la Repubblica, 10 dicembre 2024
Divieto per i cronisti di citare le ordinanze
Costretti a fermarsi, per ora, sulle supermulte che dovevano randellare gli editori, tirano dritto sull’estensione del bavaglio per i giornalisti. La stretta sulla cronaca giudiziaria alla fine è completa. Il governo allarga, come annunciato, il divieto imposto alla pubblicazione integrale degli atti depositati.Vietato riportare brani testuali, intercettazioni, valutazioni, delle ordinanze che applicano misure cautelari personali. Significa: niente dettagli né parole dei giudici relativi ad arresti in carcere, agli arresti domiciliari, ai sequestri patrimoniali, alle interdittive. Uno stop mai adottato prima. Il decreto legislativo, già ribattezzato legge bavaglio, passa in consiglio dei ministri: le emergenze premono, i tempi del decreto sono quasi alla scadenza e la relazione di Nordio si guadagna uno scontato via libera. Protesta la Federazione nazionale della stampa: «Un altro provvedimento pensato per proteggere delinquenti e colletti bianchi», commenta la segretaria generale Alessandra Costante con Repubblica.Voci dure si levano dai vertici dell’Associazione nazionale magistrati e dal Consiglio superiore della magistratura: che indicano la «compressione» di spazi vitali per la democrazia. Ma è una giornata simbolica per la strategia accelerata su giudici e cronisti. Nello stesso giorno arriva in aula, alla Camera, il ddl sulla separazione delle carriere: semaforo verde previsto tra gennaio e febbraio.Scatta quindi il divieto di pubblicare quelle «ordinanze che applicano misure cautelari personali fino a che non siano concluse le indagini preliminari, ovvero fino al termine dell’udienza preliminare”. Al provvedimento, “figlio” della direttiva europea e della riforma Cartabia, si arriva anche dopo le osservazioni delle commissioni parlamentari «inriferimento all’ampliamento del contenuto della norma, ma non all’introduzione di un nuovo apparato sanzionatorio». Dalla maggioranza erano piovute proposte di multe esemplari, fino a 500mila euro: ma l’ extrema ratio non passa al vaglio di più meditate riflessioni. Allo stato,per chi trasgredisce sono previste ammende da 50 a 250 euro. Per Costante della Fnsi, «la presunzione d’innocenza diventa il pretesto con cui fornire lo scudo ai potenti».C’è preoccupazione anche all’Anm. Salvatore Casciaro, il segretario generale, ragiona con Repubblica : «Mi sembra evidente vi sia, anche con questa nuova misura, un progressivo restringimento degli ambiti dell’informazione giudiziaria, un valore fondamentale per lo sviluppo di ogni società democratica. Si ridurranno, ed è questo mi pare l’esito annunciato, gli spazi di controllo della stampa sull’operato dei pubblici poteri».È molto critico anche il togato del Csm, il giudice Marcello Basilico, della componente di Area: «Trovo che una democrazia che voglia dirsi liberale non possa affidare la valutazione dell’interesse pubblico di una notizia a un soggetto diverso da chi fa informazione. L’autorità giudiziaria dovrebbe in causa bilanciare diritto alla riservatezza con diritto di cronaca; alla politica spetta legiferare sull’uso degli strumenti processuali. Ma il giornalista che abbia una notizia deve poterla pubblicare». E intanto Milano, ieri, significativamente, va controcorrente: in Procura si firma un protocollo, «il primo in Italia», esteso anche agli ordini professionali, che consente ai cronisti accreditati a Palazzo di chiedere formalmente ed ottenere copie delle ordinanze cautelari dell’ufficio gip o alcuni altri atti giudiziari, come decreti o sentenze, secondo «una definizione di interesse pubblico» che sarà collegato ad un preciso «decalogo». È la visione della riforma Orlando, datata 2017, che torna. Per il procuratore Marcello Viola, la nuova norma impone «uno sforzo di sintesi che non aiuta i giornalisti».