La Stampa, 10 dicembre 2024
Federica Pellegrini parla del patriarcato
L’albero di Natale appena fatto, la figlia Matilde attaccata ai capelli e la prima riunione della Fondazione Cecchettin. Uno strano miscuglio di affetti e speranze per Federica Pellegrini che si è ritirata dal nuoto più di tre anni fa e non smette di generare discussioni, forse proprio per questo sta dentro il consiglio nato dopo il femminicidio che più ha stravolto l’Italia: «Ci metto sempre la faccia, non ho paura di pretendere rispetto. Sono fiera che un uomo capace di tramutare l’orrore in pensieri sani abbia chiamato me».
Come è nato il rapporto con Gino Cecchettin, il padre di Giulia?
«Mi ha scritto lui. Volevo voci da mondi diversi e, come tutti, sono rimasta colpita dal suo comportamento. Ero alla fine della gravidanza quando Giulia è stata uccisa, mi sono immedesimata in lei, nella famiglia. Io mai sarei riuscita a contenere la rabbia, ma so che è ora di costruire una cultura solida contro la violenza di genere. Mi sono sempre esposta, figurarsi se non lo farò per questo».
Il giorno in cui avete presentato la Fondazione in Parlamento, il ministro dell’istruzione Valditara ha detto che il patriarcato è ideologia.
«No. Il patriarcato esiste e scalcia, con radici ben salde e un retaggio tanto profondo da reggere pure all’educazione delle nuove generazioni che non ne sono più totalmente infuse. Oggi si chiama machismo, sopraffazione, usate i sinonimi che credete, ma sta qui e sarà sempre difficile smontarlo se non cambiamo il linguaggio con cui ogni volta, in modo sempre più subdolo, si sottintende che l’uomo è superiore alla donna. Mi riferisco a certi discorsi da agnellini sotto cui nascondere concetti feroci e violenti».
Si riferisce al ministro?
«A tutte le volte in cui è evidente che qualcuno preferirebbe farci stare zitte».
Quando ha incrociato il patriarcato nella sua vita?
«Nella mia carriera spesso, molti colleghi maschi hanno cercato di sminuirmi e ancora ci provano».
Ci torniamo. I femminicidi sono sempre stati così tanti e non li abbiamo contati o oggi è scattato qualcosa?
«Siamo l’Italia, il delitto d’onore lo abbiamo archiviato giusto qualche decennio fa. Ora stiamo su un doppio binario: le donne hanno trovato la loro voce e la forza di usarla, di denunciare, proprio per questo si è scatenata parallelamente la resistenza di chi non vuole evolvere. Per questo la Fondazione è necessaria, per dare attenzione, ascoltare e sostenere, accompagnare la svolta».
Sua figlia ha 11 mesi, come la si educa a riconoscere i segnali di allarme senza vivere di ansie?
«Lei si chiama Matilde, come la mia bisnonna che ci ha educato al matriarcato. Non ho un solo ricordo di mio padre che manca di rispetto a mia madre. Mai un imbarazzo. Matilde senior ha fatto un gran lavoro e spero che il suo nome sia una guida, ha tirato su mio padre con il matriarcato».
Suo padre era un paracadutista, la formazione militare non è proprio matriarcale.
«Lo stampo lo ha dato bisnonna Matilde e lui ce lo ha passato. Io spero solo che Matilde junior mi parli e non si tenga dentro i dubbi, comunque l’affettività si insegna e io voglio essere molto presente».
Il fatto che serva una Fondazione Cecchettin le dà più angoscia o più speranza?
«Sono ottimista, il progresso non si ferma. Le risposte che abbiamo fin dall’inizio ci motivano. Nell’Academy del nuoto che porta il mio nome vedo i ragazzini e ragazzine che vanno incontro al futuro e sono determinati. A 10 anni parlano di vincere le Olimpiadi, per loro essere atleta è un lavoro, come fare il pompiere. Quando ero piccola io non ero così. Cambiamo».
Lei ha contribuito a questo cambiamento.
«Credo di aver dato buoni esempi quando nuotavo e ora ho ancora molti canali per parlare con i giovani».
Sempre nel giorno della presentazione della Fondazione, Valditara ha detto anche che i femminicidi aumentano per colpa dell’immigrazione incontrollata.
«Non è così anche se c’è una parte banale di verità nell’affermazione, ma riguarda la violenza in assoluto e anche lì è assurdo generalizzare. Sulla questione specifica, basta vedere: i delitti più crudeli non dipendono dagli stranieri. Troppo facile pensare che il mostro sia fuori, Giulia è stata ammazzata da uno che tutti consideravano un bravo ragazzo».
Lei ha mai avuto relazioni tossiche?
«Non violente, qualche parola di troppo nelle prime esperienze sentimentali magari. Io ho avuto altri problemi, tira e molla, tradimenti, mi sono incasinata la vita, sono diventata una macchina da gossip: l’ho usato, mi ha travolto, ora sto alla larga. Appena c’è traccia di gossip taccio».
Veramente esce da una diatriba a «Ballando con le stelle» dove è stato cacciato il ballerino che faceva coppia con lei perché era troppo concentrato su un flirt con un’altra concorrente, Sonia Bruganelli, l’ex moglie di Bonolis.
«Appunto, il gossip riguarda lei. Io sono stata zitta, lo so che quella roba lì ti mangia. Me ne tiro fuori».
Ha pensato «Why always me?» come Balotelli?
«Certi comportamenti mi stavano sulle scatole, ovvio. Per due mesi non mi sono affatto divertita. “Ballando” è un percorso che va ben oltre la competizione: dopo nove mesi sempre con mia figlia è stata un’opportunità di stacco, un modo per riprendere le forme fisiche a cui, da atleta, ero abituata e che, felicemente, con la gravidanza ho perso. È stato un riappropriarsi di un certo modo di essere e il fatto che la persona scelta per accompagnarmi sia diventata un elemento di disturbo mi ha dato fastidio. Sono soddisfatta della mia reazione e, con la produzione, si era già risolta la situazione, poi lui ha insistito e loro hanno preferito estrometterlo. Non me lo hanno nemmeno detto».
Ha poi parlato con il ballerino in questione?
«No. Nella vita ognuno si sceglie le persone con cui vuole avere a che fare».
Nella biografia «Oro» viene definita mangiauomini, ora passerà a mangiaballerini?
«Stavolta me lo sono detta da sola, facciamo prima. Mi sentivo a disagio, l’ho detto, si è discusso in modo responsabile, si è trovata una quadra e non ha retto. Sul resto non ho avuto impatto».
Ceccon, oro nei 100 dorso alle Olimpiadi, nuota nella sua stessa piscina e non la considera un punto di riferimento.
«Sono stupita e un po’ mi fa sorridere. Come ho già detto, non è il primo collega maschio che tenta di sminuirmi».
In passato però Ceccon ha parlato benissimo di lei, magari cercava solo considerazione dopo i successi.
«Gli ho scritto dopo il record del mondo, c’è un video a Parigi in cui ci abbracciamo. Nella mia ultima stagione abbiamo nuotato le staffette insieme. Che dire? Davanti al nome Federica Pellegrini a qualcuno viene voglia di tirare batoste».
Intanto Martinenghi, altro oro del nuoto ai Giochi, inizia ad allenarsi con suo marito, Matteo Giunta, sempre a Verona.
«Ne sono entusiasta, sarà una bellissima esperienza, un viaggio che voglio guardare. Io non ho avuto parte nella decisione».
Sinner è travolto dalla popolarità. Lei ci è passata.
«Nel suo caso il tennis amplifica la baraonda».
Che idea si è fatta sulla vicenda doping?
«Sono curiosa di capire. Sono convinta che lui non abbia volontariamente assunto sostanze dopanti, ma non è il punto. Fino a qui ci hanno sempre detto che l’atleta è responsabile a prescindere. Adesso sembra che ci siano circostanze in cui può non essere così e la faccenda si fa scivolosa. Ricordo il caso di Federico Turrini, nuotatore, un amico. Stava dall’altra parte del mondo, ha avuto una grave infezione all’occhio con cura d’urgenza. Hanno usato un collirio al cortisone: positivo, due anni di squalifica anche se la contaminazione era evidente. Due anni. Se la visione cambia ci vogliono regole precise. Il ricorso per Sinner darà indicazioni sulla strada che vogliono prendere».
Nel mentre è lui quello travolto dal gossip adesso. Consigli?
«L’ultima che può darli, ripeto: ho chiuso con il settore».
Ora può fare pace con Magnini, il suo più famoso ex?
«Perché? Io e lui ci siamo massacrati quindi è evidente che non eravamo destinati a essere importanti l’uno per l’altra».
Non è la sola che genera polemiche olimpiche. Tamberi criticato per la magrezza.
«Ci stiamo raccontando la favola del niente. Aveva la possibilità di replicare un oro olimpico, ha tirato, ha rischiato. Se gli fosse andata dritta sarebbe diventato leggenda, resta un grande campione e io avrei fatto lo stesso, ho fatto lo stesso. Si può anche azzardare consapevolmente, diverso è se te lo impongono».
Se Matilde deciderà di nuotare suo padre la allenerà?
«Temo non ci sia modo di vietarglielo, lei ha già confidenza con l’acqua, lui inizia a dire che chiunque altro le insegnerebbe cose sbagliate. Speriamo si dia alla pallanuoto».