il Giornale, 10 dicembre 2024
Dieci motivi per non fidarsi di al-Jolani
Democrazia e libertà. Per tutto il 2011 queste due parole animarono le primavere arabe e inebriarono le anime belle dell’Occidente. Poi, dalle parole, si passò ai fatti. E non finì bene. Tunisia ed Egitto si ritrovarono nelle mani della Fratellanza Musulmana. Ed in entrambi i casi ci volle una svolta autoritaria per impedirne il collasso economico ed istituzionale. La Libia, spaccata in due da una «rivoluzione» diventata spietata guerra civile, si dibatte ancora oggi, invece, in un caos senza vie d’uscita. Già questo dovrebbe spingerci a prendere con le pinze le promesse di Ahmed Hussein al Shar’a meglio conosciuto, fino a pochi giorni fa, con il nome di battaglia di Abu Mohammad al Jolani. Anche perché il novello rais siriano, pronto a garantire a Cnn e New York Times il pieno rispetto dell’inclusività politico-religiosa e dei valori occidentali, s’è prima assicurato di parlarne con giornaliste accuratamente velate. Com’è abitudine e obbligo in quella provincia siriana di Idlib dove al Shar’a e i militanti di Hayat Tahrir al Sham governano con il pugno di ferro da una decina d’anni. Non a caso in un’intervista del 2021 a Frontline (autorevole programma della rete pubblica statunitense Pbs) al Jolani non riesce a non inneggiare alla sharia, definendola garanzia di «immensa bontà, giustizia e soluzione sociale». Una sharia che dalla discriminazione femminile in giù risulta a dir poco incompatibile con i valori occidentali e con i modelli di inclusività politico religiosa cavalcati oggi dall’ex jihadista.
Certo le contraddizioni sulla sharia sono poca cosa rispetto ai tanti elementi che rendono perlomeno controversa la conversione di questo ex terrorista. A partire dal suo passato di militante dell’Isis in Irak tra le file del decapitatore Al Zarqawi prima e del Califfo Abu Bakr Al Baghdadi poi. Un «cursus honorum» coronato con il titolo di «emiro generale» di Al Nusra, la succursale siriana di Al Qaida, famosa per i massacri delle minoranze alawite e gli assedi a Maloula e ad altri villaggi cristiani. Un’Al Nusra ribattezzata Ayat Tahrir Al Sham non appena c’è stato bisogno di rompere con il passato, cercare un’improbabile correttezza politica e chiedere la cancellazione dell’organizzazione dalle liste dei gruppi terroristi. Ma di quel passato è difficile scordare l’uso spregiudicato degli attentatori suicidi. Un impiego che nell’intervista a Frontline al Jolani si guarda bene dallo smentir, spiegando che le centinaia di kamikaze imbottiti d’esplosivo mandati a uccidere, e a morire, erano in fondo «solo un’arma... un’arma da usare per combattere il nemico».
Un’intervista in cui il nuovo signore della Siria fatica anche a giustificare la frequenza con cui nel piccolo feudo di Idlib governato da Hayat Tahrir Al Sham oppositori, giornalisti, attivisti politici e cosiddetti «infedeli» finiscano sistematicamente arrestati, incarcerati senza processo, torturati o – come denunciato da Human Right Watch – semplicemente eliminati. Precedenti non esattamente esaltanti per chi oggi si presenta al mondo con la promessa di costruire una nuova Siria libera non solo dalla dittatura degli Assad, ma anche dai cosiddetti «orrori» del passato.
Anche perché tra i precedenti della formazione c’è l’abitudine non esattamente elegante di finanziarsi con il narcotraffico. «Hayat Tahrir Al Sham – ricorda un rapporto su al Jolani e sul suo gruppo pubblicato nell’agosto 2023 dal think tank americano Csis (Center for Strategic and International Studies) – è stata accusata di facilitare una solida economia illecita che include il traffico del Captagon», ovvero la droga sintetica diventata la cocaina del Medioriente.
E a rendere il tutto ancor più sospetto s’aggiungono le scelte del Califfo dell’Isis Abu Baqr Al Baghdadi e del suo successore Abu Ibrahim Al Quraishi.
Tra l’ottobre 2019 e il febbraio 2022 entrambi vengono scovati e uccisi dagli americani mentre si nascondono in una provincia di Idlib dove al Jolani giura di opporsi sistematicamente ad un ritorno dello Stato Islamico. Che, casualmente, si nasconde proprio a casa sua.