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 2024  dicembre 11 Mercoledì calendario

Riparte il processo a Netanyahu

Era dal 2020 che i giudici lo aspettavano alla sbarra. Benjamin Netanyahu si è presentato ieri a Gerusalemme per la prima deposizione nel processo in cui è imputato per i reati di corruzione, frode e breach of trust, un abuso d’ufficio più duro. Primo premier nella storia di Israele a ritrovarsi imputato mentre è in carica, ma del resto anche il politico più longevo, con 17 anni non consecutivi di premiership alle spalle dal 1996 a oggi. Il processo in cui Netanyahu è stato chiamato a difendersi riunisce tre filoni d’indagine aperti dalla magistratura israeliana tra il 2016 e il 2018, numerati rispettivamente 1000, 2000 e 4000 (c’era un caso 3000, da cui la posizione del premier è stato stralciata). Tutti riguardano promesse di leggi ad hoc fatte a persone influenti, due su tre hanno a che fare con i media, proprio quei giornali di cui Netanyahu si dice vittima sacrificale.
Il premier tornerà spesso nella piccola aula sotterranea scelta dallo Shin Bet per ragioni di sicurezza. Il calendario prevede tre udienze a settimana, dal martedì al giovedì per 6 ore al giorno (10-16) finché non sarà concluso il dibattimento all’americana: interrogatorio della difesa, poi contro-interrogatorio dell’accusa. Il calendario è già fissato almeno fino a fine mese, il processo andrà avanti ancora fino a tutto il 2025 e i reati non cadono in prescrizione. Il premier rischia anni di carcere e 7 anni di interdizione dai pubblici uffici.
Netanyahu è accusato di aver accettato, negli anni in cui era premier, quasi 300.000 dollari in gioielli, sigari e champagne dal produttore hollywoodiano Arnon Milchan e dal miliardario australiano James Packer in cambio di promesse di agevolazioni fiscali (caso 1000), di aver negoziato con il proprietario di Yedioth Ahronoth Arnon Moses una copertura favorevole in cambio di leggi a vantaggio del giornale (caso 2000) e di aver influenzato i contenuti del sito di informazione più letto di Israele, Walla, in cambio di favoritismi fiscali per il suo proprietario, il magnate delle telecomunicazioni Shaul Elovitch, quantificati in 500 milioni di dollari (caso 4000). Netanyahu, come Moses e Elovitch (imputato con la moglie), si professa innocente e si dichiara perseguitato dalla giustizia e dal “deep state liberal”. Ieri si è difeso dicendo di non aver avuto mai accoglienza positiva sui giornali, ha parlato di media “sbilanciati a sinistra, in un modo che non riflette l’opinione pubblica” e si è lasciato scappare: “Non vogliamo prendere il controllo dei media, ma diversificarli”. “La possibilità che l’argomento della persecuzione funzioni è inversamente proporzionale alla dimensione del caso”, ritiene Micha Patnam, ex legale del premier israeliano. Molto bassa, dunque.
Tra lunghe digressioni sulla sua carriera politica, la linea difensiva è stata quella di sminuire i fatti, non negando le frequentazioni. Lo champagne del caso 1000 “neanche lo bevo, anzi lo odio”. I regali inutili, visto che “lavoro 17 ore al giorno”. “Pecco solo con un sigaro che non riesco a fumare perché sono sempre in riunione”, ha detto. I rapporti con il patron di Walla derubricati a relazioni “di routine” tra uomini di potere, secondo il principio per cui è normale che i politici abbiano relazioni con gli editori, perché “i media sono i loro megafoni”. E Walla derubricato a sito “di gattini”, ma le deposizioni dei dipendenti parlano di un premier che ha interferito pesantemente sulla linea editoriale, dettando perfino assunzioni e licenziamenti.
Più del discorso, ha colpito gli osservatori una strategia processuale, proposta dai legali: la richiesta di interrompere l’udienza per trasmettere al premier note di governo urgenti. Ieri la pausa è stata solo una, di pochi minuti, ma in molti ritengono che l’espediente permetterà a Netanyahu di fermare e ricalibrare le deposizioni. I reati contestati non cadono in prescrizione. Netanyahu parlerà ancora almeno fino a fine dicembre e il verdetto non arriverà prima della fine del 2025.