La Stampa, 9 dicembre 2024
Il proclama di Al-Joulani
Un copione già visto. Conquista, fuga, occupazione e proclamazione. Come se il tempo si fosse fermato a dieci anni e qualche mese fa, alla moschea di Al-Nouri a Mosul, Iraq. Il leader di Hayat Tahrir al-Sham (Hts), Abu Mohammed al-Joulani (vero nome Ahmed al-Sharaa) giunge a Damasco dopo la “liberazione”, ovvero la presa della capitale siriana. «Si è prostrato e ha baciato la terra» davanti alla celebre moschea degli Omayyadi a Damasco. La caduta del regime di Bashar al-Assad è «una vittoria per la nazione islamica. Questo nuovo trionfo, fratelli miei, segna un nuovo capitolo nella storia della regione», dice. La Siria è stata un «parco giochi per le ambizioni iraniane, diffondendo settarismo e fomentando corruzione», aggiunge nella sua prima apparizione pubblica dopo la caduta del regime, parlando nella moschea degli Omayyadi.L’Iran e il suo rappresentante Hezbollah erano sostenitori chiave del governo di Assad, prosegue sottolineando – secondo quanto riportano i media internazionali – che «questa è una nazione che, se i suoi diritti vengono violati, continuerà a pretenderli finché non saranno ripristinati: ho lasciato questa terra più di 20 anni fa e il mio cuore desiderava ardentemente questo momento». Afferma che la Siria cesserà di essere base del narcotraffico di Captagon, le ormai celebri pasticche di anfetamine tanto richieste nei paesi arabi del Golfo e prodotte in parte nella Siria in guerra. «Il dittatore (Bashar al Assad) ha lasciato che la Siria diventasse la base del Captagon – profetizza –. Ma adesso la Siria volta questa pagina». Poi va in onda sulla tv di Stato siriana, il primo telegiornale dell’era post-Assad. Ma il formato e i toni hanno ricordato a molti il modello dei tg trasmessi per decenni dalla stessa emittente di regime: l’edizione si apre con un’ovazione ad Abu Mohammed al-Joulani, leader degli insorti e presentato come il «comandante generale» (qaid amm). Il suo volto e la bandiera a tre stelle (per distinguerla dal tricolore a due stelle) sono affiancati a un’infografica in pieno stille baathista in cui si mostravano in sovrimpressione alcuni estratti delle sue dichiarazioni odierne.Capelli corti, barba curata, l’uniforme verde senza orpelli: assomigliava più a Fidel Castro che a Osama bin Laden, Al-Joulani, una maschera per giocare il ruolo del leader delle masse represse di stampo socialista, nonostante la sua storia targata Jihad.Ex affiliato di Al-Zarqawi, che non ha mai conosciuto ma di cui ha frequentato gli ambienti, ex compagno di prigionia di Abu Bakr al-Baghdadi e jihadista non pentito, non ha lesinato messaggi edulcorati e concilianti su una “governance” nel rispetto di tutte le diversità, di religione, razza e genere. E mentre cerca di consolidare il controllo di Aleppo, con l’amministrazione del “Governo della Salvezza” istituito nell’enclave nord-occidentale, sembra avallare la nomina di un cristiano a governatore della seconda città siriana. Nato nel 1982 a Riad, in Arabia Saudita, Al-Joulani è cresciuto a Mezzeh, un sobborgo di Damasco dopo il ritorno del padre in Siria, in passato finito nelle galere degli Assad e poi scarcerato.Al-Joulani si sarebbe avvicinato al radicalismo islamico dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 targati al Qaeda, che nella mente di quel 19enne evocavano ammirazione per lo sceicco del terrore Bin Laden. Non passa molto tempo e si unisce all’insurrezione in Iraq dopo l’invasione americana del 2003: milita nelle file di al Qaeda, all’epoca guidata dal macellaio Abu Musab al-Zarqawi, che però non conosce mai. Sceglie Joulani come nome di battaglia ispirandosi alle sue radici, il nonno era originario delle alture del Golan poi occupate da Israele.Gli americani lo catturano nel 2006: una condanna a cinque anni di carcere gli impedisce di fare carriera nell’organizzazione, ritenuta da molti quella che ha ispirato la nascita dell’Isis. Nel 2011 scoppia la Primavera araba che presto infiamma anche la Siria di Bashar al-Assad: Al-Joulani torna in patria e nel 2013 fonda il Fronte al Nusra, la branca di al Qaeda nella rivolta siriana, poi il litigio col vecchio compare Al-Baghdadi e il colpo di mano contro i padrini di al Qaeda con la nascita di Hts nel 2017. Infine, il camaleontico “dress code” da jihadista per bene. Un copione già visto coi talebani 2.0 della ripresa di Kabul.