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 2024  novembre 30 Sabato calendario

Ora all’esercito ucraino mancano i soldati per potersi difendere

Le forze armate ucraine sono malate, mancano di soldati, tanti fuggono dal fronte: un problema gravissimo, specie in queste settimane in cui Vladimir Putin intensifica le offensive per annettere il massimo del territorio ucraino prima dell’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump. Pare che l’occupazione russa a inizio ottobre di Vulhedar, la cittadina strategica nel Donbass meridionale, sia da imputare alle unità che se la sono data a gambe lasciando i bunker sguarniti. Secondo alcune fonti, tra il 10 e 20 per cento del circa un milione e 300 mila soldati ucraini potrebbe essere processato per vari gradi di renitenza al reclutamento. 
Ci sono i «disertori» veri e propri e invece gli «Szch», dall’acronimo ucraino che indica «coloro che hanno abbandonato la loro unità senza autorizzazione». I primi hanno su di loro il marchio dell’infamia: sono scappati dalle trincee col fucile in mano, mettendo in pericolo la vita dei compagni e pregiudicando la tenuta di interi settori, rischiano oltre 7 anni di carcere. I secondi godono di attenuanti: non hanno ceduto nel fuoco della battaglia, piuttosto sono fuggiti dalle seconde linee, hanno abbandonato le caserme, sono inclusi coloro che non tornano ai loro battaglioni dalle licenze o dalle convalescenze. 
Ma i gradi diversi della gravità del reato non cambiano la sostanza del problema: dopo l’ondata di generosi volontari che nei primi momenti dell’invasione russa 33 mesi fa si offrirono per difendere il Paese, oggi tanti, tantissimi disertano o cercano di evitare la coscrizione. «L’handicap maggiore delle forze armate ucraine non sta tanto nella mancanza di armi o munizioni, piuttosto non hanno soldati. I veterani sono stanchi, esauriti. E i rimpiazzi arrivati dopo la promulgazione tardiva della legge sulla leva, tra aprile e giugno, sono troppo pochi e per la maggioranza dei casi non vanno bene, mancano di addestramento e motivazione», sostengono al Pentagono. Lo stesso ministero degli Interni a Kiev ricorda che, tra i circa 8-10 milioni di ucraini emigrati all’estero dopo l’attacco russo, almeno 600.000 uomini tra i 25 e 60 anni non intendono tornare per combattere. Non a caso, l’amministrazione Biden ha di recente suggerito a Zelensky di abbassare l’età del reclutamento sino ai 18enni. Le conseguenze le abbiamo rilevate durante un recente reportage sul fronte presso Pokrovsk, la cittadina del Donbass contesa da tre mesi. «Non disponiamo di numeri sufficienti di soldati per tenere le postazioni. Per sopperire usiamo a man bassa i droni, specie quelli piccoli e leggeri disegnati per i blitz kamikaze. Ma non sempre vanno bene. I droni aiutano a difendere, però non funzionano per i contrattacchi veloci, dove le fanterie sono insostituibili», ci diceva Kostantin, un sergente maggiore quarantenne della 29esima Brigata dispiegata a fermare le pattuglie russe in avanscoperta. 
I motivi delle diserzioni sono molti, oltre alla stanchezza generale del Paese. La gente odia le brutali retate della polizia a caccia di reclute, specie la tattica che chiamano «busificazione»: gli agenti salgono sugli autobus di linea e portano in caserma tutti i ritenuti abili. Sono però aspetti da raccontare tenendo conto che la democrazia ucraina tollera le critiche al governo e la descrizione delle difficoltà interne, che certamente esistono anche in Russia, ma dove la censura punisce le voci di coloro che si discostano dalla propaganda di regime. 
Spiega il politologo Taras Semenyuk: «I veterani ucraini sono spietati contro la corruzione del Paese e non sopportano più che ci siano i benestanti che pagano per non fare il soldato, mentre i poveracci vanno a morire. C’è inoltre lo scontro generazionale tra i vecchi ufficiali formati al tempo dell’esercito sovietico e le reclute cresciute nella società aperta alle influenze occidentali». Anche per questo, Zelensky ha appena promulgato una nuova legge che facilità il ritorno nei ranghi dei disertori senza alcuna punizione e la possibilità di potere essere trasferiti in unità con comandanti diversi.