la Repubblica, 4 dicembre 2024
Ucraina, il compromesso e al sicurezza europea
Prendiamo sul serio le parole di Dmytro Kuleba, ex ministro degli esteri ucraino, alFinancial Times di qualche giorno fa. Il negoziato voluto da Donald Trump ci sarà perché né Putin né Zelensky vorranno essere considerati responsabili di un no preventivo alla Casa Bianca. Ma l’esito è a dir poco incerto.Esistono – guardando alla storia e agli equilibri sul terreno – tre scenari possibili sulla carta. Il primo è che Kiev accetti una perdita territoriale del 20% circa, in teoria temporanea e non riconosciuta, in cambio di un ombrello Nato sull’Ucraina che resterà indipendente da Mosca. Per la prima volta Zelensky, in crescente difficoltà, ha ventilato questa opzione. Sarebbe un esito che ricorda la traiettoria della Germania divisa: solo la Repubblica federale, naturalmente, entrò nella Nato nel 1955. Cosa che certo non impedì, più di 30 anni dopo, la riunificazione (dentro l’Alleanza atlantica). Nel caso dell’Ucraina, il problema è che se la Nato fosse sul tavolo, Putin non si siederebbe. Almeno: questo è quello che pensa Donald Trump.Il secondo scenario è molto più grigio per Kiev: un esito simile alla conclusione della guerra fra Finlandia e Unione Sovietica del 1940. E quindi: perdita territoriale importante per Kiev e semi-neutralità di fatto dell’Ucraina. È un esito che piacerebbe a Mosca. Il guaio è che Putin lo userebbe per riorganizzarsi e colpire di nuovo fra qualche anno. Almeno: questo è quanto pensano gli ucraini e buona parte degli europei, specie i più esposti sul fronte orientale.Il terzo – un armistizio di tipo coreano, oggi messo alla prova – è una via di mezzo. È dal 1953 che truppe americane garantiscono la sicurezza della Corea del Sud. Paese che, ancorato economicamente a quelli avanzati, ha avuto poi uno sviluppo importante, per quanto assai incerto e oscillante sul piano democratico. L’Ucraina, con le sue risorse, potrà a sua volta decollare. Ammesso che esistano le condizioni interne per farlo (lotta alla corruzione e agli oligarchi), il monitoraggio del lungo fronte divisorio in Ucraina, le garanzie di sicurezza per permettere gli investimenti esteri e un qualche progressivo ancoraggio all’Unione europea. I pessimisti o forse semplicemente i realisti – Kuleba incluso – dicono che nessuno di questi scenari è destinato a realizzarsi in tempi brevi. Per la ragione molto semplice che Putin vorrà continuarela guerra, visto che si sente in vantaggio. Per quanto riuscirà a farlo? È vero che Mosca ha “tenuto” più di quanto si prevedesse nel 2022, grazie alcordon sanitaire offerto da Cina, Iran e dall’arco dei paesi che non si sono schierati, depotenziando così le sanzioni. Ma l’andamento della guerra in Ucraina ha anche dimostrato tutte le difficoltà di Mosca, che deve ricorrere a soldati nord-coreani, ha subito un numero impressionante di perdite militari ed ha il rublo in caduta libera. È insomma difficile pensare che Putin possa sostenere ancora a lungo i costi della guerra o tantomeno allargarla verso i Baltici. Se la percezione è questa – la Russia sta bluffando, quando minaccia una escalation – la conclusione è che un cessate il fuoco possa anche reggere. Il punto assolutamente dirimente è quali saranno le garanzie di sicurezza per l’Ucraina.Cerchiamo di capire cosa pensi Trump, lasciando perdere le sparate elettorali (“metterò fine alla guerra in 24 ore”) o l’ammirazione per gli autocrati rivali. Da quanto si capisce, Trump ritiene nell’ordine: che Kiev non possa vincere la guerra sul piano militare, che l’America abbia interesse a separare Mosca da Pechino, che parlare di Nato impedisca una trattativa con Putin e che i costi dell’Ucraina debbano ricadere sull’Ue. Non è scritto molto di più in un paper di Keith Kellogg (che Trump ha nominato suo rappresentante speciale per l’Ucraina) per l’America First Policy Institute – think-tank cui si deve ormai guardare, insieme alla Heritage Foundation. Kellogg sostiene che Washington non intende svendere l’Ucraina alla Russia ma proporrà di congelare la questione Nato e di instaurare garanzie militari bilaterali.Quali? E da parte di chi? Su questo punto decisivo, Kellogg è del tutto evasivo. Se si esclude un ombrello della Nato, e se l’America vuole ridurre i suoi impegni internazionali, Trump solleciterà noi europei. Cosa siamo realmente pronti a fare?La condizione preliminare è che gli europei non si dividano – fra di loro e rispetto alla Casa Bianca. E poi discutano con Washington e Kiev garanzie militari credibili, che consentano anche la ricostruzione economica. Non è solo un risarcimento che dobbiamo alla resistenza e alla sofferenza del popolo ucraino; è anche un’assicurazione necessaria sul futuro della sicurezza europea