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 2024  dicembre 07 Sabato calendario

Nasce (davvero) la Grande Brera

Momento «epocale», oppure «storico» come afferma il direttore, Angelo Crespi o, semplicemente, direi, doveroso dopo 52 anni di attesa: oggi apre la Grande Brera, ovvero l’ampliamento della pinacoteca nell’adiacente Palazzo Citterio. Com’è noto ospita al piano nobile le collezioni di arte moderna lasciate dalle famiglie Jesi (i coniugi Jesi vissero in questo palazzo) e Vitali mentre, per eccesso di perdite di tempo, sono finite al Comune quella Mattioli e, prima, la Jucker. Il secondo piano del Palazzo, con tetto a shed, e il piano meno uno ristrutturato da James Stirling negli anni Ottanta, sono invece dedicati a mostre temporanee. Le prime due sono una di architettura sulla storia del complesso di Brera dal Duecento a oggi a cura di Luca Molinari e una personale di Mario Ceroli curata da Cesare Biasini Selvaggi.
Per chi si è perso le mille puntate precedenti, essendo più del 50% degli abitanti di Milano nata ben dopo l’avvio di questo progetto, riassumiamo in breve: nel 1972 il soprintendente Franco Russoli fa acquistare dallo Stato Palazzo Citterio per ampliare gli spazi della pinacoteca e collocarvi le collezioni lasciate a Brera dalla borghesia milanese con opere di Morandi, Boccioni, Futuristi… Ma per mettere d’accordo le otto istituzioni (tante sono quelle attuali, allora erano un paio in meno) che abitano il complesso, trovare i finanziamenti, accordarsi sui progetti, ipotizzare i collegamenti, avviare una parte (Stirling con gli Amici di Brera), ripartire da capo, ottenere le nuove approvazioni (e le riprovazioni)... ci son voluti cinquant’anni. Così, al termine di una forsennata giostra, i vincitori «quasi per caso» sono il direttore Crespi, da un anno sostituto di James Bradburne, la vice Chiara Rostagno («contenti di aver portato a termine un lavoro ereditato da chi ci ha preceduti») e il firmatario che ha dato l’ultimo tocco all’interno, l’architetto Mario Cucinella (il restauro del palazzo fu firmato, però, da Amerigo Restucci con vari soprintendenti).
La Grande Brera era anche il primo obiettivo dell’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano mentre oggi a inaugurarla c’è il successore, Alessandro Giuli, che nel ’72 non era ancora nato. E poiché, nel presentare la sua mostra sulla storia di Brera, Molinari ha ricordato come il complesso sia stato specchio della città e palestra di un numero infinito di architetti gli suggeriamo subito una prossima esposizione: presentare tutti i progetti e le proposte che architetti, soprintendenti, studiosi e funzionari hanno avanzato sulla Grande Brera, Brera 2, Brera bis... anche questo un elenco da agenda del telefono.
Lo spazio museale del piano nobile riallestisce le opere come in un interno borghese del Novecento. È volutamente in continuità con la storica pinacoteca, tanto che la prima sala ha il numero 40. Qui, su fondo marrone, si trovano alla parete di fronte Fiumana di Pellizza da Volpedo e, ai lati, bei quadri di Boldini. Sfilando nelle successive stanze, che erano proprio stanze d’appartamento, su un pantone celeste chiaro sono appesi Boccioni, Modigliani, Morandi, Picasso, Carrà, Braque, ai quali sono aggiunti gli «Autoritratti minimi» di grandi del Novecento appartenuti allo scrittore Cesare Zavattini e le 23 «Fantasie» di Mario Mafai donate dall’ex presidente degli Amici di Brera, Aldo Bassetti.
Un percorso partito nel 1972
Il direttore Crespi: «Momento storico». La vice Rostagno: «Portato a termine un lavoro ereditato da chi ci ha preceduti»
La mostra di Molinari evidenzia con documenti, disegni d’architettura, mappe, fotografie e maquette le potenzialità che Brera ha sempre avuto nella storia: «Da Richini a oggi, e dai gesuiti in poi, in Italia non esiste altro luogo dove si è prodotto tanta arte, scienza e didattica insieme», ricorda Molinari. «Sono state disegnate qui le prime carte su Marte, fissata l’ora esatta fino a metà Ottocento e qui si sono conseguite le prime lauree a Milano. Brera è stato il primo luogo laico di comunità che ha prodotto cultura»: la mostra rende visibile questa comunità di intelligenze. Esposte al piano anche lunette di Bernardino Luini e gessi di Antonio Canova: lo spazio offre potenzialità ancora da mettere a sistema.
Biasini Selvaggi ha invece curato la mostra di Ceroli intitolata La forza di sognare ancora, da una frase scritta dall’artista nel suo studio. Questo «giovane» ottuagenario espone tagli di un pino che apparteneva alla sua casa creando una foresta che, vista dal magico affaccio creato da Stirling, ha una certa suggestione, ma non con le luci scelte dall’artista. Nonostante questa sia una foresta, lo spazio si prestava anche a qualcosa di più inesplorato nell’arte contemporanea, ma ci sarà tempo.
Nel cortile d’ingresso del Palazzo è ricostruito in legno, anche a scopo di copertura, un tempio sul vago modello di quello bramantesco che compare sul fondo dello Sposalizio della Vergine del giovane Raffaello, uno dei quadri di maggior valore della pinacoteca. Si capisce meglio visto dall’alto; donato dal Salone del Mobile, vi tornerà trovando, forse, più ampio spazio di collocazione. Gli effimeri, come dice il nome, hanno spesso vita incerta mentre non conosciamo cosa riserverà il futuro a opere di arte digitale come Renaissance Dreams, che Refik Anadol (Istanbul, 1985) ha creato nel 2020 per Meet Digital Culture Center (punto di riferimento italiano nel campo della cultura digitale) e una cui parte è esposta nel ledwall all’ingresso di Palazzo Citterio.
Insomma, a Brera ci sono molte intenzioni, avvio di collaborazioni e un merito della direzione sembra quello di aver trovato una comunanza d’intenti tra gli inquilini del palazzo e tra Stato e Comune. Il sogno di Russoli «è realizzato» e ora andrà messo a punto con unitarietà e perfezionamenti: per esempio, le didascalie nerette su fondo grigio per ipervedenti di bassa altezza saranno presto sostituite. Per esempio, il rapporto con i sindacati («è una fase di rodaggio»). Non bisogna, però, darsi obiettivi troppo alti: sento parlare di Louvre, di milione di presenze… basterebbe meno: una Grande Brera ordinata e funzionante, con buoni collegamenti tra giardino e Orto botanico, senza pic-nic davanti al bronzo di Napoleone, aperta di sera con eventi appropriati e l’impegno davvero di tutti (studenti compresi), che a parole c’è, un po’ meno quando ci si reca in visita o per studiare. Ora si potrà riprendere a litigare sulla Grande Brera, ma almeno è aperta.