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 2024  dicembre 11 Mercoledì calendario

L’uomo che ha restituito il mare a Palermo

«C’era a riva uno con la canna da pesca.”Presideeente!”, mi fa, “Vede quant’è bello! Deve portarci “u picciriddu” Chiedo: “chi?” E quello, mai visto prima, fa il nome di mio figlio! Ero lì da due giorni. Da paura...» Eppure, spiega Pasqualino Monti, il presidente dell’Autorità portuale della Sicilia occidentale che, ribaltando antichi stereotipi, «ha restituito il mare a Palermo», scartò l’idea di mollare e tornarsene a Civitavecchia dove aveva risanato e rilanciato quel primo porto: «Palermo è piena di persone perbene. E ha un vantaggio», ammicca, «È lontana Roma».
L’antica CalaSette anni dopo, a dispetto dello scetticismo con cui era stato accolto e alla vigilia della cessione dello scettro al successore dopo essere stato nominato l’anno scorso alla guida dell’Enav, l’azienda del ministero dell’economia per la gestione del traffico aereo, può a buon diritto menar vanto di aver compiuto un miracolo: nell’area dell’antica Cala, l’arco di mare per decenni abbandonato al degrado, al caos, ai rottami di decine di imbarcazioni affondate, al controllo di una cosca mafiosa che ci organizzava perfino feroci combattimenti clandestini di galli, sorge oggi una bellissima cittadella portuale che ha messo d’accordo perfino i litigiosissimi galli della politica locale. Governatori di destra e sinistra, sindaci di destra e sinistra, assessori di destra e sinistra. Tutti d’accordo: grazie Pasqualino.
Le parole di SciasciaQuando arrivò, la città era davvero come l’aveva descritta Leonardo Sciascia: «Palermo ha voltato ostentatamente le spalle al mare». Peggio, tutta la linea di costa urbana era in condizioni penose: dall’Arenella avvelenata dalla chimica al malconcio porto dell’Acquasanta, dal gigantesco cassone arrugginito di carenaggio di Fincantieri alla vecchia stazione marittima fino alla darsena di Sant’Erasmo alla cui estremità c’era un edificio dalla fama sinistra. Dove, stando alle confessioni dei pentiti una cosca mafiosa teneva una «camera della morte» nella quale Filippo Marchese «torturò e uccise decine di persone, strangolate e sciolte nell’acido». A farla corta: l’humus ideale per i nemici di ogni cambiamento. Al punto che a Monti arrivarono tre messaggi. Un proiettile da kalashnikov alla casa di famiglia, uno alla casa palermitana e uno in ufficio. Risposta sua: l’istituzione d’un ufficio Anticorruzione, legalità e trasparenza e l’arruolamento di Leonardo Agueci, un magistrato da anni impegnato nella lotta alla mafia. 
Ancora più complicato, forse, fu però aprire la prima crepa nel muro di pessimismo dei palermitani: ecco un altro Don Chisciotte! Soluzione? «Mostrare che facevamo sul serio cominciando a buttar giù gli obbrobri». Come le due gru spropositate «alte 54 metri e pagate 80 miliardi negli anni ’70 senza mai sollevar una patata». O 29 bruttissimi silos enormi e semivuoti. O cadaveri navali che offrivano ombra a chi faceva picnic o apriva spacci di merce varia. E decine di capannoni, ricoveri, magazzini, casette e baracche.... Cinquecento mila metri cubi di cemento, legname marcio e ruggine da spazzare via. Con l’incubo di smaltire tutto seguendo le regole. A quel punto, fatta tabula rasa, restava la grana dei tempi. Fissati nel 2018, dice uno studio Ivass, in una media di 4,5 anni per i lavori pubblici normali e 14 per quelli complessi superiori a 50 milioni. Eppure…
I milioniEppure in sette anni l’autorità palermitana di milioni è riuscita a spenderne 27 per il nuovo porto di Licata, 45 per quello di Gela, 80 per quello di Porto Empedocle, 141 per quello di Termini Imerese, 285 per quello di Trapani, 546 per interventi vari sulla puntualità di Palermo. Risultato: nuova vita per la cala turistica di Acquasanta e quella di Sant’Erasmo, nuovi spazi e parcheggi strutture per il terminal crociere che nel 2017 faceva 500 mila passeggeri e nel 2023 ha sfondato di slancio il milione, l’interfaccia del waterfront pronta a spalancare sempre più il rapporto mare-città la prossima primavera... Quello che colpisce, però, è soprattutto il PMY, che non è il Pasqualino Monti Yachting («Pura coincidenza, non è una botta narcisista», ride) ma il Palermo Marina Yachting. Cioè il molo trapezoidale che recupera i resti dell’antico Castello a mare tirato su dagli arabi intorno al IX secolo e rimaneggiato via via e ricostruito e distrutto fino all’annientamento sotto i 72 bombardamenti alleati del ‘43. Mura recuperate dentro un lago artificiale (con fontana di zampilli) per restituire parte dell’immagine di un tempo. E intorno, di tutto: l’attracco per 14 mega yacht lunghe oltre cento metri, un convention center, un teatro che si apre sul Monte Pellegrino, un museo multimediale, e poi ristoranti, caffè e così via per attirare i palermitani alle passeggiate serali... 
La politicaEvviva? Dipende... Sarebbe davvero un peccato, infatti, se dopo una svolta simile la peggiore politica volesse piazzare al posto del giovane manager un figuro qualsiasi estratto dal cilindro del retrobottega clientelare... Renato Schifani, ieri, al convegno «Noi, il Mediterraneo», ha giurato che non succederà. Da toccar ferro.