Corriere della Sera, 10 dicembre 2024
Chailly commenta la Prima della Scala
Altro che opera che porta sfortuna! La forza del destino, che ha inaugurato la stagione della Scala, è passata senza intoppi. «A sessant’anni dall’ultimo 7 dicembre in cui era andata in scena – commenta il direttore musicale, Riccardo Chailly – c’era in tutti noi la consapevolezza di fare bene. Il lato scaramantico non va ignorato, bensì superato con convinzione e noi volevamo vincere le insidie. È andata come volevamo».
Da dove derivava la leggenda della sfortuna?
«Era legata a eventi casuali accaduti durante le esecuzioni ed erroneamente attribuiti all’opera. Io non ho mai avuto un rapporto scomodo con la scaramanzia».
Orchestra, regia e coro... tutti promossi?
«Ci sono stati sette aspetti che hanno reso possibile il successo: l’eccellente qualità dell’orchestra; la qualità del coro per stile di emissione e sensibilità interpretativa; la tecnica di palcoscenico data dalla complessità e quantità di partecipanti, con elementi tutti collegati intorno alla pedana girevole, dallo scoppio della pistola alla campana di lontano; la direzione artistica capace di organizzare e gestire un cast ampio e complicato; le grandi voci con grande personalità e percorso interpretativo; la regia di Leo Muscato e del suo team che hanno creato un universo complesso di un’opera così poco rappresentabile; la Rai, partner imprescindibile per trasmetterla a tutti gli italiani».
I buu, ideologici, ad Anna Netrebko?
«Non ne discuto. C’è stato grande merito artistico riconosciuto dagli applausi del pubblico nelle sue tre grandi arie, tre momenti nell’evoluzione dell’opera eseguiti in maniera eccellente e recepiti con gran calore».
Bene anche Tézier... e l’esordiente Brian Jagde?
«Ludovic molto bene; Brian è arrivato in situazione delicatissima sostituendo Kaufmann con grande voglia di applicarsi e il vantaggio della spavalderia, perché aveva appeno cantato l’opera al Liceu di Barcellona. Un cast tutto eccellente: in quest’opera tutti i personaggi sono centrali».
Era l’ultima «prima» del sovrintendente Meyer...
«Mi dà un senso di nostalgia, come quando lasciò Pereira, perché un percorso importante viene interrotto non per ragioni artistiche. Sono stati anni proficui con entrambi. Dall’inizio del mio percorso artistico ho desiderato concentrarmi sul repertorio operistico italiano perché era qualcosa che il teatro chiedeva. Abbiamo sviluppato una continua relazione con orchestra e coro che ha portato a successi come quest’ultima Forza».
Il forfait alla serata per l’anniversario di Puccini?
«Mi è molto dispiaciuto. Avevamo fatto una prova generale con registrazione Rai che spero si possa produrre in futuro. Era un discorso di identità del teatro e una commemorazione necessaria. I musicisti ed io abbiamo provato dispiacere nel dover abbandonare».
Perché non l’avete fatta?
«C’era uno sciopero nazionale che coinvolgeva tutti».
È in arrivo la riforma dei teatri lirici...
«Non so ancora abbastanza, ma trovo errato il limite di età a 70 anni per i sovrintendenti, che finiscono per dover lasciare negli anni migliori. È contro la ricerca di qualità. Alla Scala arriva Fortunato Ortombina che è un musicista esperto e pronto per il doppio ruolo, come alla Fenice. Ma non trovo giusto il principio».
Il prossimo appuntamento sarà Mahler...
«La Filarmonica eseguirà molto Mahler, è avezza, in dieci anni abbiamo eseguito l’integrale sinfonica. Poi faremo la Nona di Bruckner, che dirigerò ad Amsterdam con il Concertgebouw e a Milano con il nuovo finale di 25 minuti studiato da John A. Phillips sugli schizzi di Bruckner».
Quale sarà la prima dell’anno prossimo?
«Lady Macbeth del Distretto di Mcensk di Dmitrij Šostakovic, capolavoro del Novecento che non ha mai aperto la Scala. Dopo il Boris Godunov di due anni fa, allungo la mia esperienza nel repertorio russo iniziato fin dai miei anni giovanili».
Sarà una prima senza Anna Netrebko, la vede come la conclusione di una parabola?
«No, come un percorso in evoluzione che continua nella mia testa e che porterò avanti con Ortombina. Poi ci sarà anche un titolo verdiano».