tutto, è ’na vendetta”.