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 2024  dicembre 10 Martedì calendario

La destra vuole un organo contro la fake news

Una “struttura ad hoc” per il contrasto alla guerra ibrida, che di questi tempi significa pure “disinformazione e fake news”. Per il momento è solo un’idea e non un progetto concreto, ma il ministro della Difesa, Guido Crosetto, anticipa alla Stampal’intenzione di lavorare a un organismo (al governo sono allergici all’espressione task force) per vigilare sulle notizie false, soprattutto online. Con la solita, ovvia, obiezione cui rispondere: chi stabilisce che cosa è fake e cosa è vero? Un ente o dei commissari di nomina governativa?
Terreno insidioso. Lo insegna l’esperienza, visto che in Italia e in Europa non siamo nuovi a tentativi del genere, evidentemente non risolutivi. Anche perché spesso le balle più convincenti arrivano da governi e grandi giornali, piuttosto che da social o blog indipendenti. Le parole di Crosetto delineano un percorso, a partire dalle elezioni annullate in Romania per ingerenze straniere: “C’è una evidente sottovalutazione della guerra ibrida: cyber, disinformazione, creazione di mooddiffusi e sotterranei di cui tutti noi siamo preda senza accorgercene. Una guerra vera fatta di investimenti e professionisti. Ma non lo capiamo. Sto pensando a una struttura ad hoc per il contrasto alla guerra ibrida. Dobbiamo rispondere alla propaganda con la verità”. A dare qualche altro indizio sui confini di questa “struttura” è Nino Minardo, presidente leghista della Commissione Difesa alla Camera. Secondo Minardo, è “inevitabile pensare prossimamente a strutture e strategie per contrastare la guerra ibrida”, perché “la disinformazione e le fake newssono una minaccia reale per le nostre democrazie”. Non mancherebbe neanche un riferimento estero: “L’intelligence tedesca – sostiene il leghista – in vista delle prossime elezioni ha istituito una task force per contrastare fake news, disinformazione, cyberattacchi, spionaggi e ogni altra possibile interferenza sul voto. Mi sembra un’esperienza interessante. È un tema su cui non si può improvvisare, non solo per la gravità della minaccia, ma perché ci muoviamo su un terreno scivoloso, perché dobbiamo trovare un equilibrio tra la lotta alla disinformazione e la libertà di espressione”.
Anche ai proponenti dunque non sfugge il punto più delicato: chi decide cosa è pubblicabile e sulla base di quale criteri. Perché se esistono video e notizie oggettivamente false – per esempio i filmati creati con intelligenza artificiale, i cosiddetti deepfake – il resto è un mare magnum sottoposto a interpretazione per il quale è scivoloso anche solo prevedere controlli, a maggior ragione se, come prefigurato da Minardo, parliamo di un provvedimento pensato soprattutto per regolamentare la campagna elettorale.
Al momento non esistono testi, ma un’ipotesi sarebbe quella di prevedere una lotta alle fake news scandagliando il web e segnalando (all’Agcom? Al Dipartimento Editoria? Non è chiaro) quel che non va. Il ragionamento a destra è che certe notizie non danneggiano il governo o la maggioranza, ma la reputazione internazionale dell’Italia. La valutazione non sarebbe in mano a uomini di partito ma a esperti.
Nulla di così diverso da una proposta già depositata in questa legislatura da Enrico Borghi, senatore di Italia Viva che lo scorso hanno ha presentato un disegno di legge per istituire “l’Agenzia nazionale contro la disinformazione”. Anche in quel caso a muovere la caccia alle bufale era stato l’allarme per “l’attacco delle autocrazie contro la democrazia, anche attraverso – spiegava Borghi – l’Infowar e la disinformazione”. Il testo – firmato anche da altri esponenti di Iv, come Ivan Scalfarotto – è stato nel frattempo assegnato alla Commissione Affari costituzionali del Senato, dove però si è arenato in attesa di dibattito. Con gli annunci di Crosetto e di Minardo, il tema potrebbe tornare attuale anche in Parlamento.