Corriere della Sera, 9 dicembre 2024
Ode all’Ape Piaggio
In principio era la Vespa e la Vespa, certo, non era Dio. Provvidenziale, questo sì. Un colpo di genio firmato Corradino D’Ascanio per permettere agli italiani, addirittura alle italiane, di muoversi in libertà ed economia tra gli affanni da dopoguerra. Era il 1946. L’Ape comparve due anni dopo. Piaggio, stessa famiglia. Una ruota più della Vespa, una in meno di una automobile. Totale: tre. Abbastanza per trasformare questo motocarro in uno spartano, formidabile compagno di viaggio, di lavoro, di divertimento, accessibile, affidabile, in gamba. Da allora per sempre, cosa importa se hanno smesso di fabbricarlo da noi, se continueranno a costruirlo in India dove sgobba, trasporta cose e persone come un mulo o un taxi metropolitano.
Basta una deviazione piccola, uno svincolo autostradale: eccolo lì. In mano a contadini indaffarati, arruffati, abituati a vivere in simbiosi con il loro fedelissimo socio. Legna da ardere e sacchi di cemento; mattoni, pecore, cani. Un via vai incessante, soprattutto lungo l’Appennino dove l’Ape –pare una abbreviazione- ronza in pianta stabile, continua a fare la sua parte tra provinciali asfaltate, strade bianche e sentierini. Un mezzo capace di tutto, pronto a tutto. Versatile, multiuso. Talmente presente da alimentare la memoria ad ogni visione per ricordarci una storia cara e nostra, per collegare il come eravamo al come siamo.
Agricoltori e artigiani, meccanici e postini. Insomma, gente che lavora, con qualche guizzo trasgressivo come da precoci e leggendari capitoli della storia di Valentino Rossi che sull’Apecar diede i primi esami da “Dottore”, con tanto di vigili urbani al seguito lungo i colli di Tavullia. Per non dire dei patiti del raid, dal Portogallo a Pechino dormendo nel cassone col caldo, col freddo che fa.
È la campagna il suo ambiente naturale. Eppure, in viaggio ancora oggi, dentro la città. Mercati e negozi, in mezzo al traffico, agile e smilzo com’è. Disposto a trasformarsi in una bancarella, attrezzato a mini-pub, carico di gelati, vestiti per bambini, abiti vintage. Basta un anfratto, uno spicchio di piazza ed è fatta. Colorato, spalancato ed attraente. Un oggetto alla moda. Il fatto è che di moda, l’Ape, lo è da sempre, sempre resterà. Le sue forme squadrate, aerodinamiche mica tanto, hanno raccolto troppi sogni, una quantità di desideri. Un veicolo ai minimi termini, perfetto per immaginare un’impresa, un’avventura, il gioco connesso al viaggio. Insomma, un totem a motore. Attorno al quale possono raccogliersi generazioni diverse, disposte a condividere ricordi e fantasie senza tempo. Anche perché l’Ape, a furia di frequentarci, ha perso i documenti, ogni dato anagrafico. Un riferimento inconfondibile, una star che non invecchia. A differenza dei film amati, epoca dopo epoca, da ciascuno di noi.