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 2024  dicembre 09 Lunedì calendario

L’asse del male è finito il 7 ottobre

Il mondo è cambiato con la caduta di Assad, non solo il Medioriente. La ragione sta in un subitaneo crollo delle tessere del domino dell’asse del Male l’una sull’altra, in un movimento continuo che arriva a toccare Mosca, chiede risposte dall’Occidente, dal lontano Oriente, dall’Africa. I malvagi uno a uno perdono, e allora forse non è tempo di cambiare strategia, di puntare alto, un po’ per tutti? I leader degli assassini, i terroristi di Hamas (come Sinwar) e di Hezbollah, (come Nasrallah) sono stati uccisi. Assad, il dittatore che ha ucciso col gas mezzo milione dei suoi cittadini, è fuggito. Quale che sia il futuro, oggi il «cerchio di fuoco» che pareva guidare la danza è all’angolo; i grandi capi sono stupefatti e dolenti, in particolare gli ayatollah e Putin. Vero, un dittatore, il turco Erdogan, vive un momento di felici aspettative perché i sunniti, che in Siria sono il 70 per cento, guidati da Hayat Tahrir al Sham e dal suo amico al Jolani, creano spazio per i suoi disegni espansionisti. Ma in Siria i curdi che occupano il 40 per cento del territorio non intendono accettare che il loro peggiore nemico dilaghi, e forse al Jolani, che si esprime in maniera cauta, vuole rafforzare il suo potere.
La grande giungla non è diventata un boschetto. Ma questo fa parte della storia del Medioriente e Israele, dopo aver bombardato un paio di depositi e fabbriche di armi di distruzione di massa (gas Sarin e altro) e aver stanziato per la prima volta dal ’67 qualche carro armato nella zona cuscinetto del Monte Hermon, dalla parte siriana, è consapevole che i nuovi padroni non sono amanti di Sion.
La storia è stata fra le più concitate possibile, un regime pronto a tutto da 53 anni è stato rovesciato in poche ore, e quasi senza violenza.
Ma l’inizio della fine del cerchio di fuoco che ieri ha subito l’ultimo colpo, è il 7 di ottobre 2023. Quando dilagò l’orrore, con cui Hamas si illuse di poter fare a pezzi lo Stato di Israele. Doveva essere la fine dello Stato ebraico, il grande piano congegnato con la leadership iraniana: gli Hezbollah invincibili, superattrezzati con 250mila missili; con loro l’Irak e gli Houthi, e a guardia della Siria – da cui passano tutte le armi iraniane – la Russia di Putin con gli Hezbollah.
Solo due giorni fa a Doha la Russia, l’Iran e la Turchia sedevano con cinque Stati arabi e già si intravedeva l’imminente ribaltone. Il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, nervoso e stravolto, ha raccontato di aver chiesto invano più volte all’Irak di intervenire in Siria; il ministro degli Esteri di Mosca, Sergej Lavrov, si era spazientito col giornalista di Al Jazeera, «reo» di avergli chiesto come sarebbe finita con il porto di Tartus o l’aeroporto di Hmeimim, da cui la Russia tiene il Medioriente per il collo. Lavrov aveva risposto seccato: «Insomma, vuoi che ti dica che abbiamo perso!». Senza contare l’Ucraina, dove per altro è in crisi il rapporto con l’Iran basato sui droni contro Israele e contro Zelensky.
Ambedue hanno perso tanti miliardi e tempo a Gaza, a Beirut, a Damasco.
L’Iran teme, raccontano adesso da Teheran in molti, che la sua sconfitta si trasformi in un rovesciamento del regime; potrebbe avere una crisi isterica e passare alla bomba atomica, anche se l’attacco del 26 ottobre dei cento F35 lo ha lasciato quasi senza missili balistici e sistemi di difesa. E i suoi Hezbollah dopo il fantasmagorico attacco dei cercapersone e poi la fine dell’invincibile Nasrallah, sono l’ombra di se stessi. Israele ha sconfitto l’asse del Male. È chiaro che l’ecatombe sciita ora fa posto ai sunniti, che contano anche le peggiori organizzazioni terroriste.
Hanno l’appoggio di Erdogan. Ma il fattore Trump, per cui Putin e Khamenei hanno lasciato perdere Assad, può avere un suo riflesso speculare sulla parte sunnita, più esplicitamente interessata, in alcune componenti, a un rapporto con gli Usa e anche con Israele. Inoltre Israele ha imparato la lezione: non tornerà al 6 ottobre. L’Iran battuto e spaventato non è diverso dalla vecchia entità fanatica e violenta che marciava vittoriosa: Israele deve tener presente come primo fronte quello della bomba atomica.
Da una parte ha di fronte al Jolani, da verificare, e Erdogan che potrebbe anche giocare il ruolo di domatore degli estremisti. Dall’altro Khamenei, che certo sta già progettando la puntata nucleare della guerra contro Israele e l’Occidente.