27 novembre 2024
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Biografia di Eva Cantarella
Eva Cantarella, nata a Roma 28 novembre 1936 (88 anni). Grecista. Storica. Giurista. Saggista • Laureata in Legge, specializzata a Berkeley (Usa) e Heidelberg (Germania). Docente di Istituzioni di Diritto romano e Diritto greco alla Statale di Milano. Global Professor nella Law School della New York University. Ha insegnato anche a l’École Normale Superieure di Parigi, alla Scuola Archeologica Italiana ad Atene e nelle Università di Austin, Barcellona, Granata e Santiago de Compostela. I suoi libri sono tradotti in tutto il mondo. Nel 2002 fu nominata da Ciampi Grand’Ufficiale della Repubblica. L’anno successivo vinse il premio Bagutta con il libro Itaca. Eroi, donne, potere tra vendetta e diritto. Nel 2017 ha ricevuto l’Ambrogino d’oro. Nel 2019 ha vinto il Premio Hemingway.
Titoli di testa «Non ha mai fatto la signora anche essendo nata signora. Professoressa, superdocente internazionale, emblema del successo intellettuale femminile, Eva è adesso la donna più significativa di Milano. Lei che è del Sud rappresenta la città della nebbia» (Lina Sotis).
Vita Figlia del grande grecista Raffaele. «Mio padre era nato a Messina. Insegnò a Napoli e poi si trasferì a Milano e noi con lui. Avevo cinque anni» [ad Antonio Gnoli, Rep] • La sua favola della buona notte era la storia di Ulisse e del Ciclope: «Il mare greco era il Mediterraneo. Che le posso aggiungere? Per me un mondo di favole e di miti che mio padre quando ero piccola raccontava a me e a mia sorella prima di addormentarci» [ibid.] • «Mia madre diceva a papà: “Così spaventi le bambine”. E lui rispondeva: “Cappuccetto rosso è molto peggio”» [a Silvia Truzzi, Fatto] • «Ho sofferto quella città, almeno fino al liceo». Il periodo trascorso alle scuole medie dalle suore Marcelline «fu un orrore. Tra costoro spiccava suor Marì, una specie di capessa che quando vedeva arrivare i bambini gridava: vade retro Satana. Una volta, incautamente, mi sedetti sul calorifero e suor Marì guardandomi in cagnesco disse: scendi di lì subito che il caldo sconvolge i sensi» • Il liceo «fu liberatorio. Mi iscrissi al Beccaria, la scuola della buona borghesia. Non avevo molta voglia di studiare. Ero abilissima nel copiare. Presi la maturità nel 1956. Sentivo confusamente i primi fermenti politici: il trauma dell’Ungheria mi sembrò il frutto di una profonda speranza tradita» [ad Antonio Gnoli, Rep] • «E al Beccaria c’era pure Achille Occhetto, che noi prendevamo in giro dicendo che ogni mattina baciava la bandiera rossa del traffico. C’era Carlo Basso, il figlio di Lelio. Eravamo di sinistra e con una grande apertura mentale, ma la società era quella che era e molte donne rinunciavano ad una carriera senza nemmeno provarci» [Scorranese, cit.] • «All’Università mi rifiutai di iscrivermi alla facoltà dove insegnava mio padre. Mi imbarazzava l’idea di essere la figlia del Professore» [Gnoli, cit.] • «Un giorno dissi in casa che volevo fare Legge. Mamma sgranò gli occhi: “Ma non puoi, alcuni giorni al mese tu stai male”» [a Roberta Scorranese, Cds] • «Così studiai Legge, laureandomi con una tesi sul diritto romano antico e poi dedicandomi, per conto mio, al diritto greco». Come visse tutto questo? «Stavo lavorando a una ricerca sul matrimonio nell’antica Roma. Passavo molto tempo in biblioteca e casualmente scoprii alcune implicazioni che mi fecero appassionare al diritto greco. Quanto al resto ero pienamente coinvolta dal nuovo clima culturale. L’università ospitava Allen Ginsberg e Gregory Corso. A San Francisco, Ferlinghetti aveva fatto della sua libreria un posto di grande libertà intellettuale. La marijuana circolava in quantità industriale e l’Lsd aveva trovato in Timothy Leary il suo ambiguo profeta». E gli amori? «C’erano i figli dei fiori e i figli di puttana che volevano approfittare del clima favorevole. Ero fresca della lettura del Secondo sesso di Simone de Beauvoir. Capii che donne non si nasce ma si diventa. Mi aveva appassionato la sua storia con Sartre, all’insegna della libertà reciproca». La famosa “coppia aperta”. «Diciamo senza gli stretti obblighi della fedeltà coniugale. Per la mia generazione fu importante. Poi, quando scoprii che Simone supplicava Nelson Algren, neanche fosse diventata il suo tappetino personale, ci restai male». E tornò al matrimonio romano? «Mi appassionai al diritto greco. Scrissi un libro sul diritto omerico, che era diritto consuetudinario dal momento che non esisteva una riflessione su di esso» • «Milano allora cominciava ad essere interessante. La sera c’erano i primi reading di poesia. Fui perfino portata ad assistere a delle lezioni sui Manoscritti filosofico politici di Marx. Erano giovanissimi allievi di Enzo Paci a discuterne. Fuggii dalla noia. Non ricordo se c’era anche quello che in seguito sarebbe diventato mio marito: Guido Martinotti. Ci conoscemmo al liceo e ci sposammo alla fine dell’università. Nel 1961. Un paio di anni dopo partimmo per Berkeley, dove Guido aveva ottenuto una borsa di studio. Era un sociologo. Lo raggiunsi con qualche apprensione e molta curiosità verso un Paese che mi pareva vitale e arrogante. Avevano appena ucciso Kennedy. La notizia sconvolse Berkeley. La morte di un presidente giovane fu un duro colpo sulle aspettative di una generazione che non si identificava con il ruolo che l’America stava assumendo nel mondo. Poi lo sconcerto finì e la vita riprese: le proteste, gli amori, la controcultura si dimostrarono più forti di prima» [ibid.] • «Non volevo fare l’assistente a vita quindi ho dato l’esame da procuratore e sono diventata avvocato, ma quello che volevo fare era soprattutto studiare, concentrandomi sulla ricerca, per cui ho mosso i primi passi verso l’insegnamento come professore incaricato a Milano» [Truzzi, cit.] • Siamo alla fine degli anni Sessanta, vero? «Ma in parallelo scrissi due libri che fecero scandalo, L’ambiguo malanno e Secondo natura. Il primo era un trattato sulla discriminazione millenaria delle donne e il secondo osava parlare della bisessualità nel mondo antico». E che cosa accadde? «Accadde che mi spedirono a Camerino, Pavia e Parma. E allora non c’erano mica i treni veloci. Ricordo che un pezzetto di strada fino a Camerino lo dovevo fare a bordo di un camioncino che consegnava i giornali, quando tornavo da Milano. Il punto era che parlare di certi temi, anche nella liberale e apertissima Milano, era complicato. Specie se eri donna» [Scorranese, cit.] • «A quei tempi la strada per diventare di ruolo passava per un periodo di addestramento in università diverse da quelle in cui ci si era laureati. Un’esperienza positiva, sia detto per inciso, che allargava la mente consentendo di conoscere altre scuole e altri metodi di ricerca. Dopo nove anni a Camerino, vinto il concorso da ordinario, sono stata chiamata a Parma (tre anni), a Pavia (altri tre anni) e nell’88 sono tornata a Milano» [Truzzi, cit.] • Alla fine per Eva Cantarella era arrivata la cattedra a Milano. Lei è stata la prima professoressa a Legge? «No, credo che prima ci sia stata Luisa Riva Sanseverino, ma guardi, non è che la mia memoria sia perfetta. Quel che è certo è che ho insegnato Istituzioni di diritto romano e di diritto greco fino al 2010, ho scritto numerosi libri di divulgazione. Ora, molti in Italia storcono il naso davanti a questa parola, ma io sono convinta che se si facesse migliore divulgazione, sia la scuola che il mondo del lavoro starebbero meglio» [Scorranese, cit.] • Femminista della prima ora, comunista, in prima linea nelle battaglie per divorzio e aborto. Lei ha partecipato anche ad alcune riunioni di Rivolta Femminile, il gruppo di Carla Lonzi? «Sì, per poco tempo. Detto fra noi, mi annoiavo di più nelle serate in cui con quelli di sinistra si andava avanti per ore a leggere Marx. Lonzi era una tostissima, ha scritto Sputiamo su Hegel, non ero d’accordo con lei su tutto, però era una donna molto intelligente. Poi ho seguito i gruppi di autocoscienza, interessanti, sì, ma ci vedevo molta infelicità. Non so, penso che la questione femminista abbia bisogno di un rasserenamento di fondo. Sento ancora troppe donne che si dicono disperate perché non hanno avuto figli, come se si sentissero a metà. Fino a quando vivremo in un mondo che fa sentire “a metà” queste donne, non faremo veri passi avanti» [Scorranese, cit.] • «Non sono contraria a scendere in piazza. In una fase in cui siamo tutti incatenati agli schermi, la parola pubblica sarebbe la vera novità» (a Maria Laura Rodotà, Cds 2009] • Nella mitologia greca Pandora, essere femminile, è il simbolo dell’origine di tutti i mali. Crede che ci sia ancora molta strada da fare? «Il mito di Pandora è una sciagura che la dice lunga su come ci hanno viste per millenni. Aristotele diceva che una donna non possiede il logos. Oggi per fortuna molte battaglie le vinciamo, ma ora tocca a quelle più giovani» [Scorranese, cit.] • Il movimento #MeToo l’ha convinta? «Ho qualche perplessità. Intanto perché penso che per le donne con minore visibilità rispetto alle grandi attrici non sia cambiato nulla e nulla cambierà. Ma poi credo che negli ultimi anni sia stato soppresso uno dei rituali sociali più importanti, il corteggiamento. È un bene sottolineare le ambiguità di certi comportamenti maschili e meno male che lo si è fatto. Ma attenzione a uccidere del tutto il corteggiamento, che di ambiguità si nutre. È un gioco che ci fa bene perché ci porta a scoprirci, a capirci meglio, a comprenderci, anche quando non sfocia a nulla. È un rituale di scoperta dell’altro e dell’altra indispensabile per poterci accettare a vicenda» [Scorranese, cit.] • Nel 2008 tra coloro che raccolsero l’appello di Angelo D’Orsi per mostrare solidarietà ai 67 docenti di fisica della Sapienza una cui lettera aveva fatto saltare l’invito a Benedetto XVI per l’inaugurazione dell’anno accademico • «È una grecista meravigliosa perché sa raccontare gli dei e gli eroi dell’antica Grecia come fossero i personaggi del più appassionante fra i telefilm americani, e ha trasformato Afrodite in Gabrielle di Desperate Housewives: “Lo sapevano tutti, sull’Olimpo, che appena Efesto voltava le spalle Afrodite ne approfittava per appartarsi con Ares”» (Il Foglio). • Anni di studi sul diritto e sulla condizione delle donne nel mondo antico. Che cosa ha imparato? «Che certi pregiudizi sono millenari e che sarà difficilissimo sradicarli». Arianna, che viene abbandonata da Teseo sull’isola di Nasso (da cui l’espressione «piantare in asso») è una vittima? «Sì, perché quel fetente l’ha trattata male, ma non dimentichiamoci che poco dopo arriva Dioniso che la salva». E Lisistrata? «Oggi è diventata un simbolo femminista ma quando Aristofane racconta la sua storia in realtà sta commiserando Atene perché, dice, la sua antica grandezza si è ridotta ad essere in mano alle donne. Insomma, è sempre un maschio che narra le vicende di una femmina». Anche Antigone è molto amata dalle femministe... «No, non mi faccia parlare di Antigone, perché sennò ne parlo male, su». Ci interessa! «Una volta l’amico Giulio Guidorizzi mi invitò a tenere una conferenza su Antigone in un circolo culturale. Io andai e dissi peste e corna di quel personaggio, senza sapere che quel circolo era intitolato proprio a lei. All’inizio ci fu molta perplessità ma poi in tanti si congratularono. Dunque, per carità, è stata una grande figura della tragedia greca. Ma Dio mio che freddezza! Che ottusità. Antigone tratta malissimo la sorella, corteggia la morte ma le dispiace morire senza nozze, guarda caso. Il fidanzato nemmeno lo calcola e quel povero Creonte... altro che tiranno, Creonte era un bravo governatore che voleva far rispettare le leggi». Elena è più interessante, no? «Soprattutto quando mi sono accorta che nell’Eneide si dice che abbia avuto addirittura un terzo marito! Con lei sì che la faccenda si fa intrigante».
Saggi Tra i suoi libri: Studi sull’omicidio in diritto greco e romano (1976); Norma e sanzione in Omero. Contributo alla protostoria del diritto greco (1979); L’ambiguo malanno. Condizione e immagine della donna nell’antichità greca e romana (1981); Tacita Muta: la donna nella città antica (1985); Secondo natura. La bisessualità nel mondo antico (1988); Diritto greco (1994); Passato prossimo. Donne romane da Tacita a Sulpicia (1996); Pompei. I volti dell’amore (1998); Storia del diritto romano (1999); Itaca. Eroi, donne, potere tra vendetta e diritto (2000); Istituzioni di diritto romano (2000; premio Bagutta 2003); Istituzioni di diritto romano (2007); L’amore è un dio. Il sesso e la polis (2007); Dammi mille baci. Veri uomini e vere donne nell’antica Roma (2009); «Sopporta, cuore...». La scelta di Ulisse (2010); Perfino Catone scriveva ricette. I greci, i romani e noi (2014); Non sei più mio padre. Il conflitto tra genitori e figli nel mondo antico (2015); Gli amori degli altri. Tra cielo e terra, da Zeus a Cesare (2018); Gli inganni di Pandora: l’origine delle discriminazioni di genere nella Grecia antica (2019); nel 2021, Atene e Sparta. Democrazia e totalitarismo e L’emancipazione femminile attraverso lo sport (con E. Miraglia); Contro Antigone o dell’egoismo sociale (2024).
Curiosità In casa non fa nulla: «Non ho mai voluto imparare. Non so nemmeno cucinare, tranne due piatti: frittata di maccheroni e pollo in gelatina, ma li preparo giusto una volta l’anno».
Amori «Con mio marito ci sposammo giovani. Lui sapeva che avrei fatto qualcosa di molto autonomo. Ho insegnato, in molte università, in giro per il mondo. E siamo stati indipendenti e liberi di decidere come comportarci. Abbiamo resistito alle crisi. Abbiamo sempre tenuto due case separate e in cinquant’anni di matrimonio, con un divorzio e poi di nuovo sposati, abbiamo sempre pensato che, se ne valeva la pena, era meglio sperimentare una storia che rifiutarla» [Gonli, cit.] • Formidabili quegli anni. «Pensi che nella parentesi in cui eravamo “divorziati”, di nascosto dai rispettivi amanti ci vedemmo in Grecia. Ci scoprirono: che scenate!» [Scorranese, cit.] • Avete spesso messo alla prova il vostro rapporto? «Spesso no. Ma con la consapevolezza che niente fuori da questo rapporto aveva il carattere definitivo. Di definitivo ci siamo stati noi. Guido è morto da un paio di anni, a causa di un aneurisma. Mi manca tutto di lui. Gli effetti sono stati molto destabilizzanti. Ancora oggi mi chiedo cosa avrebbe detto attorno a una certa scelta politica o di vita. Aveva il dono di orientarmi. Per me che non ho mai conosciuto la fede la sua parola è stata a volte rivelatrice». Accennava agli effetti destabilizzanti. «Diciamo pure un forte disorientamento». Che ha vissuto come? «Con tristezza e panico. Ma un panico senza voce, senza emozione. Non ho mai desiderato di morire. Una volta mi faceva paura la morte, poi solo rabbia. Infine è subentrato un senso di tranquillità. Perché finché ci sono, in qualche modo, continua ad esserci ancora lui. Perciò vorrei vivere a lungo. Come dice Eschilo: essere morti è come non essere mai nati» [a Gnoli, cit.] • Nessun figlio: «Per scelta. Non ne sentivo il bisogno, avevo altre cose da fare, volevo lavorare, studiare, fare carriera. Non me ne sono mai pentita, non ho rimpianti». «I figli deve farli chi li vuole. Io non ho mai sentito questo desiderio, non mi pento e non mi sento un mostro». Due nipoti adulti, Roberto e Ettore, figli della sorella Giovanna: «Li adoro» • E oggi? «Senta, io ho il massimo rispetto per chi si innamora alla terza, alla quarta e alla quinta età ma per me è un capitolo chiuso della vita. E poi da sola sto benissimo. Niente figli, ma tanti allievi, tanti amici, tanti ricordi, tanti libri da leggere» [a Scorranese, cit.]
Titoli di coda Per concludere, se dovesse esprimere un desiderio? «Tornare in Grecia. Manco da troppo tempo. Forse l’ultima volta che ci sono stata ero in una delle fughe semi-segrete con mio marito, pensi un po’».