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 2024  novembre 09 Sabato calendario

Biografia di Federico Dimarco

Federico Dimarco, nato a Milano il 10 novembre 1997 (27 anni). Calciatore. Difensore. Dal 2022 all’Inter, con cui ha vinto un campionato (2024), due Coppe Italia (2022 e 2023) e tre Supercoppe italiane (2021, 2022 e 2023), oltre ad averE raggiunto una finale di Champions League (2023). Ha giocato anche con Ascoli, Empoli, Sion, Parma e Verona. In nazionale 26 presenze e 3 gol.
Vita «“Milano è la mia città, è il luogo dove sono cresciuto. È qui che ho tirato i primi calci al pallone, che ho capito cosa volevo fare da grande, è il posto che mi ha aiutato a maturare”. Nato a tre chilometri dalla Madonnina e a nove dallo stadio di San Siro, Federico Dimarco, il polmone in più che corre senza sosta sulla fascia sinistra dell’Inter, ha gli occhi che brillano quando parla della città che gli sta regalando tante soddisfazioni. Partito dallo storico negozio di frutta e verdura che papà Gianni gestisce da oltre 50 anni insieme al fratello a Porta Romana, “Dimash” - come lo chiamano i tifosi - ha lo stemma di Milano tatuato sul polpaccio proprio vicino al numero 32, quello della sua maglia, circondato da righe nerazzurre. Il luogo di Milano a cui è più affezionato? “Dove sono nato, il quartiere di Porta Romana”. I primi calci al pallone? “Li ricordo bene anche se ero piccolo. Avevo 4-5 anni e giocavo a Calvairate. Ma ancora meglio ho davanti agli occhi il passaggio al settore giovanile dell’Inter”. Com’è stato? “Ero già tifoso, quando mi hanno detto che c’era la possibilità di indossare la maglia nerazzurra sono impazzito dalla felicità”. Era il 2005: Gianni Vivabene allenava i Pulcini dell’Inter e lei aveva 6 anni. In un’intervista a “Sportweek” il mister ha ricordato: “A quei tempi la Nike non aveva le divise da gioco ‘S bambino’, così io gli correvo dietro per rimboccargli le maniche. I pantaloncini gli arrivavano alle caviglie. Ma Fede non se ne curava, pensava solo a correre”. Lei non era molto alto e un po’ minuto, ma non si è arreso. “È vero, lo ricordo ancora. Ma a quell’età se stai a preoccuparti della maglietta lunga o a tirarti su le maniche invece di correre vuol dire che hai sbagliato sport. Allora giocavo per divertirmi. E mi divertivo davvero tanto”» (a Sette) • «“A 5 anni ho fatto due campionati con il Calvairate. Mio padre chiese di tenermi se mi divertivo, sennò sarebbe venuto a riprendermi. A 8 anni sono andato all’Inter, da là ho fatto tutta la trafila fino all’esordio in prima squadra”. A mandarlo in campo in nerazzurro per la prima volta è stato Roberto Mancini: “Quando avevo 16 anni Mazzarri mi convocò per la prima volta. C’erano ancora le leggende del triplete come Samuel, Milito e Cambiasso. Per Zanetti era l’ultimo anno prima dell’infortunio. Mancini mi ha fatto esordire in Europa League. Era l’ultima partita del girone ed eravamo già qualificati. In panchina eravamo diversi giocatori della Primavera e c’erano ancora solo tre cambi. È stato bellissimo entrare in campo”. Non ha festeggiato in maniera particolare quell’occasione: “Siamo tornati ad Appiano con 4 ore di viaggio, ho dormito e la mattina dopo mi sono allenato. Negli anni sono stato sempre giudicato, sono stato in silenzio e ho lavorato per arrivare dove sono adesso”. Verso la fine della stagione, il 31 maggio 2015 è arrivato anche il debutto in Serie A, contro l’Empoli. “L’anno dopo faccio 6 mesi in prima squadra dove non gioco praticamente mai”. Decide così di andare a cercare la titolarità altrove, a partire da Ascoli: “Situazione difficile ma esperienza bellissima. Era la prima volta che andavo fuori da casa. Poi sono andato ad Empoli, giocando 13-14 partite. Non avevo giocato tantissimo. Così mi hanno chiamato per sapere in altre squadre e volevano facessi panchina, essendo il giovane dietro un esperto”» (Il Messaggero) • «L’esperienza in Svizzera con il Sion nel 2017 non è cominciata con il piede giusto: “Alla prima partita mi sono spaccato il metatarso. A 19 anni sono dovuto stare fermo quattro mesi. Quando ho recuperato dall’infortunio, era cambiato l’allenatore”. Racconta anche l’aneddoto legato a un presidente alquanto vulcanico: “A gennaio eravamo ultimi o penultimi. Il presidente ebbe l’idea di mandarci a fare una settimana il militare con le forze speciali francesi. Abbiamo fatto pure sette ore di pullman per raggiungerle. Dormivamo con il sacco a pelo in mezzo ai campi, la mattina alle 6 ci svegliavamo, camminavamo 5 chilometri e mangiavamo dentro le scatolette scaldate con il fornello. Facevamo proprio il loro addestramento, ci facevano anche sparare. Dovevamo andarci per forza? Sì, senno non ci pagava”. Apre poi anche una porta sulla sua intimità: “Mi ero trasferito con la mia attuale moglie. Abbiamo avuto la sfortuna di perdere un figlio. Dopo tutte queste cose volevo smettere. Chi me lo faceva fare di continuare a soffrire. Mi sono guardato dentro però e il mio obiettivo era quello di fare ricredere chi non puntava su di me”» (Corriere dello Sport) • Nel 2018 il ritorno in Italia: «Mi ha chiamato il Parma, ho fatto tre-quattro partite. Ho fatto gol e poi basta. distacco del tendine dell’adduttore, sono stato altri 4 mesi e mezzo fermo. Sono rientrato a inizio gennaio. Ho fatto 13-14 partite risicate» (a Gianluca Gazzoli) • «Il primo anno all’Inter abbiamo vinto la Supercoppa al 120’ con il gol di Sanchez contro la Juventus e la Coppa Italia ma abbiamo perso lo Scudetto. Sono tutte emozioni che vivi una volta sola e ti porti avanti per sempre. Lo Scudetto è stata la ciliegina sulla torta. La forza nel mister Inzaghi è saper stemperare la tensione con una battuta anche nei momenti dove le cose non vanno bene. Abbiamo vinto il campionato grazie alla serenità che ci ha portato. Sono stato un tifoso del’’Inter prima che un giocatore nerazzurro. La prima volta che sono andato allo stadio avevo tre anni, ero con mio zio e mio nonno. Pochi giocatori dal settore giovanile sono poi arrivati a giocare in prima squadra, ricordo Balotelli e Santon» (a Gazzoli) • Il 24 giugno 2023, ha sposato Giulia Mazzocato. Nozze a Savelletri, in Puglia. La coppia ha due figli: Chloe e Nicholas. «Tra la proposta a dicembre 2021 a Dubai e le nozze è trascorso un anno e mezzo: avete curato ogni singolo dettaglio. “Diciamoci la verità, è stata soprattutto Giulia a scegliere e organizzare tutto. E l’ha fatto alla perfezione”.Non mi dica che anche la scelta dei nomi dei vostri figli è stata solo di sua moglie? “No, no... (sorride). Chloe e Nicholas li abbiamo scelti insieme. Entrambi con la h, all’americana. Quasi quasi passo anche io a Federico con la h...”. Giulia è sempre stata tifosa o lo è diventata? “Ci conosciamo da quando siamo nati, i nostri genitori erano amici, mio padre e il suo avevano fatto il militare insieme. Quando sono andato a giocare a Empoli - avevo 16 anni - abbiamo deciso di vivere insieme e da lì è diventata tifosa: prima solo mia, adesso anche dell’Inter”» (a Sette).
Critica «Nato terzino classico, diventato esterno di centrocampo, abile a destreggiarsi anche in una difesa a tre. E poi: piede sinistro eccellente. “Il mio ruolo è cambiato molto negli ultimi tempi”, osserva Dimarco, che ha in Marcelo il punto di riferimento a cui si è ispirato nei suoi anni di formazione. “Prima i terzini erano visti come giocatori che si occupavano prevalentemente della fase difensiva, poi, soprattutto con il primo Guardiola a Barcellona, si sono diffusi i terzini di spinta, che accompagnano l’azione, oppure vengono a giocare dentro il campo. O magari vedi braccetti di una difesa a tre che giocano da mezzali… il modo di giocare è cambiato completamente”» (Francesco Paolo Giordano) • «Dimarco ha un calcio potente e brutale, definitivo. I suoi cross sono forti, mirano al piede del compagno per sbatterci sopra come una sponda, come un angolo. La sua qualità è da rifinitore, da giocatore che gioca l’ultimo passaggio. Oppure, utile nei cambi di gioco, fondamentali nella squadra di Inzaghi che, è risaputo, dribbla pochissimo. Anche Dimarco non è un dribblatore e restringendogli lo spazio intorno rischierebbero di venire fuori problemi nella resistenza del pressing o nel gioco in spazi stretti» (Daniele Manusia) • « Il dibattito si è acceso con prepotenza su un tema divisivo: Federico Dimarco è il miglior giocatore di piede mancino attualmente in Europa? Si noti: non il miglior esterno di piede mancino, proprio il miglior giocatore. Durante la trasmissione Fontana di Trevi, trasmessa da Cronache di Spogliatoio, Riccardo Trevisani ha azzardato un paragone tra l’esterno nerazzurro e David Beckham: “Pare brutto dirlo, ma le traiettorie che fa fare al pallone sono di quel livello lì. È quasi sconveniente averlo in campo, non si può avere uno con quel piede lì”. Volendo stare al gioco, ci domandiamo: ma in che senso Dimarco ricorda Beckham? Forse non sono tanto e solo le traiettorie effettate, il modo che ha di “tagliare” la palla (da qui il titolo del famoso film Bend it like Beckham, letteralmente tagliala come Beckham), e forse neppure la testa ossigenata che fa tendenza. C’è da fare un passo più in là: Beckham è stato un grande calciatore ma è stato anche qualcosa di diverso, di altro. Un precursore, un uomo che ha esteso la propria influenza ben oltre il pallone e l’ha fatto prima di chiunque. Ecco, si può dire che, naturalmente a modo suo, anche Dimarco si stia trasformando in un’icona pop?» (Alberto Neglia).
Curiosità Rituali pre-partita: «La sera prima gioco alla Playstation. Poi faccio una videochiamata con il mio amico Federico. Subito prima della partita ascolto la musica. Nella mia playlist c’è soprattutto rap italiano: Gue, Marracash, Shiva».