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 2024  dicembre 11 Mercoledì calendario

Parla il nuovo premier siriano Mohammed al Bashir

C’è una foto a suo modo storica che mostra il passaggio di consegne «morbido» tra vecchio e nuovo regime. È stata scattata lunedì, nell’atrio del palazzo governativo di Damasco. A sinistra è seduto il primo ministro nominato ancora da Assad, al centro c’è il capo dei ribelli Al Jolani e a destra il nuovo premier.
Il primo è sbarbato, anziano, con un elegante completo azzurro. Perfetto rappresentante di un regime laico che alle sue élite concedeva i lussi dell’Europa. Il secondo ha barba lunga e una sorta di casacca militare color fango. È l’umiltà del potere disinteressato al denaro, virtù che l’Islam richiede ai governanti. Il terzo ha anche lui la barba del devoto sunnita, non lunga come il capo, ma insomma. Il vestito invece è un impeccabile omaggio alle convenzioni dell’Occidente: completo in grigio ferro su camicia bianca. L’immagine della nuova Siria moderatamente islamica. Barba e cravatta insomma.
Ventiquattro ore dopo nello stesso atrio del governatorato, tutto marmi e richiami all’architettura califfale, il primo ministro del Governo di Salvezza nazionale dà al Corriere la sua prima intervista a un media occidentale. Si chiama Muhammad al Bashir, ha 42 anni ed è il tecnocrate di punta del clan di Idlib, quello che per il momento ha vinto la rivoluzione. Nella provincia sotto assedio, zeppa di jihadisti, spie e avventurieri, Al Bashir è riuscito da sindaco a far funzionare i servizi pubblici. Efficienza e mano ferma. Per questo lo stratega del Comitato per la Liberazione del Levante (Hts, in inglese) Al Jolani ha scelto lui e non il coordinatore dell’opposizione che se ne stava tranquillo a Doha.
Primo ministro Al Bashir, è cominciata la transizione?
«Stamattina (ieri per chi legge, ndr) si sono presentati tutti gli ex ministri per cominciare il lavoro. Mancavano soltanto, per ovvie ragioni, quello dell’Interno e della Difesa, ma abbiamo rimediato con i direttori generali. Il clima è stato di collaborazione. Sappiamo di ereditare un’amministrazione elefantiaca tormentata dalla corruzione. In fondo il regime si è divorato da solo, ma nel frattempo la gente viveva male».
Che finanze avete trovato?
«Nei forzieri ci sono solo sterline siriane che valgono poco o niente. Con un dollaro americano si comprano 35 mila nostre monete. Non abbiamo valuta estera e per quanto riguarda prestiti e obbligazioni stiamo ancora raccogliendo i dati. Quindi sì, finanziariamente stiamo molto male». 
Siete in carica da meno di 24 ore.
«E resteremo solo fino a marzo del 2025. Il debito è enorme, la sfida ciclopica, ma abbiamo l’esperienza di Idlib dove abbiamo avuto successo. Certo una provincia non è il Paese, eppure possiamo migliorare la Siria. Ci vorrà tempo, ma ce la faremo». 
Il capo del Comitato di Liberazione del Levante, Al Jolani, ha diramato 160 taglie per criminali di guerra del regime del presidente Bashar Assad. Con quali criteri sono stati selezionati?
«Si tratta di responsabili di crimini prima e durante la rivoluzione siriana del 2011. Stiamo parlando di persone che hanno fatto sparire migliaia di cittadini nelle prigioni per decenni. Un numero enorme di siriani sono stati perseguitati e arrestati durante la rivoluzione. In quella lista ci sono i responsabili del bagno di sangue. Si tratta di personaggi ben noti, che hanno torturato e ucciso. Nella maggior parte dei casi le loro responsabilità sono documentate da istituzioni internazionali e organizzazioni non governative per i diritti umani. Molti sono anche sottoposti a sanzioni dai governi occidentali per grossolane violazioni dei diritti umani e crimini di guerra. Saranno giudicati secondo le leggi siriane correnti».
I suoi primi tre obiettivi?
«Il primo è ristabilire la sicurezza e la stabilità in tutte le città della Siria. La gente è esausta di ingiustizia e tirannia. L’autorità dello Stato deve essere ristabilita per permettere alla gente di tornare al lavoro e alla vita normale».
Il secondo?
«Far tornare i milioni di profughi siriani che sono all’estero. Il loro capitale umano, la loro esperienza permetterà di far fiorire il Paese. Il mio è un appello a tutti i siriani all’estero: la Siria ora è un Paese libero che ha guadagnato il suo orgoglio e la sua dignità. Tornate. Dobbiamo ricostruire, rinascere e abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti». 
Il terzo?
«È a un livello di pianificazione strategica. I siriani non possono vivere nella precarietà di servizi essenziali come l’elettricità, il pane, l’acqua. Siamo un governo di transizione, ma bisogna cominciare a lavorarci. Quando siamo entrati ad Aleppo, a Hama e a Damasco i siriani vivevano in una doppia oscurità: le tenebre del regime e il buio dei blackout elettrici. È assolutamente inaccettabile».
Se lo sta chiedendo il mondo intero: avete una storia di jihadismo alle spalle. Molti di voi hanno militato in Al Qaeda o nello Stato Islamico di Al Bagdadi. Volete costruire un nuovo Stato islamico?
«I comportamenti sbagliati di alcuni gruppi islamisti hanno portato molte persone soprattutto in Occidente ad associare i musulmani al terrorismo e l’Islam all’estremismo. Si è trattato di comportamenti errati e di mancanza di comprensione. Così è stato travisato il significato di Islam, che è “religione della giustizia”. Noi proprio perché islamici garantiremo i diritti di tutte le genti e tutti i popoli della Siria». 
Sarà «islamica» la nuova Costituzione?
«A Dio piacendo, chiariremo tutti questi dettagli durante il processo costituente».
E la politica estera?
«Sin dall’inizio delle operazioni militari ci siamo rivolti a Paesi come Iraq, Repubblica popolare cinese e tanti altri per spiegare che la nostra rivoluzione mirava a liberare i siriani da Bashar Assad. E siamo stati compresi. Quindi non abbiamo problemi con nessuno, Stato, partito o setta, che si sia tenuto lontano dal regime di Assad assetato di sangue».
Capisco bene se dico che siete disposti alla pace con Israele e invece siete ostili a Iran, Hezbollah e Russia?
Bashir ringrazia e se ne va.