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 2024  novembre 30 Sabato calendario

Notre-Dame riapre

Ce l’hanno fatta. Cinque anni dovevano essere e cinque anni, più o meno, sono stati. Notre-Dame risorge dalle sue ceneri, pronta per la mondovisione del 7 e dell’8 dicembre, doppia celebrazione prima profana e poi sacra. Ieri il Presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, ha visitato la chiesa più famosa di Francia e sono state diffuse le prime immagini dell’edificio restaurato. In effetti, dall’incendio del 15 aprile 2019 la cattedrale non uscì distrutta, come titolò sbadatamente qualche giornale; ma molto danneggiata, sì. Allora Macron promise che sarebbe stata rimessa a nuovo in cinque anni e gli va dato atto di aver mantenuto la promessa. Legittima, allora, quella retorica che in Francia non manca nemmeno nelle occasioni ordinarie, figuriamoci in quelle eccezionali. Così il Président ha arringato i duemila artigiani specializzati che hanno rimesso in piedi la vecchia signora di pietra: «È sublime. Avete realizzato ciò che sembrava impossibile, avete trasformato il carbone in arte». Riceveranno tutti uno speciale “diplôme Notre-Dame”, e tante grazie. Macron sapeva che sul dossier della ricostruzione post-incendio si giocava la faccia e ce l’ha messa, facendo seguire i lavori dall’Eliseo e non dal ministero della Cultura e mettendo a sorvegliarli un generale. Il Figliuolo francese si chiamava Jean-Louis Georgelin, già capo di Stato maggiore delle Forze armate e poi gran cancelliere della Legion d’Onore, nominato nel 2019 responsabile dei lavori. Non ne ha però visto la fine perché, appassionato di alpinismo, è precipitato sui Pirenei l’anno scorso: una targa lo ricorda. Finora i lavori sono costati circa 700 milioni di euro; comunque meno degli 846 arrivati dalle donazioni di tutto il mondo.
Certo, a vedere le prime fotografie, Notre-Dame fa un effetto spiazzante. Come molti edifici storici cui si rimette mano, sembra appena uscita dalla lavatrice: mai i muri delle navate sono stati così chiari, nella loro pietra “bionda” tipica di Parigi (vero anche che l’ultimo “restauro” che l’aveva resa più gotica che mai, quello griffato Eugène Viollet-le-Duc sull’onda del gusto medievaleggiante e dei romanzi di Victor Hugo, risaliva al 1850). Ma pare tutto molto bello, compreso il nuovo grande reliquiario di Sylvain Dubussone. Grandi polemiche, invece, perché pare che non saranno ripristinate le vetrate “en grisaille” di Viollet-le-Duc, che pure si erano salvate, per sostituirle con opere contemporanee. Una petizione ha raccolto più di 225 mila firme per impedirlo, ma si sa che la Francia è l’unica vera monarchia assoluta rimasta, quindi chi decide è il Presidente. L’altare della Pietà e le statue ai due lati, “Luigi XIV inginocchiato” di Coysevox e “Luigi XIII nell’atto di offrire la corona alla Vergine” di Coustou, per fortuna, sono dove sono sempre state. Viollet-le-Duc piazzò sul tetto anche la celebre “flèche”, la guglia, il cui crollò diventò il simbolo stesso della tragedia: è stata rifatta dov’era e com’era, compresa la reliquia della Corona di spine che c’era dentro e che fu ritrovata intatta fra le macerie, facendo gridare al miracolo i ragazzi lefebvriani che vidi, il giorno dopo il rogo, recitare il rosario leggendolo dallo smartphone. Attesi, dopo la riapertura, 40 mila visitatori al giorno.
Per Macron è anche una grande operazione d’immagine. Il momento, per lui, non è facile. I sondaggi sono pessimi, il debolissimo governo Barnier traballa davanti a una megafinanziaria da 60 miliardi fra tagli e nuove tasse, è in arrivo un’ondata di scioperi e il rendimento dei Bot decennali francesi è salito al 3,02%, un centesimo più di quelli greci. Rifare più bella che mai Notre-Dame, simbolo della Francia e gloria nazionale, serve anche a compattare un Paese sempre più diviso e arrabbiato. La cattedrale di Parigi è sempre stato un monumento “nazionale”, nemmeno troppo “vecchia Francia” monarchica e cattolica perché i Re si sono sempre fatti consacrare a Reims e seppellire a Saint-Denis. In effetti, in Notre-Dame di incoronazioni se ne fecero solo due, ed entrambe di usurpatori: Enrico VI d’Inghilterra nel 1431 e di Napoleone nel 1804. Il 19 maggio 1940, mentre i panzer di Hitler dilagavano, si vide il presidente del Consiglio Paul Reynaud, ateo e massone, seguire devotamente la processione di sainte Geneviève patrona di Parigi (santa Genoveffa, però, il miracolo non lo fece).
Insomma, Notre-Dame non è solo un’icona della Francia “fille ainée de l’Eglise”, ma della Francia “tout court”. Per questo Macron ci ha tanto scommesso e «ha fatto con Notre-Dame quello che non è riuscito a fare con la Francia», come maramaldeggia il Figaro. E per questo la riapertura sarà in grande evento planetario, davanti a 170 vescovi e a molti capi di Stato, compreso Mattarella. Mancherà soltanto il diretto interessato. Papa Francesco non ci sarà, a conferma dei rapporti non idilliaci fra la Quinta Repubblica e la Santa Sede e, dicono, anche personali fra Macron e Bergoglio. Il quale ha fatto sapere che andrà sì in Francia, ma il 15 dicembre e ad Ajaccio (e allora non manchi di vedere la collezione del cardinale Fesch, zio di Napoleone, mediocre ecclesiastico ma eccellente connaisseur...).