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 2024  dicembre 05 Giovedì calendario

Biografia di Hannah Arendt

«Tra due persone accade che, talvolta, molto raramente, nasca un mondo. Un minuscolo microcosmo, in cui ci si può sempre salvare dal mondo che crolla». E di crolli, di Götterdämmerung, colei che ha scritto queste parole – cioè Hannah Arendt – aveva avuto una dolorosa esperienza. Dice dunque una verità, quando sostiene che quel prodigio sorprendente che è l’amore sia in grado di farsi universo a sé. Perché la sua forza è far sentire sicuri e al caldo persino quando fuori scoppia la tempesta. Divenendo una bolla, uno spazio sacro, dove niente e nessuno può penetrare. Che poi il suddetto microcosmo possa reggere a lungo, facendosi salvifico in modo definitivo, è un’altra faccenda. «All’apparir del vero» si finisce quasi sempre per cadere. Anche se molto dipende dalle persone, dalle luci e le ombre che hanno dentro e proiettano sugli altri.
INAFFERABILE
Pure di ciò ha fatto esperienza la Arendt, filosofa fra le più straordinarie del Novecento. E consapevole di quanto inafferrabile sia l’essere umano, quanto complesse e scivolose possano essere le categorie eterne di Bene e Male. Lei stessa, in “Vita activa”, ha distinto il “chi” dal “che cosa”. Ovvero «chi una persona è e che cosa essa stessa fa, produce o crea». Perché – sottolinea l’articolo sulla Arendt in Enciclopedia delle Donne – «cosa uno ha detto, fatto e prodotto» non sempre racchiude la sua essenza, né la sua eventuale grandezza. Questa distinzione si riferisce al cosiddetto «agire politico», di cui Hannah ha un’elevatissima concezione, che si rifà a quella della antica polis. Il dialogo, la partecipazione alla vita pubblica sono per lei un modo di combattere ed evitare il conformismo dei regimi totalitari, che riduce a massa indistinta e gregaria l’individuo. Mentre la responsabilità, l’iniziativa, l’impegno per il bene comune, la creatività, il senso della pluralità, dell’uguaglianza e dell’inclusione sono prerogativa degli uomini liberi, l’ottusa e cieca obbedienza, la mancanza di slanci autonomi, la non volontà di vedere e capire sono caratteristiche degli «uomini gregge» (per riprendere la definizione di Steinbeck). Tutti temi che verranno poi sviluppati nel libro Le origini del totalitarismo.
LA VITA
Nata nel 1906 a Hannover, di famiglia ebraica, Hannah perde il padre a sette anni e va a vivere a Berlino con la famiglia, progressista e secolarizzata. All’università di Marburgo ha come professore di filosofia Martin Heidegger, con il quale intreccia una segreta relazione. Lunghe sono le riflessioni che insieme fanno sulla genesi del “male”, che influenzeranno il pensiero della Arendt. Ma non è una storia facile. L’autore di Essere e tempo le scrive a un certo punto: «Ti ho dimenticata – non per indifferenza, non a causa di circostanze esteriori, ma perché sono costretto a dimenticarti e ti dimenticherò ogni qual volta dovrò lavorare con assoluta concentrazione». Le sue posizioni si fanno vicine al nazismo nascente e Hannah si distacca da lui. Gli scriverà: «Ti amo come il primo giorno la solitudine è volontaria ed è l’unica possibilità di vita che mi sia concessa». Dopodiché si sposta ad Heidelberg e si laurea nel 1929 con Karl Jaspers, per sposare quindi Günther Anders. Nel ’33 Hitler prende il potere. Ad Hannah è proibito ottenere l’abilitazione universitaria. Suo marito fugge a Parigi, lei viene arrestata dalla Gestapo. Una volta rilasciata, arriva a Parigi, dove aiuta gli ebrei in fuga. Le viene tolta la cittadinanza tedesca ed è nuovamente arrestata quando la Francia è invasa. Nel frattempo ha divorziato da Anders; nel ’40 sposa il poeta Heinrich Blücher, con il quale scappa in America.
Abita a New York, collabora con il periodico Aufbau, è attiva nella comunità ebreo-tedesca, in seguito diventa amica della scrittrice Mary McCarthy. Nel ’46 rientra in Germania, dove testimonia a favore di Heidegger, accusato di aver favorito il nazismo. Di lì a poco, prende la cittadinanza americana. Tra il ’60 e il ’62 segue a Gerusalemme il processo al criminale nazista Eichmann. Il risultato è il celebre La banalità del male. Che il male possa essere, appunto, “banale”, che chi lo compie non sia sempre e necessariamente un “mostro”, è un argomento tanto efficace quanto sconvolgente.
INGRANAGGIO
Di Eichmann la Arendt dice: «Non era stupido, ma semplicemente senza idee», e questo lo predisponeva a divenire un perfetto ingranaggio della macchina nazista del genocidio, programmata per privare l’individuo delle sue responsabilità. L’inconsapevolezza volontaria, l’atomizzazione sociale, il condizionamento dell’ambiente sono strumenti di cui si servono i totalitarismi per imporre i loro diktat. E, benché di solito il male sia identificato con la distruzione, questa può essere una lettura semplicistica: per combatterlo, occorre di continuo approfondirne la natura. Perché eterna è la sua lotta con il bene e non scontato l’esito.
La grande filosofa muore quindi a New York nel 75 per un attacco di cuore. Rileggendola, viene in mente una frase di Tocqueville, secondo cui «da quando il passato non proietta più la sua luce sul futuro, la mente dell’uomo è costretta a vagare nelle tenebre».