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 2024  dicembre 09 Lunedì calendario

La passione per il cinema di Francesco Guccini

Sicuramente, il fatto che l’incontro si svolgesse a Porretta Terme, a due passi dal suo buen ritiro di Pavana, è stato decisivo per convincere Francesco Guccini a partecipare a un incontro pubblico nel quale raccontare cosa pensa del cinema. Ma ha avuto un ruolo importante anche la natura del festival di Porretta Terme, un festival che negli anni Sessanta era il tempio del cinema controcorrente (ospitò le prime proiezioni di Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, prima del sequestro che lo tenne bloccato per parecchio tempo, e di La classe operaia va in paradiso di Elio Petri, che dopo la proiezione a Porretta trionferà a Cannes, nientemeno) e che un gruppo di giovani appassionati ha riportato ultimamente ai vecchi splendori. Sta di fatto che Guccini arriva in un’aula gremita e stupisce tutti presentandosi con un verso del Petrarca, «Movesi il vecchierel canuto et biancho», e ironizzando su un montaggio che vede raccolte le sue apparizioni come attore (per le commedie di Leonardo Pieraccioni, ma anche in Radiofreccia di Ligabue e in Ormai è fatta di Enzo Monteleone, dove è un vecchio anarchico fedele ai suoi ideali che si contrappone a un figlio che compie rapine per fare la bella vita). «Pieraccioni è il regista con cui mi sono divertito di più, ma è soprattutto colui che mi ha fatto dimenticare la noia del set cinematografico, dove stai in attesa per delle ore e poi giri un minuto, e poi ci sono i controcampi, e alla fine sei sfinito senza aver fatto quasi niente».Ma il vecchio leone mostra subito gli artigli presentando il primo film da lui selezionato per raccontare i suoi gusti di cinema: «Casablanca di Michael Curtiz è soprattutto un melodramma, una romantica impossibile storia d’amore tra Ingrid Bergman e Humphrey Bogart, una canzone – As Time Goes By – che non è bellissima ma è molto evocativa. Fu un film fatto dalla Warner perché tutti all’epoca dovevano fare un film di propaganda, gli Stati Uniti erano in guerra. Ma è anche, e soprattutto, un film antifascista. Nel doppiaggio italiano i fascisti sono scomparsi, sono rimasti solo i nazisti, ma erano alleati tra di loro e sono stati sconfitti. Per sempre».Subito dopo scorrono le immagini di I sette samurai e di I magnifici sette, il primo è un film giapponese di Akira Kurosawa, il secondo un western di John Sturges «con un cast straordinario, Steve McQueen, Yul Brynner, James Coburn, Charles Bronson e il da sempre sottovalutato Horst Buchholz. Lo so, il soggetto è uguale, ma i film mi piacciono entrambi per motivi diversi. Il primo smentisce l’urlo di Fantozzi che tutti abbiamo condiviso rispetto a certi noiosissimi film d’autore, perché I sette samurai è un capolavoro vero, lo si può vedere mille volte senza noia. I magnifici sette è un western, il West è una componente fondamentale per la cultura della mia generazione, lo è stato nel cinema così come nei fumetti, la conquista della frontiera ci ha fatto sognare».La passione per il cinema è qualcosa che ha scandito la giovinezza di Francesco Guccini. «Ricordo perfettamente un signore che girava nelle mie valli con un proiettore smontabile e aspettava che il treno portasse la pellicola che poi avrebbe proiettato. Ricordo con piacere la nube di fumo che si levava nelle sale e che si scontrava con il fascio di luce del proiettore creando un effetto fantastico. Io non avevo neanche i soldi per le sigarette, il fumo passivo era quasi un ripiego anche perché quando ho chiesto a un mio amico una sigaretta lui me l’ha data perché il film era a una svolta cruciale e capiva il mio desiderio di concentrarmi, ma soggiunse minaccioso che era solo un prestito, che il giorno dopo avrei dovuto restituirla...».Qualche scelta si veste poi di una polemica sottile ma convinta. «Perché ho scelto tra i miei film preferiti L’albero degli zoccoli di Ermanno Olmi? Per un semplice motivo. La vita contadina mi affascina molto, fa parte delle mia formazione, sono “quei legami che ti senti dentro” per citare una mia canzone. Ebbene, Olmi con quel film ha dimostrato di conoscerla bene e di rispettarla. Poco prima Bernardo Bertolucci aveva fatto Novecento, il suo kolossal. Non entro nel merito del film, ma certamente i contadini non vivevano come lui li racconta, è lo sguardo di un borghese che racconta una vita che non conosce, che non gli appartiene. Poi il film vuole raccontare altro, ma a me questo elemento è rimasto molto impresso».«E poi c’è Robin Williams, uno degli attori più grandi che io abbia mai visto al cinema. L’attimo fuggente è un film che mi ha fatto molto pensare a quando anche io insegnavo, ero un docente di italiano per studenti stranieri. Tutto il discorso sul metodo, gli obiettivi, i sogni, la serietà dell’impegno, le motivazioni che ti spingono a studiare seriamente le condivido, parola per parola. E Williams con i suoi dubbi e la sua forza, le sue incertezze e la sua determinazione, ha insegnato che queste cose possono convivere. E lui era bravissimo, magnetico».