il Giornale, 11 dicembre 2024
I funerali di Paolo Pillitteri
Piove, ovvio. Verso parco Marinai d’Italia, però, s’intravede un sole debole e nascente come quello del Psdi, i socialdemocratici cui aderì Paolo Pillitteri prima di passare al socialismo di Craxi, lui che il sole nascente, subito, lo fece fuori e buttò a mare anche falce, martello, Marx e Lenin, scegliendo il simbolo del garofano rossoche adesso ce ne sono quattro mazzi, sul sagrato di Santa Maria del Suffragio. Comunque piove. «Avete rotto i coglioni», dice il figlio Stefano Pillitteri a un paio di giornalisti a cui i capiredattori, forse, avevano chiesto il solito articolo sull’addio alla Milano da bere. «Andate al bar, a bere» dice un vecchio che forse è un esperto. È da 32 anni che Pillitteri non è più sindaco di Milano, e oggile bevute sono un affare per pochi. È rimasto «il sindaco» come poi è successo solo a Gabriele Albertini, che intanto è arrivato, saluta e non sorride. Bobo Craxi è circondatodalle telecamere e sta dicendo che suo padre è stato il primo presidente del consiglio milanese della storia, e che meriterebbe un riconoscimento: e però, dice, il sindaco attuale, Giuseppe Sala, si è limitato a fare un dibattito. Stefania Craxi si sta lamentando perché ancora lui, Sala,in un suo discorso, non ha fatto neanche un cenno alle persecuzioni giudiziarie che Pillitteri ha subito. Intanto è arrivato, Sala: di fretta, si sente in colpa per un ritardo pur
lieve, anche lui saluta e non sorride, ha la fascia tricolore e ha proclamato il lutto cittadino, cosa che sino a pochi anni fa sarebbe stata impensabile. Fuori c’è una sola bandiera del Psi, e tre corone, due delle quali c’entrano con Stefania Craxi. La cronaca esige i suoi tributi, ergo ricordiamo: tra il 1986 e il 1992 Pillitteri è stato l’ultimo sindaco socialista di Milano, «c’era il terrorismo, ho portato le modelle» scherzava. È morto il 5 dicembre nel giorno del suo 84esimo compleanno. Ai funerali, per il Pd, c’erano la presidente del consiglio comunale Elena Buscemi e i consiglieri regionali Pierfrancesco Majorino e Carmela Rozza; per Fdi c’era Matteo Forte, e per Forza Italia l’assessore regionale Gianluca Comazzi; c’era anche Luca Stanzione della Cgil.
Fuori, invece, tanti vecchi socialisti irriconoscibili per via degli anni, ma altri, ancora di più, che non ci sono perché sono morti negli anni scorsi. Ce ne sono quattro o cinque che, l’ultima volta, li avevamo visti in Tunisia, al funerale di Craxi. Pillitteri non poté andarci, perché la Procura negò il permesso di espatrio per via di una condanna pur sospesa. La Procura fu attaccata anche dal centrosinistra, che era al governo, e il ministro della Giustizia Oliviero Diliberto si disse «umanamente contrariato», mentre il capogruppo dei senatori Ds, Gavino Angius, fu più duro: «Diliberto dovrebbe andare a prendere Pillitteri e portarlo ugualmente in Tunisia». Non accadde. Pillitteri era stato condannato a 2 anni e 8 mesi senza che avesse mai potuto confrontarsi col suo accusatore (bastò un verbale, ottenuto durante le indagini preliminari) come era possibile prima della riforma dell’articolo 513. Una volta, dal Tg3,Pillitteri apprese che era stato assolto in un processo legato alla Metropolitana Milanese: «Ma come», salto su, «è l’unico processo in cui avevo delle colpe».
Intanto ha smesso di piovere. Dentro, nella chiesa più che piena, c’è un organista che canta, e un prete che dice, dal pulpito, di non aver conosciuto Pillitteri perché ai tempi lui era un giovane seminarista, anche se adesso ha i capelli grigi. Che dire: è un funerale. E, ogni volta, un funerale lo sembra anche di qualcos’altro. C’è sempre chi piange senza sapere bene per che cosa. Stefano, il figlio, fa politica a Palazzo Marino e lunedì aveva detto che Milano non era solo «da bere», ma «estremamente ricca di iniziative, estremamente viva ed estremamente libera». Oggi dice che «quello che è successo dal 1992 in poi ha cambiato il Paese, ha cambiato la città e ognuno è in grado di dare un giudizio».
Maria Vittoria, figlia di Pillitteri, legge un breve discorso: «Era molto amato, perché era veramente difficile non volergli bene. Finalmente la grandezza di mio padre è riconosciuta e celebrata». Poi prende due garofani dalla bara e li regala ai bambini. Sopra parco Marinai d’Italia il sole si è finalmente alzato, ma rimane debole, senza avvenire