La Stampa, 5 dicembre 2024
Fitto perde la direzione generale per le Riforme. Dominio franco-tedesco tra gli alti funzionari Ue
«Raffaele!». Quando Ursula von der Leyen ha fatto il giro del tavolo per salutare uno a uno i suoi nuovi commissari alla prima riunione ufficiale, si è avvicinata a Fitto per un doppio bacio sulle guance. Poi il neovicepresidente, abito scuro e la consueta cravatta azzurrina, si è seduto al suo posto tra l’Alto Rappresentante Kaja Kallas e l’inossidabile Valdis Dombrovskis, con il quale dovrà condividere il dossier del Recovery Fund. Con un’importante novità che è stata certificata alla riunione di ieri mattina, durante la quale la presidente ha dettagliato la distribuzione delle responsabilità: l’ex ministro del governo Meloni conserverà le deleghe alle politiche di Coesione e alle Riforme, ma – a differenza della portoghese Elsa Ferreira che lo ha preceduto in quel ruolo –, perderà la guida della direzione generale per le Riforme, destinata a diventare sempre più cruciale in vista della possibile riforma del bilancio che punta a legare la distribuzione dei fondi Ue all’effettiva realizzazione delle riforme da parte dei singoli Stati. La struttura per la quale lavoravano circa 200 funzionari (e che fino a marzo aveva come direttore generale un italiano: l’ex presidente della Consob, Mario Nava) verrà infatti affiancata alla task force Recovery e inglobata nel segretario generale della Commissione. Dunque, finirà sotto il diretto controllo di von der Leyen.
Nella contesa con il Parlamento europeo, la presidente della Commissione aveva difeso a spada tratta la nomina di Fitto a vicepresidente esecutivo, ma ora che l’esecutivo si è ufficialmente insediato, iniziano a emergere con chiarezza gli equilibri interni a Palazzo Berlaymont. Anche quelli tra i sei vicepresidenti. Von der Leyen ha messo nero su bianco l’ordine gerarchico, che servirà per esempio a stabilire chi avrà il compito di presiedere le sedute in caso di assenza della tedesca: la prima in grado è la spagnola Teresa Ribera, seguita nell’ordine dalla finlandese Henne Virkkunen, dal francese Stéphane Séjourné, dall’estone Kaja Kallas e dalla romena Roxana Minzatu, mentre Fitto risulta essere l’ultimo della lista.
Un altro importante metro per misurare l’influenza di un Paese all’interno del collegio dei commissari è quello della presenza di connazionali nei gabinetti e in particolare di quelli che hanno il grado di capo di gabinetto o di vice. Sono infatti loro a preparare le riunioni settimanali del collegio e a negoziare sui testi dei singoli provvedimenti: avere più funzionari del proprio Paese al tavolo aiuta indubbiamente a esercitare la propria influenza. Così come è fondamentale avere dei connazionali all’interno di quei gabinetti che lavorano ai provvedimenti più importanti. Ma i risultati dicono che per l’Italia non è andata benissimo, specialmente se si fa il confronto con la Germania e la Francia che confermano il loro dominio nei posti-chiave.
Durante tutta l’estate, è andata in scena un’intensa trattativa tra le diplomazie dei 27 e la Commissione per “piazzare” i propri uomini e le proprie donne migliori. Ogni Paese aveva una lista di funzionari da sponsorizzare, ma a quanto risulta per l’Italia gli elenchi erano almeno tre. Diverse fonti al corrente dei negoziati confermano che, accanto alla lista ufficiale della rappresentanza, ce n’era anche una di Palazzo Chigi gestita dal sottosegretario Giovanbattista Fazzolari e pure una con i funzionari “storici” più vicini al Pd. Il risultato è il minimo sindacale: ci sarà un solo capo di gabinetto italiano su ventisette. Si tratta di Vincenzo Matano, apprezzato funzionario di lungo corso al Parlamento europeo, che guiderà il team di Raffaele Fitto, con il quale aveva già lavorato proprio all’Eurocamera nel gruppo dei Conservatori.
Dopodiché l’Italia è riuscita a piazzare solo due vicecapi di gabinetto da due commissari che tra l’altro ricadono già sotto la supervisione di Fitto: Pierpaolo Settembri lavorerà con il greco Apostolos Tzitzikostas (Trasporti) e Francesca Arena con il cipriota Costas Kadis (Pesca e Oceani). In totale sono circa una decina gli italiani sparsi negli uffici dei commissari, ma a oggi non ce n’è neanche uno nella squadra della vicepresidente Ribera (che oltre alla Transizione Ecologica si occuperà dei dossier cruciali della Concorrenza) e nemmeno in quello del francese Séjourné (responsabile della Competitività). Evidentemente i rapporti non ottimali con Madrid e Parigi non hanno aiutato.
Di tutt’altro tenore i risultati ottenuti dai tedeschi e dai francesi. La Germania ha ben quattro capi di gabinetto (che guideranno i team di von der Leyen, Dombrovskis, Sefcovic e Zaharieva) e cinque vice, mentre la Francia – nonostante un governo traballante – ha un solo capo di gabinetto, ma ben sette vice (tra cui quelli della presidente von der Leyen e dell’Alto Rappresentante Kallas). —