Corriere della Sera, 9 dicembre 2024
Francesco Emilio Borrelli preso a pugni in diretta social
Settembre 2020. «Quella volta ho pensato di morire». Francesco Emilio Borrelli è steso per terra davanti all’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli. Due donne hanno appena provato a torcergli il collo, per «staccarmi la testa». Con il cellulare stava denunciando in diretta social gli affari della camorra che ruotano intorno al pronto soccorso. «È stata l’aggressione più violenta mai ricevuta», confida il parlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra, uno dei personaggi più divisivi di Napoli, ripensando a quegli attimi terribili. Negli ultimi sei anni di carriera politica «attiva, in strada tra la gente e i vicoli della mia città», ha subito 55 aggressioni tra intimidazioni, pestaggi e 40 denunce. In media una al mese. L’ultima sabato scorso a Forcella, nel centro storico partenopeo, dove l’hanno colpito con calci e pugni: ancora una volta, lui era in diretta sui social.
Borrelli, cos’è successo?
«Denunciavo il controllo della camorra sui parcheggi abusivi e su un’intera strada: via Sant’Arcangelo a Baiano. Lì c’è un parcheggio privato che può ospitare solo due automobili. I proprietari occupano la strada e i marciapiedi. Una mercificazione del suolo pubblico inaccettabile. Stavo riprendendo in diretta social, quando tre uomini e una donna mi hanno aggredito. La mia scorta ha avuto difficoltà nel difendermi ed è intervenuta la polizia. Uno di loro ha finto di sentirsi male. Abbiamo chiamato l’ambulanza, che non riusciva ad arrivare proprio per la sosta selvaggia delle auto. Hanno picchiato anche i medici».
Uno degli aggressori è stato arrestato, gli altri quattro denunciati. Come si sente?
«Ora bene, ma sabato sono dovuto andare a farmi visitare. Mi hanno colpito in faccia con pugni, rompendomi gli occhiali. Mi capita spesso».
Ha ricevuto solidarietà bipartisan e una chiamata dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi...
«Sostegno morale da tutti. Non c’è partito o colore. Ma serve di più. Il ministro Piantedosi mi ha proposto di organizzare insieme iniziative contro la criminalità».
In questi anni è stato bersagliato tante volte. Ricorda la prima aggressione fisica?
«Sì, nel 2018. Ero fermo nel traffico di via Marina e mi resi conto che la coda di auto era dovuta a una deviazione della careggiata. Un bar si era appropriato del suolo pubblico: parte della strada, della pista ciclabile e del marciapiede era stato usato per creare un dehors e un parcheggio. Avevo la memoria del telefono piena e così decisi di fare una diretta Facebook: la prima. Il titolare del locale, il parcheggiatore abusivo e un dipendente mi aggredirono, rubando il telefono. Ma il video era ormai online. Fu la prova decisiva durante il processo».
Quindi è da lì che ha iniziato a usare i social per le sue battaglie?
«Esatto. Quella storia mi ha fatto capire l’importanza delle dirette: lasciano tracce e avvicinano alla gente».
Come scopre le illegalità che filma?
«Ho messo a disposizione il mio canale WhatsApp. Ogni giorno mi arrivano tante segnalazioni. Al mattino mi ritaglio del tempo per verificarle. Per i casi gravi scelgo di andare sul posto».
Ha paura?
«Sì».
Dopo i tanti episodi, è sotto scorta.
«Dal 2022, quando denunciai di un intero palazzo a Pizzofalcone occupato abusivamente. In diretta una affiliata mi ha minacciato di morte, il giorno dopo il marito mi ha investito mentre ero in scooter fuori casa e, credo, volesse anche uccidermi».
Perché lo fa?
«Voglio dare il buon esempio. Non faccio nulla di speciale, denuncio ciò che tutti sanno e nessuno ha il coraggio di dire».
Lei dai napoletani si sente più amato o più odiato?
«Un mix. Molti mi sostengono, ma tanti mi criticano. Danno fastidio i modi. Voglio solo raccontare la verità. Male e bellezza».