la Repubblica, 5 dicembre 2024
Verso nuovi divieti ai giornalisti e sul bavaglio Meloni vede Nordio
ROMA – Vietato informare. Aumentano i paletti e le sanzioni per i cronisti, e si fa più esteso il bavaglio già messo a punto dal ministro Nordio sull’impossibilità di pubblicare il testuale delle ordinanze di custodia cautelare.
Il nuovo stop per i giornalisti, che entrerà nella versione aggiornata del decreto legislativo di lunedì prossimo, in consiglio dei ministri, riguarderà infatti anche le altre misure cautelari personali, come i sequestri e le interdittive. Sarà però un incontro tra il guardasigilli e la premier a definire, nelle prossime ore, i dettagli dell’ultimo divieto destinato ai cronisti.
La maggioranza ha lasciato nero su bianco, tra pareri e indicazioni delle due commissioni Giustizia di Camera e Senato, anche l’invito a usare la clava: si ipotizzano pesanti sanzioni a carico dei giornalisti, perfino multe da mezzo milione per gli editori. Un “prezzo” che tuttavia, col passare delle ore, sarebbe stato ritenuto poco digeribile all’esterno persino dai “falchi” meloniani, oltre che dallo stesso sottosegretario Delmastro, che insieme al viceministro Francesco Paolo Sisto, e agli uffici legislativi, ha avuto sul tema una lunga riunione con Nordio. Non si può escludere, tuttavia, che le multe uscite dalla porta rientrino dalla finestra del disegno di legge sulla diffamazione fermo al Senato.
Bavaglio, fase due. Parallelamente all’offensiva su autonomia e indipendenza dei magistrati, e al nuovo divieto di parola immaginato per le toghe, provvedimento che era stato prima annunciato («Non potranno giudicare nello stesso ambito su cui hanno espresso un parere») e poi fatto sparire dalla bozza del decreto Sicurezza, ora torna nel mirino la pubblicazione degli atti giudiziari.
Il governo interviene a modificare l’articolo 114 del codice di procedura penale: posizione già assunta in Parlamento, quando il Senato approvò l’articolo 4 della legge di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva europea. Così, il decreto legislativo aveva visto la luce lo scorso settembre, in consiglio dei ministri. Originato da un emendamento del deputato Fi Enrico Costa, ribattezzato “legge bavaglio” con l’intervento della Federazione nazionale della stampa, impediva già che l’intera ordinanza della custodia cautelare potesse solo essereriassunta, ma mai citata testualmente. In sintesi: valutazioni ed esame del giudice diventano segreti. Si possono solo riassumere. Unica citazione tra virgolette: il capo d’imputazione, nel tentativo estremo di potenziare le garanzie, anche a danno della completezza e fondatezza dell’informazione. E ora, al divieto, si aggiungono anche tutti gli altri atti. I lucchetti posti dalla maggioranza si apriranno, secondo il legislatore, finché non saranno chiuse le indagini preliminari, o fino al termine dell’udienza dinanzi al gup.
Una visione totalmente ribaltata rispetto alla riforma del 2017, firmata dall’allora guardasigilli Andrea Orlando. Che aveva aperto alla trasparente e corretta pubblicazione degli atti depositati.
Protesta di tutti gli esponenti 5S nelle commissioni Giu stizia: «Siamo di fronte ad un nuovo tentativo di comprimere ulteriormente la libertà di stampa e colpire il diritto dei cittadini ad essere informati. Per il governo Meloni, l’Italia è una Repubblica fondata sul bavaglio».