La Stampa, 9 dicembre 2024
Gianni Morandi sta preparando la festa per gli 80 anni
«Sai cosa ho fatto il 16 agosto del 1962?». «No, Gianni, cos’hai fatto?». «Ho fatto l’amore, per la prima volta». «E cosa ricordi?». «La schiena piena di zanzare». Ride, come solo lui sa ridere. Generoso, avvolgente, trascinante. Autentico e discolo, vero e vivace. Un patrimonio di storia, di musica e di popolarità; un patrimonio condiviso – dai palchi ai social, dai vinili ai post; un patrimonio di tutti, non solo perché a tutti sa parlare ma perché con tutti si fermerebbe a parlare. Gianni Morandi compie 80 anni il prossimo 11 dicembre, e taglia il traguardo a suo modo, da corridore quale è: con il giusto passo, con uno sguardo rapido al tempo trascorso, con un’esultanza sobria, poiché il pensiero è già alla prossima sfida. «Sai cosa ho fatto il 16 agosto del 1962?». In questa domanda – spiazzante, fulminea, scanzonata – c’è tutto Gianni: quello delle date, dei numeri, degli avvenimenti. Di pezzi di un vissuto ricchissimo, la trama di una docuserie lunga 80 stagioni. C’è il Gianni che in testa ha il diario dettagliato dell’intera sua carriera; il Gianni che durante i concerti riesce a calcolare quanti spettatori ci sono; il Gianni che conosce chilometraggio e nome di ogni area di servizio autostradale; il Gianni che se t’incontra per la seconda volta nella sua vita si ricorda di te perché – ed è questa la sua meraviglia – è d’istinto interessato a te. S’intitola L’attrazione l’ultimo suo pezzo – scritto dall’amico Lorenzo Jovanotti. E non poteva esserci titolo migliore per fotografare gli 80 anni di uomo che ha fatto dell’attrazione la linfa vitale: attrazione come energia, come entusiasmo, come talento; ma attrazione anche come rispetto per il pubblico, anche se per lui il pubblico in quanto entità astratta quasi non esiste: per lui esiste la somma di ogni singolo spettatore. Da soddisfare, intrattenere, divertire. Da emozionare e da trascinare. L’attrazione come rispetto viscerale verso ogni fan. «La prima volta che sono salito sul palco è stato il 20 aprile del 1958, alla Casa del Popolo di Alfonsine – altra data indimenticabile – Pantaloncini corti, faccia da ragazzino, voce ancora da bambino: insieme al sax era l’altra attrazione, quando bisognava fare colpo su qualche impresario e animare un po’ la serata ci buttavano sul palco. Ed è così che ho guadagnato le prime lire».«Sono più vecchio della tv, ma più giovane della radio», scherza di sé Gianni Morandi, sentirlo parlare è davvero come sfogliare un libro vivente sull’evolversi della nostra società e del nostro spettacolo. Un’infilata di prime volte di chi – di fatto – da quel palco non è mai più sceso, vendendo oltre 50 milioni di dischi nel mondo. E non nasconde un velo di commozione nel rievocare il primo ingaggio in una band costruita attorno a lui, i primi concerti estivi a Bellaria (proprio sotto alla finestra della nonna di Raffaella Carrà), il primo incontro con Mina – il 1° maggio del 1960 – nel sottoscala di una balera nel piacentino, i primi provini a Roma, il primo singolo di successo – Andavo ai cento all’ora – la prima apparizione televisiva, la prima partecipazione a Canzonissima, la prima volta al Festival di Sanremo, la prima volta al cinema, al teatro, in radio…. Così come non nasconde gli occhi lucidi nel ricordare gli amati genitori, la morte della figlia – proprio lo stesso giorno in cui doveva giocarsi la finale di Canzonissima con Claudio Villa – gli anni bui in cui si sentiva oramai dimenticato, il periodo al Conservatorio per cercare altre opportunità, la scomparsa di Lucio Dalla, l’incidente di pochi anni fa con l’ustione alle mani e l’umore soffocato da quei tizzoni ardenti. Ma l’attrazione è stata più forte: la vitalità di Gianni Morandi – anche dopo gli interventi, la riabilitazione, quelle corde di chitarra che non riusciva più a suonare – sotto quelle braci era più accesa che mai. Bastava soffiare: una nuova canzone – sempre grazie a Jovanotti – l’affetto delle persone, le foto di Anna, l’utilizzo – furbo, moderno, ironico – dei social, l’intelligenza di non vivere da eterno ragazzo ma di viversi eternamente nel presente. Da eterno innamorato quello sì: della moglie, dei figli, dei nipoti; delle querce che periodicamente pianta dietro a casa sua nell’attesa di vederle crescere, del suo Bologna, degli amici con cui ritrovarsi settimanalmente a giocare a carte, dei colleghi e degli artisti emergenti. E poi della gente! Ed è lì il DNA dell’attrazione, di quel Gianni Morandi che comunque e ovunque scambia quattro chiacchiere con tutti, che non solo accetta di fare un selfie ma – se non è venuto bene – ti chiede di rifarlo e ti spiega anche come metterti nella posa migliore; che se gli domandi un autografo lui te lo fa, ma poi vuole sapere «chi sei, che fai e come stai?». Perché Gianni è così. È attratto dalle persone. È attratto dalle situazioni. È attratto dal prendersi cura delle cose, che sia il suo giardino – dove ancora lo trovi a bruciare qualche foglia secca – o che sua la giusta intenzione del nuovo brano da incidere – che ripete mille volte davanti a quel microfono fino a quando non trova la perfezione. «Gianni, cosa ti regali per i tuoi 80 anni?». «Mah, in verità sto già pensando agli 81: ho un sacco di cose fa fare». Proprio perché – parafrasando L’attrazione – non solo la distanza, ma anche il tempo, in fondo è solo un’illusione.