il Fatto Quotidiano, 5 dicembre 2024
Tutto Volonté
Domani sono trent’anni dalla morte di Gian Maria Volonté. Pubblichiamo un estratto del libro di Alessandro Ferrucci Non sai cos’è successo, edito da PaperFirst, con alcuni dei protagonisti che parlano dell’attore.
Elvira Loy (moglie di Nanni Loy)
Una sera lo invitiamo a casa, nella cena era incluso Pino Caruso, persona deliziosa, un socialista dell’area Nenni, molto lontano da Craxi e dal craxismo. A metà cena Gian Maria scopre il suo “socialismo”, non lo accetta, era intransigente, quindi se ne va. Alle tre di notte vibra il citofono, era sempre Volonté: “Non mi piacciono le discussioni interrotte”. Sale. E sono ripartiti a parlare di politica.
Roberto Andò (regista)
Sono stato suo amico; persona meravigliosa, l’ho conosciuto sul set di Cristo si è fermato a Eboli; aveva un metodo suo di immersione nella materia. In quel film non impersonificava Carlo Levi, era Carlo Levi. E quando Linuccia Saba vide il film rimase senza fiato: “È lui”. Non staccava mai. Neanche il sabato o la domenica: magari andavamo a cena fuori, ma davanti avevo sempre Levi.
Sergio Castellitto (attore e regista)
La prima scena di Tre colonne in cronaca era una riunione di redazione. Lui arriva, si siede. Io mi affaccio per presentarmi, quindi lo vedo, lo fisso e gli sorrido. Lui immobile. Poi all’improvviso esordisce: “Che cazzo ti guardi?”.
Marco Bellocchio (regista)
Non l’ho frequentato tanto, era particolarmente scostante, circondato dai suoi amici più stretti; era uno che rifiutava gli autografi, ma allo stesso tempo era un riferimento politico nonostante la più classica delle contraddizioni: avere una barca eppure guardare al popolo.
Marina Cicogna (produttrice cinematografica)
Gian Maria ha avuto un’infanzia difficile, un fratello morto in prigione, lui stesso passava periodi in cui era abbastanza sereno e altri in cui diventava violento. Ma in lui sentivo la tenerezza. Siamo sempre stati amici. Nonostante mi abbia mollata in Metti, una sera a cena. Dopo mi ha chiamata tutti i giorni per accertarsi se avessi risolto il problema; normalmente, quando arrivavano i produttori sul set, magari Cristaldi o De Laurentiis, si chiudeva in camerino e dava indicazioni perentorie: “Avvertitemi quando sono andati via”. Mentre con me il rapporto era intenso, umano, e non è mai stato influenzato dal mio essere donna proveniente da una famiglia aristocratica. Lui poteva cadere su qualsiasi cazzata, ma cercava la sua voglia di vivere in differenti forme, non solo sul set. E si manifestava con straordinari momenti di follia.
Vittorio Cecchi Gori (produttore cinematografico)
Girare Brancaleone è stata un’avventura. Cinema nel cinema. Serate di confronti, anche aspri: una sera Vittorio Gassman ha dato un paio di ceffoni a Volonté; Gian Maria a volte era veramente pesante, difficile vederlo rilassato.
Lino Capolicchio (attore)
Una sera ci incontriamo, e si lamenta: “Ho appena finito di girare una stronzata in Spagna, un set lunghissimo, non finiva mai per assenza di fondi. Non voglio più cascare in queste situazioni terrificanti”. Il film era Per un pugno di dollari.
Paola Pitagora (attrice)
Una volta, a una manifestazione sindacale, arrivò con un cartello sul quale era scritto “Abbasso lo zoom”. Mai saputo cosa volesse dire. Però quando parlava pendevamo dalle sue labbra, un carisma imparagonabile, lo chiamavamo “Lotto continuo”, protestava pure perché lo pagavano troppo.
Claudio Bonivento (produttore e regista)
Un genio. Uno preparato, e lo dico al di là della bravura. Ho prodotto uno dei suoi ultimi lavori (Una storia semplice), ma allora non era idolatrato dal cinema, non era così cercato e voluto. Eppure quell’anno vinse il Leone alla carriera. Lui felice, ma senza esagerare. E mi fece spaventare: vado a prenderlo all’aeroporto di Venezia, l’aereo atterra, scendono i passeggeri. Uno, due, dieci, venti, cento… Non c’è. Chiudono le porte. Disperato urlo ai miei collaboratori: “No, non può averlo fatto!”. Poco dopo si riapre la porta, e appare tranquillo e sorridente: “Ti sei cagato sotto, eh…”.
Amedeo Pagani (produttore)
Ero presente quando è morto Volonté sul set de Lo sguardo di Ulisse. Era il protagonista. Un disastro totale, una perdita assoluta. Gli abbiamo organizzato un funerale meraviglioso, con una cappella completamente foderata di rosso, lui con il volto sorridente, e Mozart nell’aria…
Ricordo la prova costume per il film: lo raggiungiamo a casa sua, valuta gli abiti scelti, non gli piacciono. “Aspettate”. Va in soffitta e scende con degli involucri misteriosi. Li apre. Ed estrae dei vestiti di scena utilizzati da Eduardo De Filippo. Aveva vinto.