Corriere della Sera, 9 dicembre 2024
Fabrizio Frizzi, raccontato dal fratello Fabio
Il primo ricordo di Fabrizio.
«Quando è nato, il 5 febbraio 1958. Avevo sei anni e mezzo e per un po’ ho creduto che a mamma fosse venuta la pancia perché aveva mangiato troppo. Poi un giorno mi dissero che sarebbe arrivata una sorellina».
Ops.
Fabio Frizzi ride. E la risata – come la voce – è la stessa, inconfondibile. Musicista e compositore di colonne sonore (Fantozzi, Febbre da cavallo, Zombi, La Mandrakata) è il fratello maggiore di Fabrizio, l’amatissimo conduttore tv, scomparso il 26 marzo 2018, per emorragia cerebrale, a 60 anni. («Eppure lo sento ancora qui con me, mi aspetto di vederlo entrare da un momento all’altro e sedersi accanto a lei»).
Invece era un maschietto.
«Quella mattina faceva freddo. I miei genitori uscirono di fretta, lasciandomi con nonna Adele e zia Adriana, detta Bobo, che abitavano con noi. Mi misero nel lettone e da quello capii che stava per succedere qualcosa di importante. Più tardi papà tornò a prendermi e mi portò alla clinica Villa Stuart. Davanti al vetro della nursery mi spiegò: “Quello lì è il tuo fratellino”. “Ma non era una femmina?”. “Se vuoi lo cambiamo”. “No dai, è carino, teniamoci lui”».
Gli faceva da babysitter.
«Ogni tanto me lo affidavano. Un pomeriggio, Fabri avrà avuto un anno, decisi di rendermi utile stirando i suoi pannolini di stoffa. Lo avevo messo su una seggiolina. Cadde e si fece un grosso bernoccolo sulla fronte. Non fui sgridato ma ero molto avvilito».
Una stanza per due.
«In stile svedese anni Cinquanta. Io ero molto disordinato, lui persino peggio, il suo era un caos scientifico. Anche da grande, lo schermo del suo pc era invaso di icone perché non buttava mai niente».
Facevate a botte.
«Ogni tanto. Tipico dei maschi. Ci piaceva sfidarci nella lotta, tirandoci dei gran pugni sulle spalle. O a braccio di ferro, con alterni successi. Fabri era fortissimo a ping pong, una bestia. Difficile batterlo».
Un mago a flipper.
«Lui ora le direbbe che era il più forte, ma anche lì ce le siamo date eh. La sfida serale poteva durare ore. Quanti cinquantini abbiamo speso al bar di Zì Fernando a Bassano Romano. Fabri era competitivo, voleva vincere pure a biglie».
Eravate ragazzi di un certo appetito, a casa Frizzi.
«Due mangioni, buone forchette. Mio fratello divorava tutto, a parte la trippa, di cui a casa eravamo tutti golosissimi. Finché un giorno mamma portò in tavola la zuppiera e Fabri si lanciò. “Posso assaggiarla?”. Scoprì che gli piaceva e da quel momento spazzolò anche quella. Tanto faceva atletica e restava sempre magro, lungo lungo e secco secco. Zia Bobo, geniale, lo chiamava “il parente più stretto”».
La prima vacanza da soli.
«Credo nel 1970. Partimmo io e lui con la Mini di mamma, destinazione Riccione. Ma il motore si ruppe all’altezza di Magliano Sabina».
Finì prima di cominciare.
«La cosa più complicata fu avvisare mamma e papà che ci aspettavano all’autogrill, non c’erano mica i telefonini».
Papà Fulvio, uomo di cinema, direttore generale della Cineriz, era severo.
«Avrebbe voluto due figli avvocati. Prendere un brutto voto a scuola era un guaio, mandavamo avanti mamma. Fabrizio se la cavava così: “Quando ti rimprovera, tu fai le facce, tipo Celentano”. Diventò un nostro tormentone».
La domenica dei Frizzi bros.
«Dopo pranzo, prima dell’abbiocco, suonavamo insieme. Papà si univa col mandolino. Il pezzo forte era Ho in mente te».
Le radio private.
«Io lavoravo già a Radio Antenna Musica, dopo il liceo si unì pure Fabri. Imitava chiunque, era forte. Del resto siamo cresciuti con Arbore e Boncompagni. Poi fu chiamato per un provino. Doveva fingere di presentare Lucio Battisti. Poco dopo entrò in Rai. Ci è rimasto fino alla fine».
Rita Dalla Chiesa.
«La incontrò a Pane e Marmellata. Un colpo di fulmine. È stata una delle presenze più importanti della sua vita».
Era contento della carriera che ha avuto?
«Certo, anche quando decise di non andare a Mediaset. Ebbe il coraggio di dire di no a Silvio Berlusconi che lo adorava. Fabrizio era una persona di grande onestà intellettuale. Fedele. Si sentiva un uomo Rai. Non sempre fu trattato come avrebbe meritato».
Cosa accadde?
«Dopo l’enorme successo di Miss Italia fu contestato da un grosso dirigente che dichiarò: “Sì, è andata bene però bisogna cambiare”. Per mio fratello fu una doccia fredda. Per un periodo venne dimenticato».
Ci restò male.
«Ha sofferto. Era un buono. Un limite, per qualcuno. Invece era un punto di forza».
L’amico Claudio Baglioni.
«Fabrizio era un grande conoscitore della musica italiana. Amava tantissimo Baglioni, lo cantava spesso. Andavano a cena insieme».
Pino Daniele.
«Pino era chiuso, con Fabri si apriva. E anche con lui erano grandi mangiate».
Passione per la velocità.
«Era un bravissimo pilota. Gli piaceva correre. Da ragazzi facevamo sfide di nascosto. Era uno dei pochi con cui mi fidavo ad andare in auto, potevo persino dormire».
Diede buca a Demi Moore.
«La ospitò in trasmissione, credo nel 1998. Pare che Demi provasse una certa simpatia».
Lo invitò a cena ma lui declinò, era impegnato. Il giorno più bello.
«Due su tutti. Quello delle mie nozze con Francesca. Ricordo ancora l’abbraccio forte di mio fratello».
L’altro?
«Quello del matrimonio di Fabrizio e Carlotta. Li ho visti davvero felici. Si pensa che la vita delle persone famose lo sia sempre. No. La quotidianità è fatta anche di dispiaceri, come dentini di una sega che ti mordono la pelle».
La paternità.
«Gli dicevo: “Saresti il padre ideale, hai proprio un carattere da papà. I miei figli lo adoravano. Per i due più piccoli si vestiva da Babbo Natale. Finché un giorno venne scoperto: “Ma tu sei zio Fabrizio!”. Sono fiero di avere avuto un fratello come lui».
Con la sua bimba Stella.
«Perdere un genitore meraviglioso come Fabri, un bel papone così, è stata una strozzatura importante nella sua vita. Stellina lo adora, anche adesso che non c’è più ha una venerazione per lui, Fabrizio è la sua leggenda».
La malattia.
«Quando ha capito che non si trattava soltanto di un giramento di testa, ha deciso di combattere».
E ha lottato.
«Anche nella fase più brutta, l’ha affrontata con orgoglio ed enorme dignità. Non si è perso d’animo. Un altro dei giorni più belli della sua vita è stato quando è tornato a lavorare, con i colleghi e gli amici che lo hanno accolto in studio. “Eccomi, io sono qua”».
Chi gli è stato più vicino?
«Antonella Clerici, una sorella, tra loro c’era un affetto epocale. E Carlo Conti, che lo adorava da sempre».
Se n’è andato.
«Vuole sapere come ho superato la perdita? Credo che i cinque sensi siano limitati. Ci sono tanti altri modi in cui si riesce a percepire la presenza di una persona amata. Come quando mi capita di ascoltare alla radio la canzone di Jovanotti che Fabri amava tanto: Le tasche piene di sassi. O quando rileggo i suoi ultimi WhatsApp sul cellulare, dal numero che non ho mai cancellato: “Ciao, ci vediamo dopo”. E lo sento ancora qui».