6 novembre 2024
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Biografia di Marcello Fonte
Marcello Fonte, nato a Melito di Porto Salvo, cresciuto ad Archi, a un passo da Reggio Calabria, il 7 novembre 1978 (46 anni). Attore. Palma d’oro a Cannes, Nastro d’argento e miglior attore europeo per Dogman di Matteo Garrone: «È un uomo minuto, all’apparenza fragile, ma con una grande forza d’animo. Conserva la sua umiltà anche dopo il successo, e trasmette una grande allegria. Ama guardare le persone negli occhi e non ha paura di mettersi in gioco» [Gian Luca Pisacane, Famiglia Cristiana].
Titoli di testa «Gesù ce l’ho avuto sempre dentro, mi sento un po’ un Gesù contemporaneo. Se fai l’attore, porti in giro la parola. Senza l’arte – i film, la musica – sarebbe una vita di merda» [a Mattia Carzaniga, Rolling Stone].
Vita Settimo e ultimo figlio di Rosa e Peppino. «Dentro la pancia di Rosa c’ero io, che arrivavo insieme al giardino. Il nome fu tanto discusso, dato che i nonni erano stati accontentati tutti. Mamma si era fissata che mi voleva chiamare Maurizio, ma a papà questo nome suonava male. Gli venne in mente allora un amico di mio fratello Antonio, un ragazzetto buono, educato, che si chiamava Marcello. Sperava che se mi metteva il suo nome uscivo come lui. Invece no: focu fu» [Notti Stellate di Marcello Fonte, Einaudi] • «Mia mamma mi ha partorito quando mio padre ha occupato un pezzo di terra in una discarica» • «Passa l’infanzia lungo la fiumara di Marrani, alla periferia di Reggio Calabria, tra carcasse di auto, elettrodomestici rotti e confezioni di caramelle scadute, in quella discarica a cielo aperto la sua fantasia trasforma tutto in gioco. È lì che porta il suo cane pieno di zecche, che sfoglia riviste porno, che si nasconde quando la madre lo fa arrabbiare. A casa dorme nel letto dei genitori: il padre zappa, e la madre, personaggio indimenticabile, per quanto ci provi non riesce ad arginare le sue rivolte. Di sette figli, è proprio il piccolino a dare più problemi. Come accade solo nei migliori romanzi, comico e tragico si fondono nelle avventure di questo ragazzino sedotto e spaventato dalle cattive compagnie, troppo povero per sognare un riscatto, ma così capace di meraviglia che non può non cercarlo con tutto sé stesso» [Einaudi] • «La Calabria è una terra di fatica, di lavoro, di sacrificio, di piedi nudi. Mia mamma ancora adesso cammina a piedi nudi nel giardino. Sta nella terra, le pietre non le sente. C’ha delle suole naturali, ormai» [Carzania, cit.] • «Anche la mia pelle era dura. Non mi facevo mettere il cerottino da mamma. Toglievo i chiodi arrugginiti dai piedi e continuavo a camminare» [Finos, Rep] • «Ero un bambino che rubava alla vita tutto quello che poteva» • «Mio padre aveva costruito la nostra baracca su un pezzo di discarica che aveva occupato. Però non mi è mancato niente e non mi sento meno degli altri. Sono una persona allegra come mi ha insegnato mio padre» • «Mio padre era un attore senza saperlo, zappava la terra. Fellini o Pasolini lo avrebbero voluto. Un genitore t’insegna anche quando non lo sa» [Finos, cit.] • Quando si è reso conto che la sua vita era fuori dal comune? «Passando da un mondo di solitudine che era la fiumara alla vita reale, la scuola. La prima volta che ho visto il bidet a casa di un amico e ho capito cos’era. Mio padre ne teneva uno in giardino, ci piantava il prezzemolo. Nella vita normale c’erano case in cui ognuno aveva una stanza. Il mio bagno era un sottoscala e la pipì colava da sopra, scaldavamo l’acqua per lavarci. A Roma ho capito che era questo che dovevo raccontare» [Finos, cit.]• «All’inizio volevo fare il musicista, sono entrato nella banda del paese per seguire il mio migliore amico. Venivo da una discarica, da un profondo isolamento, e volevo stargli vicino» [Pisacane, cit.] • «Suonavo con la banda, una banda scaciata, portavamo in giro la musica e l’allegria. Andavamo nei vicoli e, nelle soste, ci davano le olive, i capicolli, la gazzosa al caffè. Ho iniziato col tamburo, poi i piatti, la grancassa, il corno, la tromba. Mia mamma s’era fissata che dovevo imparare pure la fisarmonica, per suonare la tarantella. Mi ha comprato questo organetto ma tutto stonato, ho memorizzato giusto due passaggi per farla contenta» [Carzaniga, cit.] • Ricorda la pioggia sul tetto di lamiera che da bambino sognava fossero applausi. «Mi sentivo solo, sognavo di essere qualcosa, di essere accettato. Sono cresciuto in una discarica, eravamo tutti pigiati a tavola, otto fratelli e i miei genitori, sotto quel tetto di lamiera. Avevo sette anni, guardavo la televisione e mi sentivo lontano da tutti, chiudevo gli occhi e immaginavo» [Carzaniga, cit.] • «Quando vivevo in Calabria nelle baracche non avevo mai visto il cinema, mi era precluso, non avevo soldi. Arrivando a Roma ero in uno stato di ignoranza pura» • Come sei arrivato a Roma? «Mio fratello abitava nella capitale, così l’ho raggiunto. Lui mi ha fatto avvicinare al teatro e al cinema, un mondo che allora non conoscevo. Non avrei mai pensato di fare l’attore. Dovevo fermarmi a Roma solo tre giorni e invece sono ancora qui. Questa città mi sembrava il paese delle meraviglie, un luogo magico, dal Colosseo a San Lorenzo. Guardarla mi faceva venire voglia di cantare. E lo facevo dal mattino alla sera» [Pisacane, cit.] • «All’inizio mio fratello mi aveva detto di non raccontare la nostra vita. A sedici anni era venuto a Roma per studiare. Mi chiese di scrivere il curriculum, non sapevo cosa fosse. Scrissi a modo mio, il tamburo a dieci anni, il meccanico, il resto. Lui rideva e io non capivo perché. Ho scoperto però che mi piaceva scrivere quella mia vita che doveva restare nascosta e invece ha fatto il giro del mondo» • Nel 1999 si è trasferito a Roma, dove è diventato custode del Teatro Valle e ha iniziato a studiare recitazione, ricoprendo i suoi primi ruoli come attore per il piccolo ed il grande schermo • «Ho abitato sei anni in una cantina occupata: lì ho imparato a comandare il mio corpo anche perché, non avendo il bagno, prima facevo la pipì e poi cagavo sul giornale. Nonostante tutto quel posto mi piaceva, me l’ero fatto io. Ero davvero me stesso» • «Per mangiare rubavo i cestini sui set. Si potrebbe dire che “ho magnato col cinema”» [Enrica Brocardo, Vanity] • «Sono stato anni a studiare, a vedere come si fa questo mestiere. A Roma andavo in giro con la mia macchinetta e fotografavo tutto, ogni angolo. Una notte vedo un set vicino a casa mia, a piazza Vittorio. E chi l’aveva visto mai il cinema. Allora mi fermo a vedere come si fa. Era Una storia qualunque, c’era Nino Manfredi vestito da barbone. Mi sono avvicinato a lui, seduto su una sediolina sotto i portici. Stavo fino alle quattro del mattino, gli tenevo compagnia. Ho capito da subito che dovevo nutrirmi di questa roba qua. Poi ci sono gli incontri che uno fa. Io vedo la persona e, se non mi ci trovo, non ci lavoro. Anche se è un nome famoso. Devi vedere l’empatia che si crea, e seguire quella strada. Se invece ti accontenti, resti un mediocre. E a me i mediocri stanno sul cavolo» • A Manfredi «chiedevo “perché avete fatto l’attore?” e lui “non credevo in me, lo ha fatto un regista”. Ho ancora la foto, ho documentato sempre la mia vita, per istinto. Roma significa la macchina fotografica che mi ha regalato mio fratello. E il mio riscatto. Nell’arte mi ci trovavo bene, a mio agio, compreso» [Finos, Rep] • Cosa ricordi della tua prima volta sul set? «Sono un po’ narcisista e mi piace sentirmi addosso la macchina da presa, sento che può raggiungere la parte più profonda dell’animo umano. La prima volta era per un cortometraggio a Tor Bella Monaca: il mio compito era aprire una porta. Solo questo. Ma mi è bastato per innamorarmi di questo mestiere» [Pisacane, cit.] • «Se vuoi stare in una città e vuoi fare l’arte, non la puoi fare perché se ti devi pagare una stanza 4 o 500 euro ti devi trovare un lavoretto, se nessuno ti sostiene o se magari sei tu che devi mandare i soldi alla mamma. Il lavoretto ti toglie il tempo che vorresti mettere lì, in quello che sogni di fare. In questo senso è un lusso. Allora mi sono trovato un’alternativa: il tempo in cui avrei fatto il barista l’ho buttato nel cercare di fare l’attore» • «Al cinema Palazzo, dove ero custode, veniva la signora Adele, ottant’anni, con la sua sedia, le madri di famiglia con i figli che imparavano a usare una consolle, invece che a fare le bustine di droga. Bisogna difendere questi luoghi, non andargli contro. Uno spazio vuoto non serve a nessuno» [Finos] • Nella vita, è stato un piccolo Cristo con la sua comunità: gli occupanti del Nuovo Cinema Palazzo, dove ha vissuto per anni. «Stavo in mezzo alle persone, dovevo capirne i dolori. Ora però non vivo più lì. Diciamo che non vivo, punto. Sono sempre in giro. Adesso la mia casa a Roma è quella di mio fratello Pasquale. Sono tornato all’ovile» [Carzaniga, cit.] • Una volta arrivato nella capitale si è mantenuto con ogni tipo di lavoro (dal sarto all’imbianchino), mentre tra un provino e l’altro cominciava ad avere qualche piccolo ruolo, da comparsa Concorrenza sleale di Ettore Scola prima Gangs of New York di Martin Scorsese poi (facendosi scattare una foto con Di Caprio da un Daniel Day Lewis che non aveva riconosciuto) [Gq] • «Quando ho lavorato a Gangs of New York, il primo giorno da comparsa ho mangiato un pezzo di pizza e un vaffanculo, poi i costumisti mi hanno cambiato la vita mettendomi un cartellino “stand-in”. Da quel momento in poi, ho potuto mangiare al buffet degli attori. Facevo la controfigura degli attori prima che andassero in scena per permettere la prova delle luci. A dire il vero Scorsese aveva anche provato a darmi una parte ma io non ci riuscivo a dire newspaper» • Fonte convinto che Scorsese venisse dalla Scozia: «Dicevano sempre ‘Scozzese, Scozzese’, e io che ne sapevo? Per me veniva dalla Scozia» • Poi nel 2011 viene diretto da Alice Rohrwacher in Corpo Celeste e la regista è una delle prime a capire il suo potenziale [Gq] • Nel 2015 ha scritto e co-diretto il film Asino vola e ha recitato nei film Io sono tempesta e L’intrusa • In Asino vola raccontava la sua Reggio Calabria e la passione per l’organetto • .Aveva cinque galline: «Si sono fatte il trasloco dalla Calabria a Roma, e da Roma a Bologna, quando ho girato il film Asino vola. A una di loro, ‘Ngiulina, la più dispettosa, ho dato la voce di Maria Grazia Cucinotta. E l’ho fatta cantare al teatro dell’opera, diretta dal maestro Luigi Lo Cascio. Poi le hanno liberate nei campi, o almeno così mi hanno detto. Erano belle grasse, non sono sicuro sia andata così» [Carzaniga, cit.] • Com’è avvenuto il tuo incontro con Matteo Garrone? «Faccio parte di una compagnia teatrale di ex detenuti del carcere di Rebibbia. Purtroppo uno di loro è morto per un aneurisma durante le prove di uno spettacolo, e io ho preso il suo posto. È così che ho iniziato. Recito ancora con le sue scarpe e me lo porto nel cuore. Loro sono attori professionisti a tutti gli effetti, e abbiamo fatto insieme i provini per Dogman. Mi hanno preso, ed è stata un’emozione grandissima. Garrone è un vero artista, un maestro» [Pisacane, cit.] • Palma d’oro a Cannes. Avresti mai pensato che il successo sarebbe arrivato tramite una storia “nera” come quella del canaro della Magliana? «Ci ho sempre messo tutto me stesso. La dedizione è indispensabile in questo lavoro. Conoscevo la storia del “canaro” solo per sentito dire. Quindi ho usato quello che sapevo di me per costruire il personaggio, mi ci sono immerso dentro e ho capito molte cose. Recitare è una scoperta di sé stessi, bisogna abbandonare le paure, e poi non si smette mai di imparare. La vittoria a Cannes è stata un punto di partenza, mi ha incoraggiato, mi sta dando più sicurezza. Quando mi hanno richiamato al Festival non immaginavo nulla: stavo prendendo un caffè a San Lorenzo e ho pensato che fosse uno scherzo. Ho preso lo smoking e mi sono lanciato dentro l’aereo. Poi Roberto Benigni mi ha chiamato sul palco, ed è stato bellissimo. Avrei voluto che quel momento non finisse mai» [Pisacane, cit.] • A Roberto Benigni «dodici anni fa proposi la prima stesura del film», dice Garrone. «Rifiutò, la sceneggiatura era ancora cruenta. Roberto mi ha detto che il film gli è piaciuto e Marcello lo ha conquistato. Vederli sul palco insieme è stato per me un momento chapliniano: hanno lo stesso candore, lo stesso registro comico». «Io però sono un attore drammatico» Marcello puntualizza. Più tardi ancora ne discutono, Matteo spiega «era un complimento» [XXX] •«Sul palco sono tornato indietro nel tempo. Quell’applauso era anche per mio padre che non c’è più, che ha fatto tutto grazie all’arte di arrangiarsi. E penso a mia madre, che mi ha dato la vita» • Ha esitato, prima di afferrare la Palma d’oro: «Volevo solo godermi il momento un pochino di più. Non avevo fretta. Ho contato fino a tre come si fa quando si parla, che mi pare sempre la cosa migliore» • L’aspetto migliore del suo successo? «L’amicizia con Garrone. Mi ha dato tanto coraggio, mi ha migliorato sia come uomo sia come attore. È un maestro di vita. Con lui andrei in capo al mondo». C’è un risvolto negativo alla celebrità? «L’equivoco secondo cui sarei un attore improvvisato, reclutato dalla strada. Ma io recito da anni, ho tante esperienze alle spalle sia nel cinema sia in teatro. E non sopporto chi mi chiede se mi sono montato la testa». Se l’è montata? «Non scherziamo. Sto molto attento a rimanere me stesso, a non diventare un attore arrogante o presuntuoso. Ci tengo a mantenere la mia umanità. Non voglio farmi violentare da chi vorrebbe impormi un modello di vita diverso». Ma dove ha imparato a recitare? «Un attore si forma accumulando le esperienze». Non le pesa vivere accampato in un camerino? «Sogno un loft tutto mio, è vero, ma finché il lavoro non diventa continuativo non posso permettermi un affitto: nessuno ti regala niente. Per il momento mi faccio bastare un letto, un tavolo e un computer. Non ho altre esigenze». Qual è la lezione più importante che ha imparato negli ultimi tempi? «Che nella vita tutto può cambiare con estrema rapidità. Bastano quattro parole per ribaltare un’esistenza» [Satta, Mess] • Sempre nel 2018 racconta la sua vita in Notti stellate (Einaudi): «Raccontavo la mia vita per strada e sembrava un testo di teatro, invece era reale. Casa mia si chiudeva con la catena e il lucchetto e le persone erano colpite da tutto questo. Incontro questi due ragazzi a San Lorenzo – Giuliano Miniati e Paolo Tripodi, coautori sia del libro che del film (Asino vola) – e diventiamo amici. Io allora già scrivevo e ci siamo incuriositi a vicenda, così ho raccontato loro la mia vita e abbiamo iniziato a scrivere a sei mani, incoraggiati da Caterina D’Amico. Prima volevamo intitolarlo Guardando si impara, poi è diventato Notti stellate» [Esquire] • «Sono come un bambino che sogna continuamente, non mi accontento mai. Mi contraddico e sono pronto a cambiare idea, perché c’è sempre qualcosa di meglio da fare. Ad esempio, già coesistere con gli altri senza rovinarne la libertà sarebbe una cosa grandiosa, e basterebbe a lasciare un mondo migliore. Se pensassimo più agli altri invece che soltanto a noi... l’avarizia ci rovina. Bisogna fare le cose come se nessuno stesse guardando, non solo perché ti dicano bravo» [Esquire] • Sulla sua faccia «mi hanno detto, antica, furba, pasoliniana. E poi: sembri Buster Keaton. E: peccato che non c’è più Fellini, se no a quest’ora lavoravate insieme». Lui aggiunge un altro aggettivo: «Camaleontica. La cosa incredibile è che, non so come, ma si modifica ogni volta. Si gonfia, si sgonfia. Ora in America (dov’ra nel 2020 per la serie Un volto, due destini), ad esempio, è diventata più grossa. Sarà stata l’aria che respiravi, la roba che magnavi. Ho capito, girando quella serie, che dovevo morire grasso» [Carzaniga, cit.] • Dopo Dogman ha recitato in Aspromonte - La terra degli ultimi di Mimmo Calopresti (2019), The New Gospel di Milo Rau (2020), La svolta Riccardo Antonaroli (2021), Il sesso degli angeli di Leonardo Pieraccioni (2022) • Progetti futuri? «Mi hanno già dato da leggere tante sceneggiature, ma voglio seguire Garrone e i suoi consigli. Mi piacerebbe anche tornare a lavorare con Scorsese, non metto limiti alla provvidenza» [Pisacane, cit.].
Amori «In gioventù ho avuto una grande storia d’amore ma poi lei ha scelto di farsi suora. I primi tempi portavo davanti al convento uno striscione con su scritto Ti amo, ma poi sono stato contento per lei. Ha seguito la sua vocazione» [Mess] • Anche le donne fanno la fila per conoscerla? «Sì, oggi ne ho tante intorno ma trovo difficile fidarmi: non so mai se vogliono me, Marcello, o l’attore famoso. Attualmente sono single, ma per trovare una compagna andrò in un posto dove nessuno mi conosce presentandomi come un contadino, o come un pezzente». Ultimo amore? «Si chiamava Isabella. Un giorno la portai con me al teatro, nell’ex Cinema Palazzo: S’innamorò di un altro attore e mi lasciò per lui» • «Ora vorrei diventare padre».
Titoli di coda Ha un sogno, Marcello? «Vorrei chiudermi in una stanza e fare l’amore per 15 giorni di seguito con la donna giusta. Ma sia chiaro: il sesso non mi basta, cerco l’amore».