La Stampa, 10 dicembre 2024
Ruffini scende in campo per federare i cattolici?
È presto per capire se sarà lui il “nuovo Rutelli”, ma di certo le mosse di Ernesto Ruffini vengono seguite con grande attenzione da un pezzo di mondo cattolico che fatica a riconoscersi nel “nuovo Pd” di Elly Schlein. Il nome del direttore dell’Agenzia delle entrate circola con sempre più insistenza come possibile guida di quel centro un po’ smarrito dal nuovo corso del Nazareno, come raccontato ieri da La Stampa, e non deve ingannare il fatto che ieri non ci fossero parlamentari dem al seminario di ieri a cui ha partecipato insieme agli ex Pd Giuseppe Fioroni e Lucio D’Ubaldo e a padre Francesco Occhetta. Alle sue mosse guardano con grande interesse in tanti dentro al Pd, sia nel quartier generale – dove hanno ben chiaro che un soggetto moderato a fianco del Pd sarebbe utilissimo – che nell’ala più moderata e piuttosto insofferente per la svolta a sinistra impressa dalla segretaria. Ruffini al momento non scopre le carte, anzi parlando al seminario precisa che «non è la prima volta che partecipo a eventi come questo». Stavolta però è un po’ diverso, perché l’appuntamento è centrato sul ruolo dei cattolici in politica e Fioroni, per esempio, dice chiaro e tondo che quello del Pd per lui è «un fallimento». Non perché il Pd vada male, anzi, ma perché è cambiato il Dna del partito, «ci abbiamo creduto per oltre 10 anni all’idea che potesse esistere un partito del centrosinistra» e invece «Schlein ha fatto esattamente quello che voleva fare: ha messo insieme un partito di sinistra, recuperando quell’elettorato». Dunque il Pd è in salute, ma non è il Pd nato dalla fusione tra Ds e Margherita, «quel sogno è finito». Il direttore dell’Agenzia delle entrate fa un discorso abile, esalta il valore dell’impegno civico, politico, ripete che è «necessario il contributo di tutti», spiega che «essere solo spettatori è un lusso che non ci si può permettere». Sembra quasi la premessa di un annuncio, ma poi frena, invita a non cercare un «salvatore della patria», parla di «arare il terreno perché poi altri possano seminare». Di certo, però, i moderati Pd hanno i radar accesi. Da Dario Franceschini a Lorenzo Guerini sono in tanti a guardare con attenzione a quello che succede su quel fronte. Entrambi sono per ora spettatori, ma è chiaro – dice un parlamentare dem – che «se dovesse nascere una nuova Margherita in tanti sarebbero attratti, anche dentro al Pd. Perché a quel punto inevitabilmente, in una divisione dei ruoli, noi accentueremmo il profilo di sinistra…». Insomma, se Ruffini dovesse cedere alle pressioni e lasciare l’Agenzia delle entrate per assumere la guida di un soggetto centrista che punta almeno al 10% le ripercussioni arriverebbero anche nel Pd. Uno scenario che però un dirigente dem non considera affatto negativo e, anzi, spiega che persino un’eventuale trasloco di qualche esponente dell’area moderata non sarebbe considerato una sciagura. La speranza è che Ruffini possa fare quello che non si è riusciti a fare finora, a federare le forze di centro «perché c’è un pezzo di elettorato moderato che non voterà mai il pd di oggi che però Renzi e Calenda non sono stati in grado di organizzare». E poco male se poi qualcuno dovesse lasciare il Pd per il nuovo soggetto. Ma Ruffini, per ora, si limita ai seminari. Normale, del resto, in fondo ha un ruolo che al momento non consente di fare di più, e poi ci vuole tempo, devono maturare le condizioni. E come dicono in tanti: «Le elezioni sono nel 2027…».