la Repubblica, 9 dicembre 2024
La storia cammina sulla via di Damasco
Ancora una volta Damasco, la città dei giardini, dei fiumi, dei profumi e dei canti è caduta. Ancora una volta, riecheggiano minacciose le parole del profeta Isaia (XVII 1-4): «Ecco, Damasco sarà eliminata dal numero delle città, diverrà un cumulo di rovine. / Le sue borgate saranno abbandonate per sempre; saranno pascolo dei greggi / che vi riposeranno senza esserne scacciati». È successo molte volte nella sua storia e sempre la città ha saputo rialzarsi e ricominciare. Potremmo anzi affermare che una millenaria catena di distruzioni e rinascite costituisca il carattere originale di Damasco: il suo nome compare per la prima volta nelle tavolette dell’archivio faraonico di Amarna proprio in connessione con la sua conquista da parte di Tuthmosis III, nel XV secolo a.C., e tuttavia, quattro secoli dopo, la ritroviamo come fiorente capitale del paese di Aram, al centro di una vasta rete commerciale che si dispiega tra il Mediterraneo e l’Arabia meridionale.Sottomessa da David, si libera durante il regno di Salomone e torna a essere indipendente. Nel 732 a. C. è occupata dagli Assiri: il regno di Aram è perduto e Damasco si riduce a gravitare nell’orbita dei Babilonesi e poi della dinastia persiana degli Achemenidi, che le restituiscono gran parte dello splendore perduto. La conquista dell’impero persiano da parte di Alessandro Magno mette per la prima volta in contatto la città con il mondo occidentale: durante il governo dei successori del Macedone, la cultura greca si innesta sul sottofondo arameo, venendo a costituire una sintesi straordinaria che caratterizzerà la città per tutta l’epoca ellenistica, romana e bizantina.Nel corso dei quasi dieci secoli di dominio greco-romano Damasco dovette cedere ad Antiochia il primato politico, ma i Romani vi costruirono il grande tempio di Zeus (sulle rovine dell’antico santuario dedicato ad Hadad, il dio arameo della tempesta) e ne fecero un importantissimo centro commerciale, trasformandola in uno dei agglomerati urbani più sviluppati di tutto l’impero romano d’Oriente. Nel periodo bizantino, una nuova metamorfosi: la città diventa un avamposto militare contro le mire espansionistiche della nuova dinastia persiana dei Sasanidi.Nel frattempo, era comparso il Cristianesimo: folgorato sulla via di Damasco, Paolo di Tarso si converte, è battezzato dal vescovo Anania in un luogo che ancora oggi è possibile visitare presso le mura orientali della Città Vecchia e dà inizio alla sua missione evangelizzatrice. Alla fine del IV secolo, sotto l’imperatore Teodosio, il tempio di Zeus è mutato nella chiesa dedicata a Giovanni Battista, dove secondo la tradizione si conservava, come preziosissima reliquia, la testa delsanto, decapitato per ordine di Erode. Espugnata dai Sasanidi nel 612 d. C., torna in mani bizantine sedici anni più tardi. Subito dopo la morte del Profeta Muhammad (632), le truppeislamiche, per ordine del califfo Abu Bakr (632-634), si riversano sulla Siria bizantina. Nell’autunno del 633, tre colonne di circa tremila uomini ognuna lasciano l’Hijaz dirette verso ilNord. I primi scontri con le forze bizantine si ebbero nel febbraio del 634 nella Palestina meridionale. L’imperatore Eraclio inviò allora da Emesa un esercito agli ordini del fratello Teodoro, ma alle sue spalle comparve improvvisamente un nuovo contingente arabo guidato dal geniale condottiero Khalid ibn al-Walid. Quest’ultimo, per tutto il mese di aprile del 634, aveva condotto le sue truppe a marce forzate nel deserto ed era giunto presso Damasco il giorno di Pasqua, ricongiungendosi con le altre milizie arabe per poi contrattaccare ad Ajnadayn, sulla via da Gaza a Gerusalemme. Qui, il 30 luglio 634, gli Arabi misero in rotta i Bizantini. Da questo momento in poi, Damasco diviene a tutti gli effetti uno dei nuclei fondamentali del nuovo impero islamico.Circa trent’anni dopo, la dinastia califfale degli Umayyadi la sceglie come capitale. Tra il 705 e il 715 il califfo al-Walid, sul sito precedentemente occupato dal tempio pagano e dalla chiesa di San Giovanni, vi costruisce la splendida moschea degli Umayyadi, una delle meraviglie dell’architettura islamica. Ma, ancora una volta, è il tempo del declino: dopo la caduta degli Umayyadi (750), gli Abbasidi, i nuovi dominatori del mondo islamico, spostano la capitale a Baghdad e per Damasco inizia una lunga decadenza, un interminabile periodo oscuro che vede succedersi dinastie diverse per le quali la città resta sempre ai margini del progetto politico.Nel 1516, Damasco apre le porte al sultano Selim I: il dominio ottomano durerà per quattro secoli, riducendo la città all’ombra di sé stessa. L’ultima immagine della città che la grande storia ci offre, prima di sconfinare nell’attualità, è quella di Lawrence d’Arabia che entra a Damasco nell’ottobre del 1918: l’inizio della fine del sogno di libertà del popolo arabo che lui stesso aveva contribuito a suscitare. Con la presa di Damasco, infatti, si conclude la “rivolta del deserto”, la Guerra Arabo-Turca di cui Lawrence era stato protagonista a fianco dei ribelli arabi, il cui epilogo sarà l’accordo Sykes-Picot, firmato segretamente già nel 1916, accordo che divideva il Medio Oriente in due aree di influenza coloniale, una francese e una britannica, in aperta contraddizione con le promesse fatte ai leader arabi della rivolta. In base a questo famigerato trattato, svelato al mondo dai Bolscevichi, la Siria venne assegnata a un mandato coloniale francese e il tentativo di creare un regno arabo di Siria (1918-1920) fu represso nel sangue.La Siria ottenne l’indipendenza solo nel 1946: dopo dodici secoli, Damasco tornava a essere capitale di uno Stato, ma il peso del tradimento della rivolta araba e della creazione coloniale del Medio Oriente contemporaneo continua ancora oggi a condizionare irrimediabilmente la storia del mondo arabo. Il sogno di Lawrence si è trasformato in un incubo a cui non sarà facile mettere fine.