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 2024  dicembre 11 Mercoledì calendario

Arianna Meloni dice che Fratelli d’Italia non è il partito dei parenti

Dopo il Circo Massimo? Il Colosseo? «Ma no, per ora va bene così». Arianna Meloni passeggia fra gli stand di Atreju. Casette natalizie in legno, tendoni formato maxi, una pista di pattinaggio che si perde a vista d’occhio addobbano la festa della destra al governo quest’anno allestita sulla lunga distesa verde per cui fanno a spintoni le rockstar di passaggio a Roma. E invece adesso a mettere la musica è il partito di “Giorgia”, per brindare alla scalata che l’ha portato da Colle Oppio al 28 per cento e a Palazzo Chigi. Rino Gaetano, Lucio Battisti, le casse di Radio Atreju propongono la solita playlist. Due giorni fa la timoniera di via della Scrofa si è improvvisata deejay sulle note di Raffaella Carrà e Tuca Tuca. Chissà che non aiutino il dj set, le luci e le coreografie della kermesse in pieno centro, la svolta pop, a dare un’immagine diversa di un partito che qualcuno racconta ancora come un bunker. Giorgia al centro, intorno l’inamovibile Arianna e un ristrettissimo cerchio magico di amici di una vita, parenti. E tutto il mondo fuori. «Invece siamo una comunità aperta, in cammino, come dimostra Atreju» ribatte subito la maggiore di casa Meloni parlando con Il Messaggero, a due passi dall’albero di Natale addobbato dai parlamentari di FdI (Giovanni Donzelli li ha convocati tutti domenica per l’accensione: firma sul registro delle presenze, come a scuola). «Atreju è partita nel 1998, quando io e Giorgia avevamo già iniziato da tempo a fare politica. Chi c’era allora oggi torna di nuovo qui come capogruppo, senatore, ministro, presidente di commissione». Guai a parlare di partito-famiglia. «Questa storia che dietro Giorgia ci sono solo io, o il cognato, francamente dà un’immagine molto riduttiva di Fratelli d’Italia» insiste Arianna. Il cognato, o meglio ex cognato, è Francesco Lollobrigida. Ministro dell’Agricoltura, marito da cui si è separata la scorsa estate, padre di due figlie, due anni in primissima fila a consigliare la capo-partito e presidente del Consiglio, ora un po’ meno. «Gli uomini e le donne dietro Giorgia sono tantissimi, ridurre questa comunità politica al familismo mi sembra scorretto – riprende lei – E poi i rapporti umani non sono una novità di Fratelli d’Italia, ci sono partiti che in Parlamento hanno coppie di deputati...». Un vento freddo spazza la spianata dei “patrioti” al Circo Massimo. Militanti in pettorina si mettono in fila per un selfie con “l’altra Meloni”. Partita militante anche lei, «un soldato» come non smette di ripetere cercando di schivare microfoni e tivvù, eppure sempre più regista delle scelte che contano a via della Scrofa, insieme al capo della macchina meloniana Giovanni Donzelli. Nomine, tessere, chi sale e chi scende. Nelle stanze che furono di Giorgio Almirante Meloni Arianna riceve, ascolta, decide, ovviamente sentita “Giorgia” che ha l’ultima parola. Questioni interne al partito, ma non solo. Prendi le prossime elezioni regionali, la grande partita del Veneto di Luca Zaia che torna al voto e Matteo Salvini già reclama per la Lega. Andrà così? «Non lo so, vediamo» risponde lei a spasso per gli stand. Calma e gesso. Tanto comunque bisogna passare da qui, dal verdetto del partito che tiene i cordoni del centrodestra. Coalizione che litiga, duella sempre di più: canone Rai, fisco, Manovra. Arriverà al traguardo tutta intera? «Sì, arriva al 2027» taglia corto Arianna. Di sé non ama parlare, la “signora delle tessere” di FdI. Basta invece anche solo insinuare un dubbio sulla sorella premier ed ecco scattare l’arringa di ordinanza. «C’è una narrazione di parte che ci descrive come non siamo. Persone impreparate, poco capaci, non all’altezza» allarga le braccia la sorella maggiore guardandosi intorno, «si sono trovati davanti proposte che vanno bene al Paese, una presidente del Consiglio donna che è riuscita a riportate l’Italia al centro». Eccola, la Meloni-diplomacy, file-rouge di questa edizione di Atreju che sarà passerella di diversi leader internazionali, dal libanese Miqati all’eccentrico presidente argentino Javier Milei, l’uomo con la motosega. La premier farà da tramite tra l’irruento Donald Trump e l’Ue che già trema pensando al suo ritorno? «Credo di sì, credo che ci sia una grande attenzione da parte di Trump come anche di presidenti di sinistra come von der Leyen verso le proposte e la preparazione di una leader come Giorgia, verso chi ha una sua identità e non deve fare la majorette dell’uno o dell’altra». Insomma l’asse Meloni-Trump funzionerà, confida Arianna a due giorni dal faccia a faccia tra la premier e il presidente eletto americano sotto le volte dell’Eliseo, nel giorno di Notre Dame. Chissà. Arianna è un fiume in piena. In radio intanto è tornata Mariah Carey, «I don’t want a lot for Christmas», il tormento-ne natalizio va in loop anche ad Atreju. «Lo sapete che ci sono fan club di Giorgia in Canada e perfino in India?». Questa è nuova. L’arringa prosegue. «Quando hai una tua identità, tue proposte, la gente ti guarda con interesse, i leader ti trattano da pari a pari. Quando ti siedi ai tavoli internazionali senza leggere cosa ti prepara qualche consigliere o ambasciatore, e impari l’inglese da sola, come ha fatto lei...». Ma siamo qui per parlare di Arianna, la “signora di Atreju. È vero che i magistrati l’hanno messa nel mirino, che c’è un’indagine? «Ancora? Ma non lo so» sorride di ritorno scomparendo fra i militanti e lo staff in divisa. «Non è che stiamo facendo un’intervista, vero?».