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 2024  dicembre 09 Lunedì calendario

I conti degli Assad e l’arsenale siriano

In Siria il crollo della dinastia degli Assad ha rinfocolato le voci sulla fortuna faraonica dell’ormai ex-presidente Bashar e della sua famiglia, accumulata fin dai tempi in cui era suo padre Hafez El Assad, al potere dal 1971 al 2000, a governare il paese con pugno di ferro. La fuga a Mosca di Bashar e dei suoi parenti si spiegherebbe, fra l’altro, non solo con la vicinanza del Cremlino al governo siriano, ma anche col fatto che gli Assad disporrebbero nella capitale russa di proprietà immobiliari, una delle tante vie di riciclaggio del loro patrimonio finanziario, messo al sicuro fuori della Siria. Ai ribelli non è rimasto che rifarsi sugli arredi del palazzo presidenziale e sul ben fornito parco auto del tiranno: le immagini dei mujaheddin nell’autorimessa presidenziale, con le Ferrari, le Lamborghini, le Bmw e le Audi, hanno fatto il giro del mondo.
Una stima del Dipartimento di Stato Usa, datata aprile 2022, ha calcolato «fra 1 e 2 miliardi di dollari» il patrimonio di Assad e parentado. Fra i congiunti di Bashar coinvolti in fondi all’estero ci sarebbero, secondo Washington, sua moglie Asma Al Akhras, suo fratello Maher, la sorella Bushra, i cugini materni Rami e Ihab Makhluf, lo zio paterno Rifaat Al Assad, e i cugini Dhul Himma e Riad Shalish.
Nel 2023 il giornale saudita Elav, ha sostenuto, in base a «fonti del servizio segreto inglese MI6», che Assad disponesse in totale di «200 tonnellate di oro, 16 miliardi di dollari e 5 miliardi di euro». A mettere al sicuro gran parte di tale fortuna, accumulata dalla famiglia Assad controllando contrabbando e commercio nel proprio paese tramite prestanome, ci avrebbe pensato uno zio materno di Bashar, Mohammed Makhlouf, che già nel 2012, quando la guerra civile siriana era iniziata da appena un anno, si sarebbe recato a Mosca incontrando Mudalal Khouri, factotum di Damasco nella capitale russa, e organizzando insieme a lui il riciclaggio di parte dei fondi. In particolare comprando proprietà immobiliari per almeno 40 milioni di dollari nella zona dei “grattacieli” di Mosca. Makhlouf morì poi nel 2020, malato di Covid-19. Un altro zio di Bashar, il paterno Rifaat El Assad, fratello di Hafez, acquistò proprietà in Francia e Spagna, fra cui una palazzina di 3000 metri quadrati, una fattoria e un maniero. Secondo giudici francesi, avrebbe riciclato in tal modo 90 milioni di dollari.
Il clan Assad avrebbe messo in cassaforte il patrimonio all’estero con proprietà o conti offshore mediante società ombra con sede a Cipro e nelle Isole Vergini britanniche, noti paradisi fiscali, implicate anche nell’aggiramento delle sanzioni internazionali.
Se parte della ricchezza nazionale siriana è stata drenata all’estero, è invece rimasto sul territorio l’arsenale governativo, che potrebbe finire nelle mani dei jihadisti che hanno conquistato il potere, se catturate o estorte ai militari. L’esercito siriano conta 900 carri armati e 2400 fra cingolati da fanteria e autoblindo. L’aviazione schiera 220 aerei da combattimento, senza contare elicotteri e cargo, sebbene la complessità di un addestramento al pilotaggio implichi che i jihadisti non siano in grado farli volare, salvo ricorrere a piloti governativi o mercenari. Ma il rischio maggiore è nelle armi chimiche. La Siria disponeva di un discreto arsenale di gas mortali, stimato dall’intelligence francese in “1000 tonnellate”, fra Iprite e nervini VX e Sarin, caricati in bombe d’aereo, testate di missili e granate di cannone. L’arsenale chimico siriano cominciò a essere costituito attorno al 1985 con l’aiuto sovietico, ma mai ammesso ufficialmente. Nel settembre 2013 Bashar El Assad ne riconobbe l’esistenza e annunciò l’adesione alla CWC, la Convenzione internazionale sulle armi chimiche, consegnando entro il 2014 i gas alle potenze straniere, fra cui gli Usa, che trattarono e decomposero il grosso dei nervini siriani a bordo della nave laboratorio Cape Ray.
Fu nel porto italiano di Gioia Tauro, in Calabria, che vennero trasbordate sulla nave americana 530 tonnellate di armi chimiche dal cargo danese Ark Futura, proveniente dalla Siria, per poi trattarle al largo. Che dell’arsenale chimico siriano qualcosa sia rimasto segretamente a disposizione del regime di Assad è possibile. E ieri il New York Times ha rivelato che «l’intelligence Usa ritiene che le forze di Assad abbiano mantenuto limitate quantità di armi chimiche fra cui munizioni caricate con gas nervino Sarin». La CIA starebbe quindi «monitorando siti sospetti con arsenali chimici».