19 novembre 2024
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Biografia di Don DeLillo (Donald Richard De Lillo)
Don DeLillo (Donald Richard De Lillo), nato a New York il 20 novembre 1936 (88 anni). È tra i quattro dell’Apocalisse del romanzo americano contemporaneo, secondo la definizione del critico letterario Harold Bloom, assieme a Philip Roth, Thomas Pynchon e Corman McCarthy. Figlio di immigrati italiani nel Bronx, è un profondo indagatore della cultura statunitense e di alcuni dei sui simboli: il baseball, il jazz, il cinema. Più volte candidato al Nobel per la letteratura, vive in simbiosi con la moglie Barbara, texana, architetto di giardini. Ha un carattere schivo, concede raramente interviste e lo circonda la fama di essere uno scrittore profetico, una caratteristica che si è rafforzata con il suo ultimo lavoro, il romanzo breve Il Silenzio, scritto nell’autunno del 2020, alla vigilia dello scoppio del Covid 19. In esso DeLillo descrive un black-out planetario che richiama per mille aspetti la pandemia globale e contiene persino un accenno alla sua origine cinese. Nonostante il suo pessimismo, ama scherzare su se stesso: «Lo sanno tutti che le vecchie generazioni trovano grande sollievo nel salvare la faccia», mentre un critico severo come Gian Paolo Serino, definito il tagliagole della critica letteraria, dopo aver stroncato il Nobel per la letteratura del 2022 andato alla francese Annie Ernaux, alla domanda A chi lo avresti dato? risponde «A Don DeLillo».
Titoli di testa. «Be’, DeLillo sul baseball ha scritto l’inarrivabile» (Intervista alla scrittrice Jennifer Egan, Tuttolibri, maggio 2022) • Il New York Times metterà Meridiano di sangue al terzo posto dei migliori romanzi di fine Novecento dopo Amatissima di Toni Morrison e Underworld di Don DeLillo (Anteprima luglio 2022).
Vita DeLillo nasce e cresce a Belmont, nei pressi di Arthur Avenue, un quartiere del Bronx, figlio di modesti immigrati italiani originari di Montagano (in provincia di Campobasso), emigrati negli Stati Uniti subito dopo la Grande Guerra. La nonna, ha raccontato, dopo una vita a New York non sapeva nemmeno una parola d’inglese. Frequenta scuole cattoliche (l’educazione impartitagli dai gesuiti avrà un peso determinante del suo orizzonte culturale) fino agli studi universitari alla Fordham University, dove si laurea in Arte della comunicazione. Per qualche anno lavora come copywriter alla Ogilvy & Mather ma poi sceglie di dedicarsi alle sue passioni, la letteratura e la musica. E ovviamente comincia a scrivere • Ha esordito nel 1971 col romanzo Americana che aveva l’ambizione di ricapitolare tutta la storia Usa nel viaggio on the road del protagonista verso il mitico Far West. L’esplorazione dell’autore è proseguita nei successivi End zone (1972), storia di un giocatore di football, e Great Jones street (1973), che ha per protagonista una rockstar. I tre romanzi d’esordio saranno pubblicati in Italia sono negli anni 2000 • «Ha avuto qualche remora quando ha lasciato il lavoro per diventare uno scrittore? “No! È stato anzi un grosso sollievo. Vivevo in un appartamento dove pagavo soltanto 60 dollari al mese di affitto. E quindi ero riuscito a mettere un po’ di soldi da parte. Una mattina mi sono svegliato e ho detto: oggi mi licenzio, e così ho fatto. Me lo ricordo come se fosse ieri. Con calma ho cominciato a lavorare al mio primo romanzo, e ho deciso che sarei andato avanti lo stesso anche se di lì a due anni nessuno avesse ancora accettato di pubblicarmi il libro. Ho tenuto fede a questo proposito e sono stato fortunato: il primo editore che l’ha letto ha deciso di pubblicarlo. E da allora la fortuna non mi ha mai abbandonato. Sono un ragazzo del Bronx. Le sfide non sono mancate. Ma sentivo che me la stavo cavando, e che me la sarei cavata sempre, l’importante era seguire quello che l’intuito mi diceva di fare”» [The Guardian]. DeLillo, prima di ricavarsi un posto nella letteratura internazionale, dovrà aspettare ancora qualche anno • Dal ’76 alla fine degli anni Settanta si getta nella letteratura di consumo, sperimentando i generi fantascientifico, del romanzo di spionaggio e poliziesco. Running dog è del 1978 e arriverà in Italia nel 1991 • Alla fine dei Settanta intraprende un lungo viaggio formativo in Medio Oriente e in India; successivamente si trasferisce in Grecia, dove vive per tre anni e scrive il suo ottavo romanzo, I nomi, che ha un buon successo come thriller psicologico • Torna quindi negli Stati Uniti dove scrive Rumore bianco (White Noise) con cui, nel 1985, vince il National Book Award. È la consacrazione ad autore di prima grandezza. La trama contrappone l’atmosfera brillante di un campus universitario a quella drammatica di un’apocalisse incombente che stravolgerà tutte le norme del vivere sociale. Poi arriva Libra, che qualcuno considera il suo capolavoro assieme a Underworld. L’opera, scritta nel 1988, ricostruisce in maniera romanzata l’assassinio del presidente Kennedy, il mistero più oscuro dell’America moderna, la perdita dell’innocenza del Nuovo continente • Un paradigma al quale DeLillo resterà fedele, testimoniando un radicale scetticismo storico e politico rispetto alle sorti del suo paese. Passando per Mao II del ’91, parodia di un romanzo storico, arriva Underworld del 1997, 880 pagine di storia statunitense ripercorse seguendo la traiettoria immaginaria di una pallina da baseball, tra una miriade di individui e cumuli di detriti, venerabili reliquie della civiltà dei consumi. E con sullo sfondo la leggendaria sfida tra New York Giants e Brooklyn Dodgers • A metà degli anni Ottanta DeLillo arriva per la prima volta nelle librerie italiane grazie all’editore napoletano Tullio Pironti, che pubblica i suoi romanzi sperimentali, I nomi a Libra), che poi sarebbero stati riproposti da Einaudi, assieme a tutte le opere dell’autore italoamericano. La presenza di DeLillo nella sua terra d’origine rappresenterà molto per lui. Antonio Monda, che è stato forse il suo maggior punto di riferimento italiano, racconta nel 2020 una delle sue visite. «Qualche anno fa, dopo un lunghissimo corteggiamento, Don DeLillo accettò di partecipare alle “Conversazioni”, e venne a Capri a patto di non essere fotografato: non si trattava di una richiesta divistica, ma la confessione di una timidezza estrema. Sin dall’arrivo si rivelò affabile con tutti, e grato per il rispetto della parola data. Il suo evento fu affascinante per profondità e autorevolezza, e nel discutere del rapporto tra etica ed estetica parlò di fatti mostruosi che avevano tuttavia una bellezza estetica, come il fungo atomico: la lucidità del suo ragionamento andava di pari passo con lo sgomento della conclusione. Il giorno successivo, prima di partire, invitò me e Davide Azzolini, co-direttore del Festival, a farsi immortalare in una foto, dove campeggia con l’immancabile berretto da baseball e i faraglioni sullo sfondo. Racconto questo episodio per sottolineare altri aspetti della personalità di Don: la profondità di riflessioni che non hanno paura di scandalizzare, e la necessità irrinunciabile di avere un rapporto di lealtà con l’interlocutore, che ripaga sempre con grande generosità» [Monda, Sta, marzo 2020] • «In seguito Don ha accettato di venire anche alla Festa del Cinema di Roma – racconta ancora Monda – dove ha parlato di Deserto rosso. Riuscì a celebrare l’importanza del film pure per gli spettatori più scettici, a cominciare dal sottoscritto. L’elemento che colpì tutti fu la competenza con cui parlò della composizione delle inquadrature: Don è appassionato di cinema, specie di opere che elaborano, anche sperimentalmente, le immagini, come lo Psycho di Douglas Gordon. “Il futuro appartiene alle folle”, mi disse, ed ebbi la sensazione che lo affermasse con amarezza, specie se lo si mette in parallelo con quanto ha ripetuto spesso in pubblico: “Lo scrittore è la persona che sta fuori della società, indipendente da ogni affiliazione e da ogni influenza”» [Ibid.] • La vena amara di De Lillo, si ritrova nelle sue opere maggiori: da Cosmopolis (2003), dove il racconto di una giornata di un giovane miliardario è il pretesto per tinteggiare, ancora, un efficace affresco dell’America dei paradossi; a The falling man (2007) nel quale l’uomo che cade è il simbolo più tremendo della scena da cui trae spunto il racconto, la strage dell’11 settembre. La bibliografia include altri titoli (Point Omega del 2010, The angel Esmeralda del 2011, ZeroK del 2016) ma per un altro passaggio chiave dell’opera di DeLillo occorre attendere il 2020 • The Silence, il silenzio, contrariamente agli altri suoi lavori decisamente voluminosi, è un racconto di poco più di cento pagine, è anche uno dei più inquietanti e controversi. Per qualcuno è tragicamente profetico. «The Silence, «Il silenzio», è il titolo del nuovo, sorprendente romanzo di Don DeLillo, edito in America da Scribner, che abbaglia con la chiarezza della sua costruzione e inquieta per il senso profetico dell’idea alla sua radice. DeLillo, nato nel 1936, nelle rare interviste ha sempre dribblato con eleganza le domande sulla sua – obiettiva – capacità di prevedere il futuro. Non ho il dono della profezia, spiega ogni volta a chi sottolinea come nei suoi libri abbia anticipato l’11 settembre, la crisi del 2008, il ritorno del nazionalismo, la concentrazione del potere (economico e non solo) nelle mani degli oligarchi dell’ex Urss. [...] In The Silence invece DeLillo mette in scena un dinner party infernale a casa di una professoressa universitaria e suo marito: siamo nel 2022, a New York, la sera del Super Bowl,[…] Quella sera, il mondo si ferma. Si spegne. Scompare tutta, ma proprio tutta, la tecnologia che ci circonda. […] Questo romanzo di DeLillo, appena uscito negli Stati Uniti, arriva mentre il mondo è lacerato da una pandemia e non rivela quale sia la catastrofe che è il motore della narrazione» [Persivale La Lettura., novembre 2020] • «Il nuovo libro di Don DeLillo, intitolato Il silenzio, si apre con una inquietante citazione di Albert Einstein: “Non so con quali armi si combatterà la Terza guerra mondiale, ma la Quarta guerra mondiale si combatterà con pietre e bastoni”. In uscita in Italia per Einaudi con un’ottima traduzione di Federica Aceto, questo breve romanzo è stato completato pochi giorni prima dello scoppio della pandemia, eppure trasmette già le angosce e lo sconcerto di fronte a un evento globale inaspettato: un blackout di tutti i computer. “La vita può essere così interessante che dimentichiamo di aver paura”, scrive DeLillo, ed è da questo concetto che si sviluppano i temi del libro, raccontati ancora una volta magistralmente attraverso personaggi vulnerabili e spaesati» [Monda, Rep, gennaio 2021].
Critica Il romanzo è celebrato ma non manca chi lo ha demolito: «Meglio tenersi cari i pregiudizi, riparano da tante delusioni. Mai avremmo letto un romanzo con la parola “silenzio” nel titolo, se non l’avesse scritto Don DeLillo […] Il silenzio (Einaudi) sta piacendo oltre ogni misura e decenza, regalando allo scrittore l’etichetta di “profetico”. [...] Quindi abbiamo messo da parte i pregiudizi, abbiamo letto le cento paginette. Pessima idea: abbiamo troppo amato Don DeLillo per rassegnarci a una fine così poco gloriosa. Febbraio 2022, una coppia (lei poetessa) rientra in aereo da Parigi a New York. È attesa da un’altra coppia, più un giovanotto spaiato, per guardare in compagnia la finale del Super Bowl. Turbolenza in volo, con disastroso atterraggio. Stupore a terra: lo schermo della tv è diventato nero, assieme a tutti gli smartphone. Stesso blackout, probabilmente esteso al mondo intero (purché munito di cellulare). […] Nella situazione apocalittica, i cinque sono decisamente tranquilli.[...] Forse era questa la profezia: Don DeLillo non racconta la fine del mondo, bensì il culto di Amanda con il cappottino giallo» [Mancuso, Il Foglio, febbraio 2021] • DeLillo ha cercato di spiegare il significato dell’opera: ”Tutto il mio lavoro è impregnato dal senso del mistero” mi dice nella sua casa dell’Upper East Side e la risposta finale, ammesso che ce ne sia una, è sempre fuori dal libro: tutti i miei libri hanno un finale aperto”. “In quello che scrivo parlo di mistero e non di occulto. Ogni volta che mi chiedo da dove nasca tutto ciò ritengo che sia inevitabile pensare alla mia formazione cattolica”. Ritiene che la tecnologia porti inevitabilmente all’individualismo? “Purtroppo sì, e questo ci costringe a riflettere sulla definizione di uomo come animale sociale. La modernità è caratterizzata sempre più spesso da una lacerante solitudine”. Borges scrive che gli specchi sono abominevoli perché moltiplicano gli esseri umani. “Rispondo che (Borges) è un genio che è riuscito a essere lucido e umanista allo stesso tempo”. Nei suoi libri si ha la sensazione che descriva eventi catastrofici con un misto di fascino e paura. “È esattamente così: ci sono entrambi gli aspetti, perché ogni cambiamento, anche il più drastico porta con sé qualcosa di nuovo. […] Ancora una volta parliamo del mistero, e questo ci obbliga a porci le grandi questioni esistenziali”» [Intervista a Monda, Rep. Febbraio 2021]
Cinema Alcune opere di DeLillo sono state adattate per il cinema. D’altra parte lui stesso ha raccontato che la sua educazione si è compiuta davanti al grande schermo. «Ho passato tutta la mia gioventù al cinema, e i film sono stati importanti come i libri: ho divorato le opere di Kurosawa, Fellini, Antonioni e Bergman, che ha realizzato un film con lo stesso titolo del libro, e che tuttavia non ho voluto rivedere fin quando non l’ho completato». E alla domanda e esistono film che hanno rivoluzionato il suo modo di scrivere risponde: «Certamente il grande cinema americano degli anni Settanta, a cominciare da Coppola ma anche Wanda di Barbara Loden. Per quanto riguarda la letteratura direi che nessun libro mi ha cambiato come l’Ulisse di Joyce» • Il cinema ha ricambiato in maniera crescente la sua passione: dopo Looking at the dead (diretto da Jean-Gabriel Périot nel 2011) e The rapture of the athlete assumed into heaven (del regista Keith Bogart, 2007) Game 6, girato da Michael Hoffman e basato su una sua sceneggiatura, è stata la volta di Cosmopolis di David Cronenberg e Never ever di Benoît Jacquot. Nel 2022 White noise ha aperto la Mostra del cinema di Venezia e poi il festival di New York: diretto da Noah Baumbach e interpretato da Adam Driver e Greta Gerwig, è stato uno dei film più attesi della stagione. Un retroscena racconta che il progetto nacque da un incontro dello scrittore con Harvey Weinstein avvenuto mentre Don in pigiama andava a prendere il giornale nel vialetto di casa: «Scambiano un cenno di saluto. Il cervello del produttore che “trasformava in Oscar quel che toccava” comincia a fare progetti (prima che cadesse in disgrazia e diventasse il Molestatore Numero Uno di Hollywood). Sarebbe – pensa – una grandiosa idea rientrare in pista con un film tratto da un romanzo considerato “inadattabile”» [M. R, Mancuso, Robinson, novembre 2022] • «“Non l’ho ancora visto”, racconta lo scrittore con voce stanca, «ma solo perché la mia salute non mi consente di muovermi: dall’inizio del Covid limito all’essenziale le uscite di casa e me ne rammarico: sarei andato volentieri a vederlo alla prima a Venezia”. Crede sia l’atteggiamento che debba tenere un autore nel caso di un adattamento? “Non credo ci sia una regola fissa: io appartengo alla categoria di chi pensa che il film è un’opera autonoma. È un medium molto differente e, per quanto mi riguarda, ho a cuore che venga preservato il senso del libro e il più possibile la trama”. Quali sono a suo avviso degli esempi di adattamenti riusciti? “I primi film che mi vengono in mente sono Il Gattopardo di Luchino Visconti e I morti di John Huston”. Le viene in mente un film che riesce a essere potente sul piano delle immagini ma debole su quello dei dialoghi? “Io amo Deserto rosso, e in generale Antonioni, ma credo che l’immagine di Monica Vitti con il cappotto verde e quelle della natura contaminata rendano il senso di angoscia e alienazione in maniera più efficace di una battuta”» [Monda, Rep, agosto 2022].
Passioni. Il baseball è stato per anni l’argomento principale delle sue discussioni con Paul Auster e con Philip Roth, al quale Don è stato legato da una profonda amicizia, nonostante occasionali rivalità: nel 1997 Underworld fu finalista al Pulitzer insieme a Pastorale americana • E poi c’è la musica jazz, in particolare la più sperimentale (di Ornette Coleman, per fare un nome). Tra i musicisti preferiti, DeLillo elenca Miles Davis, John Coltrane e Charles Mingus. E tra i suoi colleghi scrittori? È stato lusingato a vedere il proprio nome accostato a quelli di Philip Roth, Thomas Pynchon e Cormac McCarthy. Ma non ama essere definito postmoderno. Agli esordi ha indicato come modelli letterari Flannery O’Connor ed Ernest Hemingway, E, parlando di letteratura, commenta: «Oggi, per un giovane, è molto più difficile di quando ho debuttato: gli editori rischiano meno e gli scrittori, consapevoli di un mercato ristretto, si comportano fin troppo bene».
Politica De Lillo, pur dichiarandosi lontano da qualsiasi religione o appartenenza, ha sempre rivendicato il ruolo della scrittura: «Gli scrittori devono opporsi al sistema. È importante scrivere contro il potere, le corporazioni, lo Stato e l’intero sistema di piaceri che ci debilitano e consumano». Nel 2022, parlava delle proprie aspettative: «La prima è quella di mettersi definitivamente alle spalle la malvagia anarchia che ha scatenato Donald Trump: uno dei risultati della sua pessima amministrazione è che viviamo in una condizione di costante e violenta incertezza. Ci sono moltissime ferite da sanare e credo che Biden possa essere l’uomo giusto: ha già fatto delle ottime scelte per la nuova amministrazione. Ma la domanda che purtroppo dobbiamo farci è: gli andrà dietro il Paese? Perché l’America non è soltanto New York, Chicago e Los Angeles, ma anche le grandi praterie e quello che gli abitanti delle metropoli chiamano con snobismo il centro del nulla. Quel mondo è del tutto insulare e imprescindibilmente legato alla cultura primordiale dei pionieri, a cominciare dall’uso delle armi e della violenza». Proprio quel mondo quest’anno deve averlo colpito nel profondo.
Titoli di coda «Anelo i giorni del disordine. Li rivoglio indietro, i giorni in cui ero vivo su questa terra, creando increspature nella mia carne viva, ed ero distratto e vero. Ero debole, arrabbiato e autentico. Questo è ciò a cui anelo, la rottura della pace, i giorni disordinati, quando camminavo in strade vive, facevo cose affrettate ed ero sempre infuriato e pronto, un pericolo per gli altri e un mistero per me stesso» (nel 2022).