il Fatto Quotidiano, 9 dicembre 2024
46.747 vaffa a Grillo. L’elevato scende dalle stelle
La caduta del garante, l’ultima statua del Movimento dei vecchi tempi che viene giù. Il parricidio, definitivo. Nel voto bis invocato proprio da lui, da Beppe Grillo, gli iscritti ai Cinque Stelle indicano la porta al fondatore, con numeri perfino superiori alla consultazione di novembre, quando alla Costituente avevano votato 54mila dei quasi 90 mila attivisti, ossia il 61,23 per cento. Ieri sera i votanti hanno toccato il 64,90 per cento, per un totale di 58.029 iscritti. E di questi 46747 hanno detto sì alla cancellazione del garante: l’80,55 dei partecipanti, a fronte del 63 per cento della scorsa volta. Tradotto, quasi i due terzi della base non sono “andati a funghi”, come aveva provato a esortarli Grillo nel video di martedì scorso. E il quorum della maggioranza assoluta è stato superato di netto. Non ha pagato la guerriglia del fondatore, con il filmato in cui celebrava la morte del suo Movimento guidando un carro funebre, e con la lettera alla segretaria del Pd, Elly Schlein, in cui la invitava a prendere nel suo partito l’avvocato, perché tanto “in questi anni ha già travasato nel Pd milioni di voti del Movimento”. Divertente, ma inutile nel duello con l’ex premier.
Perché ha stravinto lui, Conte, che in tarda serata in un post celebra “l’onda dirompente del M5S che ha rivotato in massa, una comunità dove tutti contano davvero”. E assicura: “Ora si volta pagina, il Movimento si rifonda sulle indicazioni degli iscritti nella Costituente e adesso abbiamo tante battaglie da fare tutti assieme per cambiare il Paese”. Oggi alle 16 commenterà i dati definitivi, in una diretta sui suoi social in cui dovrebbe soffermarsi sul prossimo futuro del M5S. Comunque a uno snodo storico, dopo il voto bis sulle modifiche statutarie chiesto da Grillo, grazie a una prerogativa che si era riservata proprio nello statuto. Ma i suoi attacchi all’ex premier hanno compattato i contiani. Così, ecco l’addio al padre politico e alla sua carica vitalizia. Con conseguenze innanzitutto pratiche, perché ora i suoi notevoli poteri dovranno essere affidati a “un nuovo organo collegiale appositamente eletto”, così come confermato dagli iscritti ieri con 22.523 voti. Ma non sarà l’unico effetto pratico. Ad esempio l’attuale tesoriere del Movimento è l’ex deputato Claudio Cominardi, vicino a Grillo. Nella precedente formula dello statuto era eletto dall’assemblea “su proposta del garante, d’intesa con il presidente”, cioè con Conte. Nella difficilissima trattativa dell’estate 2021, Grillo volle per quel ruolo un uomo di sua stretta fiducia. Ma da ieri sera il garante non c’è più. E il tema del tesoriere potrebbe porsi. Però le principali ricadute saranno politiche. Perché ormai Conte è leader assoluto, avendo sconfitto l’ultimo avversario interno di peso. Dopo Davide Casaleggio – “salutato” dopo un laborioso accordo economico e legale – e Luigi Di Maio – auto-esclusosi con la scissione del 2022 – l’avvocato si è liberato anche di Grillo.
Non si piacevano per nulla, i due, anche se era stato l’ormai ex garante a chiedere a Conte di prendere la guida del M5S che sembrava alla deriva, nel febbraio 2021. E nelle scorse ore l’ex premier lo ha ricordato: “Mi pregò lui di scendere in campo, e io ci pensai due – tre mesi perché ero consapevole dei nodi irrisolti, a partire dal suo ruolo di garante”. Diversi anni dopo, è naturale chiedersi se Grillo passerà dalle scaramucce alla battaglia legale. Dal suo fronte continuano a giurare che contesterà l’uso del simbolo in tribunale. E che potrebbe mettere in dubbio la validità della Costituente, contestando il taglio di quasi 90mila iscritti perché inattivi sulla piattaforma. E la scissione? Martedì scorso il fondatore aveva promesso per il Movimento “un decorso meraviglioso”. Ma le truppe per una cosa grillina scarseggiano. Sabato si è tirata fuori anche Virginia Raggi, che pure è in ottimi rapporti con il fu garante, smentendo come “false” le ricostruzioni che l’avevano coinvolta in “cordate o tavolate”.
Ora Grillo potrebbe ripiegare su un’associazione. L’ultima ridotta, dopo aver perso uno scontro politico che Conte non voleva certo evitare e che il fondatore, ingenuamente, ha agevolato. Incapace di giocare una partita congressuale nella Costituente – costruendo una minoranza – e forse sopravvalutando il suo consenso residuo, ha solo posto paletti e scagliato strali contro una rifondazione che sembrava inevitabile. Ciò che voleva Conte. Il vincitore, che con Grillo perde l’ultimo ostacolo. Ma anche un alibi, per ciò che non riusciva a fare.