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 2024  novembre 30 Sabato calendario

Per Vittorino Andreoli troppi giovani eroi del nulla

Vittorino Andreoli, psichiatra, è molto netto sul come definire la violenza giovanile che si è scatenata nelle piazze: «Occorre usare un termine che si chiama distruttività, un atteggiamento recente che caratterizza questi episodi e questa generazione, almeno una parte. È una piccola apocalisse, la voglia di distruggere. Si può rompere, si può uccidere, si può fare qualsiasi cosa che non ha uno scopo. E si differenzia dalla violenza che invece può avere uno scopo».
Questi ragazzi che vandalizzano le città, bruciano le foto di Meloni e Salvini, non hanno consapevolezza?
«Hanno la consapevolezza ma quello che fanno non è finalizzato. Le loro sono risposte immediate, non meditate».
Non pensano nemmeno alle conseguenze?
«No, né per gli altri né per se stessi. Lo vediamo nelle piazze ma lo abbiamo visto in tanti casi di cronaca».
Da cosa deriva tutto questo?
«Questi atti permettono di farli sentire potenti. È un bisogno di esistere, sono gli eroi del nulla. Con una vita senza ambizioni e senza interessi e anche senza comprensione delle conseguenze. Non sono inseriti in senso positivo nella società: non hanno la percezione del futuro».
E questo però è colpa degli adulti e della società, non pensa?
«Colpa di una società che non ha tempo di educare, perché nel mondo digitale, dei social, è tutto “qui e subito”. Il mio libro infatti si chiama “La società del pressappoco”, quella dove crescono questi comportamenti distruttivi».
Da quello che dice non c’è nessuna analogia con quello che è avvenuto nelle piazze negli anni ’70?
«Negli anni ’70 c’erano le ideologie, c’erano degli imperativi e c’erano i progetti. Oggi c’è l’empirismo, ti alzi e fai in risposta agli stimoli».
Non è troppo severo?
«Questa è la condizione, poi mica sono tutti così, stiamo parlando di un certo tipo di ragazzi. Quando poi io vado negli istituti di detenzione vedo ragazzi che dopo un quarto d’ora piangono e si accorgono di quello che hanno fatto».
Che fare?
«Bisogna cercare di insegnare loro il futuro. Vivono nel mondo virtuale per cinque ore al giorno e poi non riescono a inserirsi nel mondo reale, è una regressione. Problema molto complicato. Nel mondo virtuale vige la regola del “mi piace”, e se una cosa non ti piace la cancelli».