Anteprima, 14 novembre 2024
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Biografia di Franco Ferrarotti
Franco Ferrarotti (1926 -2024). Scomparso a 98 anni, è stato il padre della sociologia italiana, nel 1960 fu il primo docente universitario di questa materia dell’Italia postbellica. «L’ha trasformata in una disciplina accolta nella cultura italiana e, come un albero dai rami frondosi, la sociologia è cresciuta e s’è differenziata al proprio interno. Nato da una famiglia di medi proprietari terrieri a Palazzolo Vercellese nell’aprile del 1926, ha attraversato il Novecento con il piglio di uomo sicuro e risoluto. Rovinato dalle crisi economiche postbelliche il padre perde gran parte del suo patrimonio e il gracile Franco viene mandato a studiare a San Remo in un istituto di religiosi. Ma la fortuna, come gli è capitato spesso, gli è favorevole. Scopre nelle biblioteche della città rivierasca libri che riguardano il passato positivista della cultura italiana del secolo precedente, ora dominata dal binomio Benedetto Croce e Giovanni Gentile: il neoidealismo è ostile alla scienza e alla cultura tecnologica. Ferrarotti studia Filosofia a Torino nel 1944. Ha imparato l’inglese da autodidatta per cui tradurrà per Einaudi nel 1949 nella mitica collana viola di Pavese Il rito religioso di Theodor Reik e nello stesso anno Thorstein Veblen, La teoria della classe agiata. Ragazzo prodigio, si racconta che abbia scritto una lettera ad Adriano Olivetti in cui si scagliava contro il capitalismo italiano ammalato di familismo ereditario e che l’industriale ne sia rimasto colpito e l’abbia assunto nella sua azienda senza obblighi di timbrare il cartellino. Nel 1951 fonda con Abbagnano i Quaderni di sociologia di cui è direttore, mentre il suo professore è solo il suo vice. L’inquieto e anche ambizioso Franco lascia quella rivista per fondarne una tutta sua, La Critica sociologica nel 1967. Nel 1951 è andato in America con un viaggio finanziato da Olivetti, di cui è l’osservatore privilegiato oltreoceano. Gli Stati Uniti determineranno il suo orientamento culturale nei decenni a seguire. La sociologia che Ferrarotti pratica, e porta in Italia, è una scienza nata nel Nuovo Mondo a contatto con la nuova società industriale, i sindacati e gli insegnamenti nelle giovani e dinamiche università americane. La fabbrica sarà un suo campo di indagine, non secondo i temi e i problemi del marxismo classico o italiano, ma seguendo la linea culturale del pragmatismo americano. Nel 1954 pubblica presso le Edizioni di Comunità, ora trasferite a Milano, Il dilemma dei sindacati americani. Intanto ha conosciuto il mondo accademico americano e anche i sociologi di quel paese, i quali saranno tradotti dalle edizioni di Olivetti e dal Mulino, i due centri della sinistra non marxista legata alla tradizione laica, da un lato, e al cattolicesimo sociale dall’altro. La carriera di Ferrarotti è segnata anche da un’esperienza politica nelle file del Movimento di Comunità di Adriano Olivetti, che eletto in parlamento nel 1959 si dimette e lascia il posto al giovane sociologo. Deputato nella terza legislatura, quella che poi porterà al centrosinistra, ne ha dato un resoconto a posteriori in un libro del 2006, Nelle fumose stanze (Guerini e Associati). Insegna a Roma, alla Sapienza nella Facoltà di Magistero; dirige collane di classici della sociologia e si reca di frequente in America per ricerche, contatti e corsi. Negli anni Sessanta sposta il suo interesse di studioso verso le periferie urbane; pubblica nel 1970 Roma da capitale a periferia presso Laterza, effetto del cambiamento che è avvenuto nella società e nella cultura italiana dopo il Sessantotto. La cultura da cui viene Ferrarotti resta tuttavia estranea ai movimenti di contestazione del periodo e con la morte di Adriano Olivetti, avvenuta anni prima, il progetto utopico dell’imprenditore piemontese non avrà alcun seguito: nessuno ne raccoglie la eredità intellettuale. Ferrarotti pubblicherà numerosi studi e saggi, avendo anche un ruolo nella fondazione della Facoltà di Sociologia di Trento. Curiosamente nel 1975 pubblica un volume sul suo colloquio con il filosofo marxista Gyorgy Lukacs, quasi un ritorno di interesse per quel pensiero politico che aveva criticato negli anni Cinquanta. La Critica sociologica resta un luogo interessante di dibattito culturale, ma dopo gli anni Settanta il paesaggio intellettuale e culturale della disciplina muta rapidamente. Da questo punto di vista, pur nella sua lunga e ricca vicenda intellettuale, Ferrarotti resta un intellettuale degli anni Cinquanta: il suo periodo più fertile è quello che va dal 1953 al 1963, dove sperimenta anche l’attività di “organizzatore industriale”, come esponente di una cultura illuminista e pragmatista che in Italia non ha mai avuto radici profonde. Per quanto il sociologo piemontese abbia avuto un ruolo significativo nello svecchiare la cultura italiana, ancora legata alla cultura crociana, resta una figura solitaria, o come lui stesso diceva, un outsider. L’empirismo sociologico e l’assenza di una teoria sociologica originale ne hanno limitato in qualche misura l’importanza. Nonostante questo resta una delle figure più attive e pugnaci della cultura universitaria con la sua attività di promozione editoriale. Da qualche anno hanno preso a uscire presso l’editore Marietti i volumi della sua opera omnia, divisi tra teoria, ricerche e scritti autobiografici, questi ultimi particolarmente interessanti delle frequentazioni torinesi di Pavese, Natalia Ginzburg e di altri intellettuali e scrittori che ruotavano intorno alla casa editrice torinese. La sua attività di “diplomatico” di Adriano Olivetti in Usa, nel mondo sindacale e nelle università e tra i sociologi di quel paese, costituisce senza dubbio un’esperienza unica. La sua lunga vita ne ha fatto un osservatore acuto del secolo breve, il quale nel nostro paese ha prodotto figure eccentriche come la sua» [Belpoliti, Rep].