il Fatto Quotidiano, 9 dicembre 2024
Georgescu va in piazza nel giorno del “non voto”
I eri, giorno in cui in Romania si sarebbe dovuto tenere il ballottaggio in cui avrebbe corso (e probabilmente vinto) da candidato indipendente, Calin Georgescu ha deciso di inscenare la sua protesta, insieme a decine di sostenitori, davanti ai seggi chiusi delle urne fantasma: “Oggi è il giorno della Costituzione e non c’è più nulla di costituzionale in Romania. Cancellando la democrazia, viene cancellata la nostra stessa libertà”. Secondo l’ultranazionalista, la Corte ha deciso di annullare il voto solo per timore di una sua imminente vittoria. Avrebbe dovuto concorrere contro l’avversaria Elena Lasconi, centrista, ma outsider come lui: anche l’ex giornalista si è duramente opposta alla decisione dei togati.
L’annullamento dell’intero processo elettorale presidenziale è avvenuto per decisione della Corte costituzionale venerdì scorso a causa delle informazioni emerse sull’euroscettico e filorusso, accusato di essere il candidato di Mosca. Secondo i report dei servizi di sicurezza rumeni, un centinaio di influencer su Tik Tok, che potevano raggiungere un totale di otto milioni di followers, si sono esposti a favore del filorusso perché finanziati. A pompare soldi nei loro conti bancari, in un’operazione che in totale sarebbe costata oltre un milione di euro, per la polizia è stato il programmatore Bogdan Peschir, nome in codice Bogpr. Era sua una delle case perquisite nelle ultime ore nella città di Brasov, Romania centrale, insieme ad altre abitazioni collegate all’indagine per reati di corruzione, riciclaggio, frode informatica.
L’uomo che si nascondeva dietro il nickname Bogpr ha versato oltre trecentottanta mila dollari tra ottobre e novembre scorso ad utenti che hanno supportato e promosso Georgescu ed è stata la stessa piattaforma digitale a confermarlo. “Il mio sostegno per Georgescu è completamente volontario”, la scelta non è “immorale” ha scritto in uno dei suoi ultimi messaggi sui social Peschir: “Anche Elon Musk ha sostenuto la campagna di Trump in Usa con più di cento milioni di dollari”. Si legge in una nota del ministero degli Interni che il picco di visibilità dei video incriminati ha cominciato ad aumentare il 13 novembre: presto sono diventati alcuni dei contenuti più visti in Romania e hanno raggiunto decine di milioni di visualizzazioni nei giorni successivi. Alcuni account che diffondevano i video, scrivono i media rumeni, erano gli stessi che avevano pubblicizzato il candidato filorusso in Moldavia alle ultime elezioni.
Secondo uno dei report dell’intelligence sottoposti alla Corte anche l’infrastruttura elettorale rumena è stata bersagliata da oltre 80 mila cyberattacchi; gli hacker hanno tentato di sfruttare le vulnerabilità del sistema informatico per manipolare il risultato del voto. Il documento che denuncia minacce e modus operandi degli hacker, non attribuisce a un attore statale particolare l’origine dell’attacco, partito apparentemente da oltre trenta Paesi diversi.
In manette è finito anche Horatiu Potra, ex membro della Legione straniera e sostenitore di Georgescu: in casa aveva pistole e coltelli. Aveva affittato, insieme ad alcuni complici, stanze in hotel di Bucarest per partecipare alle proteste (che però non sono scoppiate) dopo l’annullamento del voto.