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 2024  dicembre 10 Martedì calendario

Paghe basse, zero aumenti: succede solo da McDonald’s

Rispolverando un vecchio ritornello pubblicitario, potremmo dire che “succede solo da McDonald’s”. Questo, però, non è un vanto: malgrado sia un colosso del fast food – dicono i sindacati, pronti a lanciare una protesta – la catena più famosa al mondo è l’unica, tra le aziende del settore, che in Italia riconosce ai lavoratori solo il minimo contrattuale (a volte addirittura qualcosa in meno).
Negli altri marchi di ristorazione commerciale esistono accordi di secondo livello o almeno sono in corso trattative; da McDonald’s nulla. Oggi pomeriggio Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UilTucs faranno partire una mobilitazione in tutti gli oltre 700 ristoranti in Italia. Dall’estate 2023 hanno presentato una proposta di contratto aziendale, da aggiungere a quello nazionale, per introdurre premi di risultato, favorire il passaggio dal part time al tempo pieno, garantire maggiorazioni più generose per i festivi e permessi aggiuntivi per chi ha carichi famigliari. McDonald’s ha chiuso: non vuole firmare un accordo né per i suoi 3.300 dipendenti diretti né tantomeno per gli oltre 30 mila che lavorano in tutti i siti gestiti da licenziatari in franchising.
“In McDonald’s più del 70% dei lavoratori è part time – spiega Sonia Paoloni della Filcams Cgil –. Sei full time solo se hai i ruoli di responsabilità. In alcuni casi parliamo di contratti da 18 ore, alcuni dei quali volontari, ma avere l’aumento è difficile, specialmente se non hai un contratto integrativo con relazioni sindacali ben avviate. Anche per questo lo chiediamo”. Senza trattamenti “integrativi”, una persona che lavora 32 ore ha una paga ferma a circa 1.000 euro al mese, ma c’è chi – con meno ore – non va oltre i 700 euro. Insomma, a meno che alcuni licenziatari non concedano trattamenti migliori – che in alcuni casi ci sono – gli addetti del Mc hanno solo quanto previsto dal contratto collettivo rinnovato lo scorso 5 giugno. In realtà, c’è pure una discussione sulla giusta applicazione dell’accordo nazionale stesso: “Il contratto – aggiunge Paoloni – prevede che l’operatore della ristorazione commerciale a catena deve stare al quinto livello, McDonald’s ce li ha tutti al sesto. Anche su questo non rispondono”. Balla una differenza di circa 50 euro al mese per un full time.
Scopo dei sindacati è provare a far crescere gli stipendi attraverso l’introduzione di premi di risultato e favorendo accordi per l’aumento del monte ore individuale. Per capire come funziona nelle catene simili, Autogrill, Roadhouse e Chef Express hanno un contratto integrativo. L’indisponibilità che arriva da McDonald’s suona quindi strana pure alla luce dei numeri che il gruppo realizza anche in Italia. Se servisse qualche dato, e non bastasse la semplice percezione, eccone alcuni: nell’ultimo bilancio approvato, quello del 2022, McDonald’s Development Italy ha registrato un fatturato di 579 milioni (rispetto ai 432 del 2021, condizionato dal Covid) e un utile di 101, più che raddoppiato rispetto al 2021. Non particolarmente ricca invece la spesa per il personale: 81,4 milioni, in media 24.666 euro per ognuno dei 3.300 dipendenti diretti. Massiccia la crescita degli investimenti in pubblicità e marketing: da 16 milioni a oltre 20 milioni in un anno (+26%). Negli ultimi anni, McDonald’s sta cercando di puntare su una diversa reputazione, volendosi scrollare di dosso la fama di fast food di bassa qualità, quindi enfatizzando l’utilizzo di prodotti italiani e una serie di attività a scopo sociale, per esempio la distribuzione di pasti gratuiti per i bisognosi e i progetti contro la violenza sulle donne. Negli ultimi tempi le campagne si sono soffermate sull’occupazione creata, sebbene si sorvoli sulla sua qualità.
Contattata dal Fatto, McDonald’s ha confermato l’indisponibilità a negoziare un contratto integrativo: “McDonald’s è una realtà complessa e articolata – spiegano – per oltre il 90% in franchising con 160 imprenditori su tutto il territorio nazionale. McDonald’s evidenzia che la rete dei propri licenziatari in modo autonomo mette già a disposizione dei propri dipendenti diversi programmi e iniziative aggiuntivi al Ccnl. Tuttavia, va considerato che allo stato attuale l’ampia frammentazione sul territorio non consente di poter individuare un contratto di secondo livello per tutte le realtà locali”.